Israele tra emergenza Covid e il futuro Commento di Fiammetta Martegani
Testata: Avvenire Data: 01 agosto 2020 Pagina: 9 Autore: Fiammetta Martegani Titolo: «Covid ha fatto il governo e ora rischia di disfarlo»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 01/08/2020, a pag.9 con il titolo "Covid ha fatto il governo e ora rischia di disfarlo", il commento di Fiammetta Martegani.
Piazza Rabin, Tel Aviv. Una lunga tavolata apparecchiata con piatti dalle porzioni pantagrueliche e un unico commensale: la riproduzione in dimensioni reali del primo ministro Benjamin Netanyahu, che banchetta da solo mangiandosi Israele. E l'«ultima cena della democrazia» dell'artista israeliano Itay Zalait. Un'installazione che ha fatto infuriare Bibi almeno quanto è piaciuta ai telavivini. Perché a cinque mesi dalla sua diffusione, il coronavirus sembra aver mutato il Dna politico del Paese, ma non quello - polemico, sfrontato e ironico - degli israeliani. Lo scorso 20 Aprile, dopo un anno di stallo e tre tornate elettorali finite alla pari, è stata proprio la crisi del Covid a spingere il premier uscente e l'acerrimo avversario Benny Gantz a siglare l'alleanza per costituire un governo nazionale di emergenza. Che di emergenziale ha davvero tutto: zero fondamenta e muri fragili. Con tante crepe. A cominciare dalle divergenze (per nulla parallele) riguardo all'Accordo del Secolo per il Medio Oriente proposto in gennaio da Donald Trump. Il Piano è momentaneamente congelato, rimandato - sotto le pressioni dell'Amministrazione americana - a tempi migliori, probabilmente dopo le elezioni Usa. Ma intanto si ricomincia a parlare di nuove elezioni qui. Netanyahu e Gantz in questi mesi di coabitazione hanno combinato, insieme, poco o nulla. Soprattutto, non sono ancora riusciti ad approvare il budget di Stato, legge fondamentale soprattutto per la gestione del post-Corona.
Reuven Rivlin
Una scusa perfetta, per Bibi, per scardinare i già precari equilibri politici e guadagnare altro tempo. Quello di cui ha bisogno per risalire nei consensi e studiare possibilità per evitare il processo (accuse di corruzione, frode e abuso di ufficio) che lo attende. Adesso però gli israeliani sembrano esseri arrivati al punto di rottura sfiniti dai lunghi mesi di lockdown - che hanno fatto arrivare la disoccupazione a livelli preoccupanti, oltre il 20% - e di incertezza politica, da settimane si fanno sentire praticamente ogni giorno, con manifestazioni via via più partecipate contro il governo, a Gerusalemme e in tutte le principali città. Proteste pacifiche, che rivendicano la non appartenenza ad alcun partito politico: giovani e genitori con i passeggini che chiedono ai loro leader di occuparsi seriamente della situazione economica e della salvaguardia della democrazia del Paese. Non sono mancati episodi deprecabili: martedì, a Tel Aviv, un gruppo di estremisti di destra che si fa chiamare "La famiglia" si è infiltrato in uno di questi sit-in per aizzare la violenza, e ha ferito gravemente cinque persone. Il presidente Reuven Rivlin ha detto, con forte rammarico, che «non c'è alcuna differenza tra uccidere un manifestante o il primo ministro», con riferimento esplicito ai tempi bui dell'omicidio di Yitzhak Rabin. Non è per caso che l'installazione di Zalait sia finita - con l'autorizzazione del sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai - proprio nella piazza a lui intitolata.
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