Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/09/2020, a pag. 12, con il titolo 'Trump recupera su Biden. Gli ispanici decisivi nella sfida presidenziale' l'intervista di Alberto Flores D'Arcais.
Alberto Flores D'Arcais
Antonio Villaraigosa
«Se si votasse oggi, Biden vincerebbe. Però credo che la violenza, fomentare le divisioni razziali, trovare scuse per scontri e saccheggi, possano aiutare Trump. Temo che Joe vinca largamente il voto popolare ma perda nel collegio elettorale. E che Trump, se sconfitto, non accetti il risultato delle urne». Antonio Villaraigosa non è un democratico qualsiasi. Per otto anni sindaco di Los Angeles, primo “latino” nella storia («sono nipote di immigrati messicani, cresciuto tra le gang di strada, ho lasciato la scuola, poi, grazie a un insegnante ebreo, l’ho ripresa e mi sono laureato») conosce a fondo Joe Biden. Conosce anche meglio le dinamiche della politica americana, l’umore dell’elettorato ispanico e ha una ricetta per vincere le elezioni, come racconta in questa intervista esclusiva a Repubblica : essere “radicali di centro”.
Cosa prevede nell’Election Night? «Che ai primi risultati si parli di “Red Wave”, di ondata repubblicana. Che nelle ore o nei giorni successivi i voti reali e quelli per posta diano la vittoria ai democratici e che il presidente gridi ai brogli. Con conseguenze impossibili da prevedere».
I sondaggi sono attendibili? «Con cautela. Dalla Convention repubblicana il nostro vantaggio è iniziato a diminuire. Il dato nazionale conta poco, contano quei sei-sette Stati in bilico che decideranno il risultato finale. Se perdiamo qui abbiamo perso, anche se Biden avesse 4 milioni di voti in più. I repubblicani stanno mettendo in discussione ogni voto, a iniziare da quelli per posta, faranno ogni cosa per “rubare” le elezioni. Ma quello che mi preoccupa di più è il clima di violenza».
Che cosa si aspetta dall’elettorato “latino”? «Oggi Biden ha circa il 58/60 per cento di quei voti. Non basta, dovrebbe arrivare almeno al 65 per cento. Si dà troppo per scontato che la nostra comunità sia progressista. Non è così: i cubani della Florida sono socialmente conservatori, i latinos seguono le indicazioni della chiesa evangeliche, più di quella cattolica. L’aborto è un tema delicato»
Trump recupera, che cosa deve fare Biden? «Molto di più che presentarsi come un “brav’uomo”. Lo conosco bene, è un grande essere umano. Lo dice la sua storia personale, le sue battaglie, i drammi familiari che ha superato. Deve far capire tre cose. Primo: che con lui i benefici economici saranno per tutti gli americani, non solo per i ricchi. Secondo: che un leader è come un pastore: deve tenere il gregge insieme, non escludere una parte, non emarginare le pecore nere. Deve unificare, perché oggi siamo troppo divisi. Terzo: deve fare quella che io chiamo una politica da “radicale di centro”.
Un esempio? «Prendiamo l’assicurazione sanitaria. È facile dire “per tutti e subito”. Negli Usa oggi non è possibile, non c’è l’appoggio sufficiente, allora ripartiamo da quanto fatto da Obama. Stessa cosa per l’ambiente: benissimo il New Green Deal, ma facciamolo per bene, investendo in nuovi posti di lavoro per chi li perde nell’industria».
Come è cambiata l’America con l’uccisione di George Floyd? «Le dico prima una cosa. Non sono un intellettuale, ma sono laureato in storia. Viviamo in un grande Paese, ho sempre apprezzato i Padri Fondatori e la loro radicale intuizione, ripresa dalla Rivoluzione Francese, che tutti gli uomini sono uguali. Radicale per quei tempi, ma conservatrice, perché riguardava solo i bianchi e solo gli uomini: niente donne, niente neri, niente nativi. Radicale come idea, in concreto molto ristretta. Da allora l’America ha cercato di far diventare realtà quelle parole. Il movimento anti-schiavista, le suffragette, le marce per i diritti civili, hanno reso l’America un posto migliore. Quelle parole non saranno però mai vere se non faremo i conti con la questione razziale. Ora, grazie al movimento Black Lives Matter, viviamo in un’America migliore. Moltissimi bianchi sono coinvolti e lo sostengono. In prima fila i giovani, che sono meno razzisti, meno sessisti e meno omofobi. Benissimo le proteste, male violenze e saccheggi».
Tagliare i fondi alla polizia è un errore? «Noi siamo i nuovi irlandesi. Oggi quasi metà dei poliziotti di Los Angeles sono latinos. Occorre riformare la polizia, far rispettare i diritti umani, integrarla nella comunità. Io l’ho fatto e ha funzionato. Politici, preti e poliziotti devono essere responsabili: se sbagliano, pagano. Dobbiamo addestrarli di più, frenare la militarizzazione. Tagliare i fondi no, sarebbe un gravissimo errore. Lo vediamo a Portland o a Seattle, città fuori controllo».
La “sorpresa di ottobre” può essere il vaccino?“ «Il presidente è il politico al mondo, insieme a Bolsonaro, ad aver gestito peggio la pandemia, con risultati che abbiamo sotto gli occhi: quasi 200mila morti. Anche con il vaccino sarebbe facile farlo capire agli elettori».
Se Kamala Harris sarà vice-presidente lei diventerà senatore al suo posto? «Lo decide il governatore della California. Sarò onesto, se mi scegliesse sarei onorato e contento».
A quando un presidente latino? «È solo questione di anni».
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