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Informazione Corretta Rassegna Stampa
08.08.2020 'Kaddish.com', di Nathan Englander
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 08 agosto 2020
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «Kaddish.com»
Kaddish.com
Nathan Englander
Traduzione di Silvia Pareschi
Einaudi Euro 18,50

“…Non vi racconto questa storia per vantarmi, per darmi delle arie, e neppure per addurre un pretesto per tutti gli anni che ho perso. Ve la racconto solo per dire che non è mai troppo tardi per vivere la propria vera vita”

kaddish.com, Nathan Englander. Giulio Einaudi Editore - Supercoralli
La copertina (Einaudi ed.)

L’ultimo romanzo di Nathan Englander, scrittore statunitense classe 1970, è un viaggio appassionante nei territori della spiritualità che oscilla, con un mix perfettamente riuscito, fra introspezione e commedia, riflessione e delicato umorismo. Cresciuto a Long Island in un ambiente ortodosso “con una mentalità da shtetl” Englander ha trascorso alcuni anni in Israele, un’esperienza determinante sia sotto il profilo personale che artistico, ha vissuto a lungo a New York per trasferirsi recentemente a Toronto con la moglie e i due figli, la città dove ha passato i mesi di quarantena. Apprezzato per le raccolte di racconti (“Per alleviare insopportabili impulsi”, 1999 – “Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank”, 2012) con le quali ha vinto premi prestigiosi, Englander che appartiene a una lunga tradizione di autori ebrei americani ha confermato il suo talento narrativo con i romanzi “Il ministero dei casi speciali” (2007) e “Una cena al centro della terra” (2018), quest’ultimo un’intrigante vicenda ambientata fra Israele, Stati Uniti ed Europa nell’arco temporale compreso fra la seconda Intifada e la morte del premier israeliano Ariel Sharon.

Kaddish.com è, a parere di chi scrive, il suo romanzo più riuscito e maturo in cui l’autore attraverso il protagonista si interroga con un pizzico di ironia e con acute riflessioni sul significato di essere ebreo oggi, sul valore del perdono, sul senso di colpa (di cui lo stesso Englander dichiara di essere preda) e sul rapporto con i riti ortodossi. Larry e Shauli sono la stessa persona ma incarnano due mondi inconciliabili, ritratti in due epoche diverse della vita. In mezzo c’è una conversione con un cambiamento radicale che ha trasformato lo scapestrato trentenne Larry, che non crede né nella preghiera né nell’anima, nel devoto reb Shauli con moglie e figli, insegnante in una yeshivà nella Brooklyn ortodossa. Alla morte dell’amato padre, Larry si trova a Menphis nella casa della sorella ebrea ortodossa per celebrare la shivah, i sette giorni di lutto, durante i quali mette a dura prova la devozione di parenti e amici con il suo distacco per le tradizioni religiose e un atteggiamento scanzonato. Tuttavia, incalzato dalla sorella, accetta di recitare il kaddish, la preghiera che la legge ebraica richiede sia recitata in tre servizi ogni giorno, per gli 11 mesi successivi alla morte di un genitore, al fine di elevare l’anima del defunto. Larry, però, indolente com’è non intende assolvere questo dovere religioso e perlustrando il web trova uno stratagemma vantaggioso: un sito web “kaddish.com” (che in realtà esiste davvero ed è stato realizzato sei mesi dopo l’uscita del libro) che, a pagamento, affida a uno studioso della Torah, shaliach mitzvah, il compito di pregare per il defunto al posto dell’erede legittimo.

Nei primi capitoli del libro il lettore si addentra in un mondo in cui i riferimenti ai testi sacri si contrappongono alle intemperanze del giovane Larry che, insonne e irritato per l’atteggiamento rigoroso della sorella, si abbandona alla visione di siti pornografici. Inevitabile in queste pagine pervase da un umorismo agrodolce il richiamo a Philip Roth anche se poi il romanzo compie un percorso del tutto originale. Con un salto nella narrazione di vent’anni ritroviamo Larry di mezza età, ormai diventato reb Shuli e insegnante nella stessa yeshivà in cui ha studiato da ragazzo. Al lettore non è dato conoscere i dettagli di questa radicale trasformazione che lo ha portato sulla strada tracciata dal padre il quale, quando era ancora in vita, lo aveva amato per quello che era. Nel corso delle sue giornate, scandite dalla preghiera e dall’insegnamento, fa capolino nell’animo di reb Shuli un forte senso di colpa per aver affidato ad altri, attraverso la firma di un freddo contratto, il diritto di pregare per il padre defunto; un disagio che si materializza, intrappolandolo in una profonda crisi di coscienza, nell’incontro con Gavriel, uno studente orfano anch’egli e già ribelle che, inevitabilmente, gli riporta alla mente il Larry adolescente. I tentativi di Shuli messi in campo grazie alle conoscenze informatiche di Gavriel per rintracciare Chemi, lo studente che aveva accettato l’incarico di recitare il kaddish per il padre, e quindi rientrare in possesso del suo diritto falliscono miseramente. Anzi il Rosh Yeshivà lo sospende dall’insegnamento per due settimane. Inizia così un viaggio di ricerca che lo porta a Gerusalemme nel quartiere di Nachlaot descritto con limpide pennellate di luce che restituiscono uno spaccato indimenticabile di un quartiere “costruito in pietra di Gerusalemme, con i tetti di tegole spagnole e il dedalo di strade laterali e viuzze, nei quali si smarrisce anche chi è abituato alla labirintica topografia della città”.

E’ in questo guazzabuglio di vicoli che Shuli incontra donne generose che incarnano la forza delle prime pioniere del sionismo, giovani dediti allo studio della Torah, rabbini imperscrutabili che agitano la sua coscienza per condurlo infine a scoprire insospettate verità. Perché alla fine Shuli, tormentato dal suo passato ma alla ricerca di un modo per migliorarsi, riuscirà a trovare una soluzione rassicurante e ingegnosa al contempo che passa inevitabilmente per il perdono di se stessi (“Ricorda…se laggiù non trovi quello che cerchi, in questa vita è lecito anche perdonare se stessi”). In questo romanzo dalle mille sfaccettature, ironico e divertente, traboccante di riferimenti talmudici e citazioni bibliche, di principi giuridici ebraici e dialoghi cadenzati dallo yiddish, Nathan Englander si destreggia abilmente, come un funambolo letterario, fra pungente umorismo e profonda introspezione, dando vita a un eroe accattivante che ci apre le porte di un mondo in cui sacro e profano si intrecciano.


Giorgia Greco

takinut3@gmail.com

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