La Guerra civile spagnola secondo Antoine de Saint-Exupéry
Recensione di Diego Gabutti
Antoine de Saint-Exupéry, Spagna insanguinata. Guerra civile: riflessioni sulla vita e sulla morte, Stampa Alternativa 2018, pp. 168, 14.00 euro.
Antoine de Saint-Exupéry
Aviatore, giornalista, autore e illustratore d’un classico della letteratura non soltanto per ragazzi, Il piccolo principe, da cui Orson Welles e Walt Disney avrebbero voluto trarre insieme un film, Antoine de Saint-Exupéry scrisse questi suoi reportage dai campi di battaglia della guerra civile spagnola senza difendere o sostenere nessuna delle due parti: i franchisti da una parte, le sinistre rivoluzionarie dall’altra. Consapevole che «la frontiera, in una guerra civile, passa attraverso il cuore degli uomini», Saint-Exupéry fu l’inviato speciale di due quotidiani francesi, Paris-soir e L’intransigeant, dal fronte della condizione umana. Suo scoop fu che in Europa era morta ogni pietà e che non c’era più riparo né scampo dalle tempeste dell’ideologia. «Questi uomini», scrisse, parlando dei nazionalisti e dei repubblicani, «non vanno all’assalto nell’ebbrezza della conquista, ma lottano sordamente contro un contagio. Non si tratta per loro di cacciare un nemico dal territorio, ma di guarire un male. Una nuova fede è simile a una peste. Attacca dall’interno. Si propaga nell’invisibile. Ciascun partito, in strada, si sente circondato da appestati che non sa riconoscere. […] La morte, qui, è il vero lazzaretto disposto per la quarantena. Ci si purga dai portatori di germi. Gli anarchici fanno delle visite a domicilio e caricano i contagiosi sulle loro carrette. Dall’altro lato della barricata, Franco ha potuto pronunciare queste parole atroci: “Qui non ci sono più comunisti”». Come il piccolo principe, che abita un lontano asteroide e considera la Terra uno strano e imperscrutabile pianeta, anche Saint-Exupéry giudica il proprio tempo, l’età delle guerre civili su scala globale, un pianeta inspiegabile, dove si beve per la vergogna d’essere degli ubriaconi e ci sono uomini d’affari che contano le stelle pensando d’esserne i proprietari, come nel suo apologo.
Niente giustifica – agli occhi del giornalista e poeta che scrive le sue corrispondenze da Barcellona, Saragozza, Guernica e Madrid – gli orrori della guerra civile: gli avversari trucidati, le suore violentate e sgozzate, gli operai torturati. Saint-Exupéry scopre, nel cuore di tenebra del ventesimo secolo, la natura del male. Incarnato da «ufficiali giudiziari senza anima», che «disperdono al vento il mobilio senza sapere che annientano un regno», il Male sbadiglia e sorride, indifferente e più ancora cieco e sordo, mentre gl’impiccati scalciano e i condannati a morte (la sola pena, non ce n’è un’altra) non stanno nemmeno più a implorare (o maledire) i plotoni d’esecuzione. Scrive Saint-Exupéry: «Quando mi si dice: “Cosa sono una dozzina di vittime rispetto a una popolazione? Cos’è qualche tempio bruciato rispetto a una città che continua la sua vita?” io rifiuto questi spaventosi calcoli. Non so più – quando si tratta di uomini – servirmi di questa orrenda matematica». Ma i partiti estremi, le ideologie totalitarie di destra e di sinistra, gli antisemitismi, le guerre di classe e di razza che in Spagna fanno da ouverture della seconda guerra mondiale, conoscono soltanto questa terrificante partita doppia, il dare e l’avere dell’apocalisse. «Avete ragione. Avete tutti ragione», scrive ancora l’autore del Piccolo principe. «Ha ragione anche quello che scarica tutti i mali del mondo sui gobbi. Se dichiariamo guerra ai gobbi, se lanciamo l’immagine d’una razza di gobbi, apprenderemo presto a esaltarci. Tutte le villanie, tutti i crimini, tutte le prevaricazioni le addebiteremo ai gobbi, e sarà fatta giustizia». Quando il mondo annegherà «nel sangue dei poveri gobbi innocenti, noi alzeremo tristemente le spalle: “Sono questi gli orrori della guerra… Il gobbo paga per gli altri… Paga per i crimini dei gobbi” perché, certamente, anche i gobbi commettono dei crimini». Ma come nascono le ideologie mortifere? Quale padrone servono, e come funzionano? Spiega Saint-Exupery in un appunto dei suoi taccuini: «B. de J. intervistando una volta Hitler sulle cause profonde della sua riuscita, quello gli rispose. “Si parla della mia voce, del mio dono di fascinazione, o delle mie qualità d’oratore. Stupidaggini! Il mio segreto è molto più semplice. Nella mente dei tedeschi regnava il disordine e, per loro, io ho semplificato i problemi”». Attenti ai semplificatori di problemi e alle loro allegre soluzioni brutali.
Diego Gabutti