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Un accordo che non rende tutti felici
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz) Benjamin Netanyahu Per Hamas è stata una pugnalata alle spalle, ma anche per i coloni. Strana convergenza di interessi: gli oppositori più accesi dello storico accordo tra Israele ed gli Emirati Arabi Uniti si ritrovano sia nel campo dell’Autorità Palestinese che in quello dei coloni puri e duri. I primi proclamano la loro indignazione per quella che percepiscono come la normalizzazione delle relazioni tra il loro odiato vicino e un Paese arabo, anche se normalizzazione non è certo la parola corretta, perché per normalizzare delle relazioni, bisognava che queste esistessero molto prima, e non è il nostro caso. Inoltre, non è nemmeno un accordo di pace perché i Paesi non erano in guerra. I coloni, da parte loro, protestano contro il tradimento di Netanyahu che ha appena rinnegato un impegno solenne, che stava alla base delle ultime tre consultazioni elettorali, rinunciando a un'annessione da loro invocata e lasciandosi sfuggire un'opportunità storica. Il Primo Ministro israeliano potrebbe sostenere che il progetto non è abbandonato ma rinviato a una data successiva, ma nessuno ci crede davvero. Eppure entrambi possono incolpare solo se stessi.
Per decenni i palestinesi hanno respinto uno dopo l'altro tutti i piani di pace proposti da Israele - così come quello del Presidente Trump - senza mai proporre nulla di concreto. Allo stesso tempo, l'Autorità Palestinese instilla nei giovani l'odio non solo nei confronti degli israeliani ma anche degli ebrei attraverso i libri scolastici finanziati dall'Unione Europea, e inoltre paga generosi stipendi ai terroristi in carcere per aver assassinato civili innocenti e glorifica coloro che sono morti “come martiri”. Duro risveglio per i leader di Ramallah, che hanno finalmente capito che nel mondo arabo è appena crollato un tabù: la fine del consenso sul fatto che stringere rapporti con lo Stato ebraico finché il problema palestinese non è risolto, significa tradire la causa araba. Un consenso già demolito da Egitto e Giordania molto ufficialmente e più discretamente dai contatti più o meno segreti tra Gerusalemme e questa o quella capitale araba. E i coloni? Si erano rallegrati nel gennaio di quest'anno per la pubblicazione del Piano Trump, che in effetti prevedeva l'annessione di gran parte degli insediamenti in Cisgiordania, senza vedere la contropartita: la bozza di quello che sembrava molto essere uno Stato palestinese, ma che loro non vogliono a nessun prezzo. Senza nemmeno vedere che nel piano non erano inclusi tutti gli insediamenti. Anche per loro il risveglio è difficile. Quanto all'Europa e più precisamente all'Unione Europea, che aveva moltiplicato gli avvertimenti e minacciato Israele con i suoi strali nel caso in cui questo Paese avesse annesso certi territori, lungi dal celebrare il posticipo di questo piano sine die, è delusa e mette il broncio. Per Le Monde del 14 agosto, " questa decisione rende ancora più improbabile qualsiasi soluzione del conflitto israelo-palestinese ... gli Emirati Arabi Uniti privano l'Organizzazione per la liberazione della Palestina di una moneta di scambio preziosa". Una moneta appunto di cui non hanno saputo servirsi.
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