Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 19/08/2020, a pag. 1, con il titolo 'L'accordo tra Israele e gli Emirati sarà un'opportunità anche per i palestinesi' l'intervista di Sharon Nizza.
A destra: Benjamin Netanyahu, Mohammed Bin Zayed
Sharon Nizza
GERUSALEMME - L'annuncio di giovedì scorso sulla normalizzazione delle relazioni tra Emirati Arabi Uniti e Israele ha innescato una reazione a catena che sta ribaltando l'assetto mediorientale come lo conoscevamo finora. In quattro giorni: i rispettivi ministri degli Esteri hanno inaugurato, con una prima telefonata ufficiale, la linea di telecomunicazione diretta; Abu Dhabi ha incassato il sostegno pubblico di Bahrein, Oman, Egitto, Giordania, Mauritania; Muscat si è spinta oltre e ieri si è tenuta una telefonata tra i capi della diplomazia auspicando il "rafforzamento delle relazioni tra Israele e Oman"; il capo del Mossad è atterrato ieri ad Abu Dhabi per avviare le trattative sulla formalizzazione delle relazioni diplomatiche, mentre il premier Benjamin Netanyahu, in un'intervista a una Tv locale, dichiarava che "la priorità di Israele è la pace con i Paesi arabi e non l'annessione"; sono stati annunciati imminenti voli diretti - una tratta di 3 ore che sorvolerà lo spazio aereo saudita - e una quantità di partnership, economiche e scientifiche, tra cui la sigla degli accordi tra l'APEX emiratina e TeraGroup israeliana per lo sviluppo della ricerca scientifica sul Covid, tra la Pluristem Therapeutics di Haifa e la Abu Dhabi Stem Cells per la ricerca sulle cellule staminali e l'ingresso nel mercato emiratino dell'israeliana Bo&Bo Ltd con la sua tecnologia di tele-riabilitazione. Infine, il cantante più popolare d'Israele, Omer Adam, è stato invitato ad esibirsi nel Paese da un esponente della casa reale e l'account Facebook in arabo del ministero degli Esteri israeliano ha aggiunto migliaia di like agli oltre 2 milioni già esistenti. E' chiaro che non si tratta di opportunità nate nel corso di una notte, ma dell'emersione dalla penombra di una lunga serie di relazioni che andavano avanti in un modo o nell'altro dall'avvio del processo di Oslo negli anni '90. Come fa notare l'editorialista di Haaretz Anshel Pfeffer: "Tutto ciò è molto diverso da quanto accaduto dopo la firma degli accordi di pace con l'Egitto e la Giordania, che non sono stati seguiti da questo festival dell'amore alla luce del sole". Abdulaziz Alkhamis, giornalista saudita di Sky News in arabo, che vive tra Londra e gli Emirati, in una videochat da Abu Dhabi ci racconta il sentimento della popolazione locale: "E' una situazione davvero unica nel mondo arabo. La gente qui ha fiducia nelle scelte del governo e quindi crede che sia una decisione che porterà vantaggi per la nazione, la sicurezza, la cooperazione economica e la stabilità regionale. La motivazione di questo accordo non è solo politica, ma in buona parte dettata da interessi economici e scientifici. La nuova leadership con lo sceicco Mohammed bin Zayed (Mbz), che punta moltissimo sull'innovazione e guarda all'era post-greggio, ha capito che era necessario un cambiamento. Ha puntato sull'educazione: la Sorbona, la NYU hanno una sede qui. Qui guardano al futuro, puntano a essere una delle economie più avanzate del mondo. E Israele è vista come un modello in questo senso".
Abdulaziz Alkhamis
Com'è vissuta la reazione palestinese che ha parlato di "tradimento"? "Se vai sul mio account Twitter (270 mila follower, ndr), la maggior parte dei commenti sono positivi. Sempre più persone realizzano che sono state per decenni avverse a Israele senza una vera ragione. O meglio, la ragione erano i palestinesi, ma la gente ha cominciato a chiedersi perché loro avessero potuto avviare una cooperazione con Israele dopo il processo di Oslo e invece gli altri Stati arabi dovessero rimanere ostaggio del rifiuto. I Paesi del Golfo hanno sempre aiutato i palestinesi e sempre sosterranno il popolo palestinese. Quando eravamo bambini una volta a settimana in classe facevamo la colletta per il popolo palestinese, 1 riyal a settimana a bambino. Ma ormai c'è una enorme delusione verso la leadership corrotta. Chiedi a chiunque nel mondo arabo un giudizio su Abu Mazen e su Hamas, la pensano tutti così. Per non parlare del fatto che per via del legame con il Qatar, i media palestinesi e Al Jazeera, dove un 40% dei giornalisti sono palestinesi, da anni usano le loro piattaforme per attaccare i Paesi del Golfo, l'Arabia Saudita. Anche il loro atteggiamento ha spinto gli EAU verso questo accordo".
Come ha reagito la comunità palestinese negli Emirati? "I palestinesi qui sono circa 200 mila, hanno un buon stile di vita, ottime posizioni lavorative, benessere. La maggior parte delle persone che conosco non vogliono di certo perdere i propri vantaggi, sacrificarsi per una leadership corrotta. Un collega palestinese mi ha detto: "è interessante vedere a cosa porterà tutto ciò". Io penso che questa sia un'opportunità anche per i palestinesi stessi, nell'immediato anche solo per le opportunità di business e per il turismo".
Il Mufti di Gerusalemme ha già detto che agli emiratini sarà vietato pregare nella Moschea di Al Aqsa, anche se le decisioni su quanto avviene sulla Spianata spettano al Waqf giordano... "Qui la gente a breve viaggerà per Gerusalemme, Nablus, Hebron. Sai quanto lavoro porteranno? Negozi, ristoranti, trasporti, guide turistiche... Poi in un momento di crisi economica come questo. Staremo a vedere."
Com'è l'approccio verso gli ebrei e Israele nei Paesi del Golfo? "Se sei religioso o panarabista, probabilmente di base sarai anti-israeliano. C'è anche chi, come me, riesce a farsi una sua posizione senza indottrinamento. Io sono andato a studiare a Londra e all'università c'erano molti ebrei. E, certo, la differenza la fa l'interazione. Il problema finora è stato anche che la maggior parte degli arabi non ha avuto sufficiente contatto con ebrei o israeliani. I social media sono stati una svolta in questo senso, hanno aperto un mondo che un tempo era del tutto precluso. Oggi la maggior parte della gente sta cambiando le proprie posizioni. E di certo anche l'alleanza contro la minaccia iraniana ha giocato il suo ruolo in questo avvicinamento".
La Turchia ha condannato duramente l'accordo e minacciato di ritirare l'ambasciatore da Abu Dhabi. Gli Emirati temono ripercussioni diplomatiche? "Che grandi ipocriti! Loro che intrattengono relazioni diplomatiche e rapporti commerciali e turistici con Israele da decenni! La verità è che hanno paura che faremo concorrenza a Istanbul, che oggi rappresenta l'hub più importante per gli israeliani in transito verso l'Asia. Anche gli iraniani hanno minacciato, ma non avranno il coraggio di fare nulla".
Jared Kushner ha detto che è "inevitabile" che anche l'Arabia Saudita normalizzi le relazioni con Gerusalemme. Ma Riad non si è ancora espressa e c'è chi dice potrebbe essere disturbata dal fatto che gli Emirati stanno sfidando il suo ruolo di potenza regionale. "Chi conosce quest'area sa che l'Arabia Saudita e EAU hanno un rapporto molto stretto e quotidiano. Tutti sanno che Abu Dhabi si è mossa nella consapevolezza di Riad. Nel passato, se i sauditi volevano qualcosa da Israele, passavano per la mediazione americana. Ma il futuro della presenza americana nel Medioriente è incerto: qui c'è anche una volontà congiunta di creare un nuovo canale di comunicazione diretto, locale. Va tenuto in considerazione poi che l'Arabia Saudita è il centro del mondo musulmano sunnita per la presenza di Mecca e Medina, quindi c'è maggiore sensibilità. Mi aspetto che i sauditi si esprimano prossimamente, per ora stanno osservando e studiando la nuova situazione."
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppre cliccare sulla e-mail sottostante