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Informazione Corretta Rassegna Stampa
10.08.2020 IC7 - il commento di Marco Paganoni: Libri da leggere per combattere la disinformazione contro Israele
Dal 2 all'8 agosto 2020

Testata: Informazione Corretta
Data: 10 agosto 2020
Pagina: 1
Autore: Marco Paganoni
Titolo: «IC7 - il commento di Marco Paganoni: Libri da leggere per combattere la disinformazione contro Israele»
IC7 - il commento di Marco Paganoni
Dal 2 all'8 agosto 2020

Libri da leggere per combattere la disinformazione contro Israele

The War of Return, How Western Indulgence of the Palestinian Dream ...

In questa stagione non c’è mass-media che non si senta in dovere di consigliare ai propri lettori un po’ di libri da “portarsi in vacanza” nel fiducioso assunto che in vacanza i lettori non abbiano molto altro da fare, e nell’ipotesi un po’ presuntuosa che detti lettori non abbiano già messo in valigia per conto loro i libri che intendono leggere. Nel conformarci a questa edificante tradizione, abbiamo pensato di toglierci il capriccio di farlo con una punta di polemica. Infatti, a rischio di apparire supponenti, segnaleremo alcuni titoli che a nostro avviso sono assai preziosi per discutere di Israele e del conflitto, ma che non si trovano in italiano (salvo sviste) nonostante l’editoria del nostro paese sia abbastanza prodiga di traduzioni quando si tratta di opere che Israele e il conflitto, anziché analizzarli e capirli, li distorcono, talvolta con evidenti fini propagandistici.

Dell’ottimo lavoro di Einat Wilf e Adi Schwartz The War of Return: How Western Indulgence of the Palestinian Dream has Obstructed the Path to Peace si è già diffusamente detto su queste colonne (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=78418), per cui ci limitiamo a raccomandarlo di nuovo. E a ricordare che la stessa Wilf qualche anno prima aveva anticipato questi temi nel cap. 2 di un suo precedente libro di più ampio respiro intitolato Winning the War of Words: Essays on Zionism and Israel. Sempre della Wilf, da segnalare anche il successivo Telling Our Story: Recent Essays on Zionism, the Middle East, and the Path to Peace, la cui tesi di fondo è che la storia di Israele e del sionismo è stata sfigurata e calpestata sino a farne una storia di ideologie e motivazioni malvagie: più si radica questa visione, più la pace diventa impossibile poiché con il Male, per definizione, non si scende a compromessi. Per rendere possibile la pace è necessario che l’autentica vicenda di Israele e del sionismo, con i suoi limiti ma soprattutto il suo profondo valore, venga riconosciuta dagli osservatori terzi e dai suoi stessi avversari. La storia del movimento sionista – sottolinea Wilf – è e può continuare ad essere, tra i drammi della storia umana, una delle migliori fonti di ispirazione. Ma la creazione di Israele non deve essere descritta come effetto della Shoà perché tale "negazione del sionismo" priva il popolo ebraico del suo ruolo autonomo nel perseguire l’autodeterminazione già decenni prima della seconda guerra mondiale.

Uno strumento prezioso, per conoscere la storia, è l’agile The Routledge Atlas of the Arab-Israeli Conflict, dello storico britannico Martin Gilbert (che andrebbe accompagnato dalle scrupolose 800 pagine di Israel: A History, dello stesso autore). Di Martin Gilbert l’editrice Giuntina ha meritoriamente pubblicato in italiano l’Atlante di storia ebraica che tuttavia, comprensibilmente, dedica solo alcune pagine alle vicende del sionismo e di Israele.
Book review: Industry of Lies, by Ben Dror Yemini – 24/6 Magazine

Ma studio e analisi vengono generalmente sopraffatti da preconcetti e menzogne. E’ la disperante constatazione che sta alla base del libro di Ben-Dror Yemini Industry of Lies: Media, Academia, and the Israeli-Arab Conflict. L'industria delle bugie – dice Yemini – è una delle più grandi frodi degli ultimi decenni: una frode di proporzioni storiche. Quando quasi la metà dei cittadini europei crede che Israele tratti i palestinesi come i nazisti trattavano gli ebrei, quando leader politici affermano che il conflitto arabo-israeliano è la causa prima di tutte le violenze del Medio Oriente se non del mondo intero, quando autorevoli intellettuali sostengono che Israele è un stato da apartheid che non avrebbe nemmeno diritto di esistere, le menzogne hanno evidentemente preso il sopravvento: Israele diventa così l’incarnazione del demonio agli occhi di molte persone altrimenti ragionevoli e di buone intenzioni, che vorrebbero sinceramente veder trionfare la pace. Il tragico paradosso è che, dando credito all’industria delle bugie, non aiutano né i palestinesi né la riconciliazione, e rafforzano invece i peggiori deliri degli estremisti ai quali della pace non importa nulla. Ovviamente Israele è tutt’altro che privo di difetti. Ma Yemini, che nella sua attività pubblicistica in Israele non esita a denunciarli, in questo libro traccia una chiara distinzione tra la critica legittima e l'industria delle bugie che ha invaso mass-media e mondo accademico, minando la credibilità di quelli che dovrebbero essere i baluardi della conoscenza e della ricerca scevra da preconcetti. In particolare, da vent’anni a questa parte (a partire perlomeno dalla sciagurata Conferenza di Durban del 2001) gran parte della pubblicistica anti-israeliana batte sul tema dell’apartheid. Non è un caso, e vediamo perché. A seguito delle complesse vicende che l’hanno visto difendersi da ripetute aggressioni militari, Israele si ritrova a controllare dei territori abitati e rivendicati da arabi palestinesi: una situazione altamente problematica, oggetto di infinte discussioni e controversie anche all’interno del dibattito politico israeliano. Ma finché si discute di “occupazione”, l’orizzonte della diatriba resta aperto, almeno sul piano teorico, a una soluzione che preveda in qualche modo la “fine dell’occupazione” (qualunque cosa si intenda con questa locuzione). Quando invece si accusa Israele di essere come il Sudafrica dell'apartheid e di essere un paese intrinsecamente razzista e genocida, si mette in discussione lo stato di Israele in quanto tale, la sua società, le sue istituzioni. Questo è il vero obiettivo della campagna mondiale BDS (per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele) che mira a imporre il completo isolamento economico e culturale dello stato ebraico, a delegittimarne l'esistenza stessa escludendolo da enti internazionali, scambi culturali, attività economiche, sociali, persino sportive.

L’operazione viene efficacemente smascherata in The Case Against BDS: Why Singling Out Israel for Boycott Is Anti-Semitic and Anti-Peace dal celebre avvocato liberal Alan Dershowitz che, da par suo, fa luce sulle origini ambigue e sui metodi disonesti del movimento BDS. Qualche anno prima, con la stessa penetrante forza argomentativa che gli viene dalla professione che l’ha reso famoso, Dershowitz aveva affrontato i vari temi della polemica anti-israeliana nel suo The Case for Israel (in italiano si trova Processo ai nemici di Israele: critiche alle tesi di Jimmy Carter e ai detrattori che ostacolano il cammino verso la pace, Eurilink, 2009).


Marco Paganoni, direttore di Israele.net


takinut3@gmail.com

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