Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/08/2020, a pag. 19, con il titolo "Suha Arafat: 'Questo accordo Israele-Emirati non è contro di noi' ", l'intervista di Sharon Nizza a Suha Arafat.
Sharon Nizza
Suha Arafat
Al telefono da Malta, dove abita dal 2011, Suha Arafat è un fiume in piena. Erano anni che la vedova di Yasser Arafat non interveniva pubblicamente. «Non sono una politica, anche se ora, dopo questa intervista, mi aspetto l’esercito elettronico contro di me». Già a suo tempo molti palestinesi non le perdonarono la scelta, allo scoppio della Seconda Intifada, di trasferirsi a Parigi con la figlia Zahwa avuta dal Rais nel 1995. Ora al centro della polemica un suo post pubblicato su Instagram nel weekend, in cui Mrs. Arafat, in una posizione inaspettata e decisamente controcorrente, si scusa con gli Emirati «a nome dell’onorevole popolo palestinese, per la profanazione e l’incendio della loro bandiera» durante le contestazioni avvenute nelle città palestinesi per l’accordo di pace tra Gerusalemme e Abu Dhabi, annunciato il 13 agosto. Per la leadership palestinese si è trattato di un tradimento.
Benjamin Netanyahu, Mohammed Bin Zayed
Cosa l’ha spinta a intervenire? «Trecentomila palestinesi vivono negli Emirati e letteralmente sfamano milioni di palestinesi nel mondo. Molti sono stati accolti dallo Sceicco Mohammed Bin Zayed su richiesta di mio marito, dopo essere stati cacciati dal Kuwait a causa del grande errore che fecero i leader palestinesi schierandosi con Saddam. Non sa quanti palestinesi degli Emirati mi hanno chiamato per ringraziarmi. Mi hanno detto che ho evitato una guerra civile».
Che fine ha fatto l’account Instagram? «Va chiesto a Ramallah! Me l’hanno hackerato, con tutte le mie belle foto con Hillary, Mandela, a Natale, in Italia… Ho ricevuto commenti orribili, minacce di morte, mi hanno scritto che se non possono bruciare la bandiera degli Emirati, allora bruceranno me. Sono stata attaccata come donna, come cristiana mi hanno detto che mi crocifiggeranno. E poi hanno messo in mezzo quest’accusa che sono vicina a Dahlan (il rivale di Abu Mazen in esilio negli Emirati, ndr). Ma se l’ho visto l’ultima volta forse 20 anni fa! E comunque Dahlan non è gli Emirati e gli Emirati non sono Dahlan».
Cioè? «Cioè gli Emirati, come tutti gli Stati, sono liberi di fare le loro politiche. La geopolitica sta cambiando, ci sono nuovi attori nell’area, l’Iran, la Turchia con i Fratelli Musulmani, Hamas che tiene in ostaggio 2 milioni di palestinesi. Non posso giudicare un Paese che sente la necessità di difendersi da minacce esterne. E poi cosa facciamo se domani l’Arabia Saudita si accoda? E se tutti i Paesi Arabi si aggregassero?».
Pensa che Oman, Bahrein, Arabia Saudita saranno i prossimi? «Tutti questi Paesi hanno relazioni con Israele. Se sono per la normalizzazione, non significa che siano contro di noi, ma solo che fanno il proprio interesse».
Cosa pensa che avrebbe fatto Arafat in questa situazione? «Yasser avrebbe detto: volete la normalizzazione? Va bene. Però aiutatemi, imponetegli i confini del ’67».
Cosa pensa del Piano Trump? «Qualsiasi soluzione che non preveda i confini del ’67 non è accettabile. Ma penso che i palestinesi dovrebbero parlare con Trump, spiegargli perché si oppongono, invece di boicottarlo: è uno che ascolta, sa cambiare idea».
Non è più tornata in Palestina? «No. Vede quello che succede se dico una parola da qui, si immagina se fossi lì? Io mi chiedo quanti dei finanziamenti internazionali alle nostre forze di sicurezza vengano usati per reprimere la libertà di espressione di persone che cercano di calmare le acque, a scopi pacifici…».
Come pensa che Abu Mazen abbia raccolto l’eredità di Arafat? «Abu Mazen mi piace molto. E’ un uomo forte, ha fermato l’Intifada. Rappresenta la stabilità del Paese. Penso sia circondato da cattivi consiglieri».
E dopo di lui chi vede? «Vivrà fino a 100 anni, non mi faccia questa domanda».
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