Il giorno dell'impossibile è arrivato. Un aereo blu e bianco, i colori d’Israele, un aereo della compagnia El Al, che sorvola l'Arabia Saudita verso uno storico atterraggio ad Abu Dhabi. Sfidando un tabù che si riteneva insuperabile e che risale a più di mezzo secolo fa, gli Emirati Arabi Uniti stanno facendo la pace con lo Stato ebraico, puntando su una proficua collaborazione per il maggior benessere possibile dei due popoli, senza che alcun contenzioso li separi. Gli Emirati non hanno mai combattuto contro Israele e nelle loro scuole non viene insegnato l'odio verso gli ebrei. Eppure in Francia i media hanno il muso lungo. Per loro, questa pace sarebbe, per così dire, illegittima, perché andrebbe a scapito della causa palestinese. I palestinesi ancora una volta presentati come delle vittime, come quelle centinaia, quelle migliaia di “martiri” il cui ritratto circondato di un’aureola di gloria è esposto sugli edifici pubblici, alcuni hanno addirittura strade, scuole e ospedali intitolati a loro nome. Hanno dato la vita per la patria, ognuno a suo modo: uccidendo una vecchia coppia che avevano incontrato lungo la strada, tagliando la gola ad un neonato nella sua culla, ad una ragazza sorridente mentre scendeva verso una sorgente o ad un venerabile rabbino che stava tornando a casa. Dei civili. Questi eroi, esposti come esempio alle giovani generazioni, sono saliti al paradiso di Allah con l’anima in pace, convinti di aver assicurato il futuro delle loro famiglie, alle quali sarebbe stata pagata una rendita vitalizia. Stranamente, la stampa occidentale non si sofferma sulle loro grandi imprese e così anche l'ultima è passata sotto silenzio. Si trattava del rabbino Shai Ohayon, padre di quattro figli, che è stato brutalmente accoltellato mercoledì scorso a Petah Tikvah. È vero che l'assassino non è morto; colto praticamente in flagrante con il coltello insanguinato, si trovava in Israele nel modo più legittimo, perché aveva un permesso di lavoro che gli permetteva di provvedere a sua moglie ed ai suoi sei figli. Non potendo trovare qualcosa di positivo da dire su di lui, la grande stampa non ne ha parlato. Così come evita di evocare il livello di corruzione estremamente alto dell'Autorità Palestinese e dei suoi leader. È molto più facile parlare di occupazione e apartheid e gonfiare gli errori israeliani. Ce ne sono, ovviamente, ma vengono condannati. Un altro argomento che non interessa a nessuno, sono gli slogan del movimento BDS, come “dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”. Essendo il fiume il Giordano e il mare il Mediterraneo, non si potrebbe invocare in modo più eclatante la distruzione di Israele. Ovviamente, da questo punto di vista , l'accordo di pace è fuori luogo. Ecco il perché degli articoli pesantemente critici che sottolineano che questo è solo un caso isolato e che nessun altro Paese arabo oserà a sua volta rompere il consenso sulla sacrosanta causa palestinese. Probabilmente non valutano l’eccezionale impatto sull'intero mondo arabo dell'immagine di questo grande uccello di pace con i colori dello Stato ebraico, che vola nel cielo dell'Arabia Saudita, per poi atterrare sulla pista dell’Aeroporto internazionale di Abu Dhabi.
Michelle Mazelscrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".