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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Un accordo che non rende tutti felici 15/08/2020
Un accordo che non rende tutti felici
Commento di Michelle Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)


In historic declaration, Israel and United Arab Emirates agree to ...
Benjamin Netanyahu

Per Hamas è stata una pugnalata alle spalle, ma anche per i coloni. Strana  convergenza di interessi: gli oppositori più accesi dello storico accordo tra Israele ed gli Emirati Arabi Uniti si ritrovano sia nel campo dell’Autorità Palestinese che in quello dei coloni puri e duri. I primi proclamano la loro indignazione per quella che percepiscono come la normalizzazione delle relazioni tra il loro odiato vicino e un Paese arabo, anche se normalizzazione non è certo la parola corretta, perché per normalizzare delle relazioni, bisognava che queste esistessero molto prima, e non è il nostro caso. Inoltre, non è nemmeno un accordo di pace perché i Paesi non erano in guerra.  I coloni, da parte loro, protestano contro il tradimento di Netanyahu che ha appena rinnegato un impegno solenne, che stava alla base delle ultime tre consultazioni elettorali, rinunciando a un'annessione da loro invocata e lasciandosi sfuggire un'opportunità storica. Il Primo Ministro israeliano potrebbe sostenere che il progetto non è abbandonato ma rinviato a una data successiva, ma nessuno ci crede davvero. Eppure entrambi possono incolpare solo se stessi.

Per decenni i palestinesi hanno respinto uno dopo l'altro tutti i piani di pace proposti da Israele - così come quello del Presidente Trump - senza mai proporre nulla di concreto. Allo stesso tempo, l'Autorità Palestinese instilla nei giovani l'odio non solo nei confronti degli israeliani ma anche degli ebrei attraverso i libri scolastici finanziati dall'Unione Europea, e inoltre paga generosi stipendi ai terroristi in carcere per aver assassinato civili innocenti e glorifica coloro che sono morti “come martiri”. Duro risveglio per i leader di Ramallah, che hanno finalmente capito che nel mondo arabo è appena crollato un tabù: la fine del consenso sul fatto che stringere rapporti con lo Stato ebraico finché il problema palestinese non è risolto, significa tradire la causa araba. Un consenso già demolito da Egitto e Giordania molto ufficialmente e più discretamente dai contatti più o meno segreti tra Gerusalemme e questa o quella capitale araba. E i coloni? Si erano rallegrati nel gennaio di quest'anno per la pubblicazione del Piano Trump, che in effetti prevedeva l'annessione di gran parte degli insediamenti in Cisgiordania, senza vedere la contropartita: la bozza di quello che sembrava molto essere uno Stato palestinese, ma che loro non vogliono a nessun prezzo. Senza nemmeno vedere che nel piano non erano inclusi tutti gli insediamenti.   Anche per loro il risveglio è difficile. Quanto all'Europa e più precisamente all'Unione Europea, che aveva moltiplicato gli avvertimenti e minacciato Israele con i suoi strali nel caso in cui questo Paese avesse annesso certi territori, lungi dal celebrare il posticipo di questo piano sine die, è delusa e mette il broncio. Per Le Monde del 14 agosto, " questa decisione rende ancora più improbabile qualsiasi soluzione del conflitto israelo-palestinese ... gli Emirati Arabi Uniti privano l'Organizzazione per la liberazione della Palestina di una moneta di scambio preziosa". Una moneta appunto di cui non hanno saputo servirsi. 

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".


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