Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/09/2020, a pag.11 con il titolo "In Svezia si spara più che negli Stati Uniti", il commento di Andrea Morigi.
Ecco l'articolo:
Andrea Morigi
Le violenze islamiste a Malmoe
«Metti giù quel bastone o te lo infilo dietro», intimano i teppisti mentre circondano i poliziotti nel quartiere di Hammarkullen a Göteborg. L'episodio è solo uno dei tanti di una serie di avvenimenti quotidiani, con la differenza che stavolta è stato ripreso e mandato in onda su Tv4. Benché i fatti risalgano all'aprile del 2019, è impossibile far finta di nulla, perché ormai è evidente a tutti che la situazione è tuttora fuori controllo, anzi è peggiorata, come spiega la portavoce della polizia Katharina von Sydow, elencando le recenti aggressioni subite personalmente dagli agenti e dalle loro famiglie, bambini compresi. E bastato che gli uomini in divisa chiedessero i documenti a un ragazzo per essere minacciati da una banda di violenti.
CITTÀ A FERRO E FUOCO Duecento sparatorie e ventiquattro morti nei primi sei mesi del 2020, dimostrano che il territorio lo controllano loro, o meglio la famiglia Ali Khan, di origini libanesi. Del resto è già dal 2017 che le autorità locali si rivolgono regolarmente al capo del clan e della moschea locale, Hashem, per risolvere le faide fra gang rivali nei quartieri multietnici delle città svedesi, come a Malmö. Ogni riferimento al litorale romano e ai Casamonica è inopportuno. Non s'è mai visto e nemmeno immaginato che la questura di Roma autorizzasse una trattativa fra gruppi mafiosi. In Svezia, invece, si sono rassegnati a concedere il privilegio di amministrare la giustizia a gente che la disprezza. O meglio, la subordina alle regole della Sharia. E cosi che, dopo numerosi conflitti a fuoco, alla fine di agosto, all'hotel della Posta di Göteborg hanno siglato la pace con i rivali dalla gang di Backa e si sono spartiti i traffici. Non è servito a riportare la calma. Anzi, la sera del 28 agosto trecento membri delle bande islamiche hanno fatto quadrato per mettere a ferro e fuoco Malmö, al grido di Allah Akhbar, per protestare contro un gruppo di estrema destra che aveva preso a calci una copia del Corano. Bilancio: 20 roghi, diversi poliziotti feriti e una quindicina di arresti fra i dimostranti. Sei ore dopo, comunque, erano tutti a piede libero, come prescrive la le e svedese.
STOCCOLMA GOMORRA Gli scontri non risparmiano nemmeno la capitale Stoccolma, dove il 2 agosto una ragazzina di dodici anni è stata uccisa da un proiettile vagante mentre portava a spasso il suo cane nel quartiere di Norsborg e la notte fra giovedì e venerdì, durante un confronto armato fra gruppi criminali, è stato assassinato il direttore del ristorante McDonald's nella zona di Arsta. Nello scenario, che sembrerebbe richiamare da vicino la serie tv Gomorra, tuttavia l'omogeneità del dialetto napoletano è sostituita da idiomi che di scandinavo non hanno nulla: somalo, bosniaco, armeno, arabo, turco, ma anche dialetti ispanici e dell'Estremo Oriente. Il conflitto, secondo un dossier redatto nel giugno scorso dal sito web di Expressen, coinvolge 20 diverse reti genericamente inquadrabili come mafiose, i cui appartenenti sono per 1'82% figli di entrambi i genitori stranieri e la cui fedina penale riporta una serie di reati tipici quali lo spaccio di droga, il porto abusivo di armi, i maltrattamenti, il furto, la rapina, le minacce, ma anche l'omicidio.
IMMIGRAZIONE TABÙ Peccato che rimanga ancora radicato nella mentalità il tabù che impedisce di riconoscere pubblicamente il legame di causa-effetto fra l'immigrazione e la criminalità, denuncia il ricercatore universitario Johan Lundberg. Con un'ulteriore conseguenza: la mancanza di una politica estera e l'incapacità di gestire una politica di integrazione che favorisca delle comunità provenienti dall'estero. E una prospettiva: mentre ci si batte il petto autoaccusandosi di razzismo, la Svezia si trasforma in una società sempre più tribale, per di più a spese dei contribuenti, fra i quali scarseggiano i rifugiati e richiedenti asilo, il cui reddito dipende dalla pubblica assistenza. Così, con il denaro ricavato dal pagamento delle imposte e destinato alle attività extrascolastiche, negli ultimi anni è stata finanziata una società di atletica leggera, la Andalus IF, che a sua volta li girava sul conto bancario dell'associazione islamica Sveriges Förenade Muslimers, quando ne era portavoce Wasim el-Jomaa Quest'ultimo, insieme alla moglie Eva Freih, era già accusato di falso in bilancio per aver dirottato i contributi versati a una scuola dell'infanzia di Göteborg. L'istituto, attualmente, resta chiuso per via dei suoi «legami con l'estremismo violento», come eufemisticamente spiegava il municipio locale, senza il coraggio di chiamare in causa il jihadismo. Troppo tardi, perché ormai il fondamentalismo islamico ha preso piede da decenni. Tant'è che un quarantenne yemenita residente in Svezia sarà ascoltato come testimone a un processo civile per le stragi dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti: è sospettato di aver fornito aiuto logistico a due terroristi del commando di Al Qaeda che si lanciarono in aereo contro il Pentagono. E chi poteva accoglierlo a braccia aperte, se non il governo socialdemocratico di Stoccolma, nel 2011? Gli hanno negato la cittadinanza, ma dal 2016 può rimanere tranquillo con un permesso di soggiorno permanente.
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