Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 28/07/2020, a pag. 18 con il titolo "Hezbollah riaccende la miccia al confine tra Israele e Libano" l'analisi di Fiamma Nirenstein; dalla REPUBBLICA, a pag. 12, con il titolo "Israele-Libano, scintille al confine. Respinto un attacco di Hezbollah", l'analisi di Sharon Nizza.
Ecco gli articoli:
IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Hezbollah riaccende la miccia al confine tra Israele e Libano"
Fiamma Nirenstein
Benjamin Netanyahu
Fumo e scoppi su Ar Dov, il monte Dov, sul confine fra il Libano e Israele: la bandiera gialla sventola in lontananza fra le pietre e l'esercito israeliano, poche ore dopo uno scambio a fuoco che avrebbe potuto finire e ancora può finire in guerra, fa sapere ai cittadini che possono uscire dai rifugi. Le truppe cammellate di Hassan Nasrallah si lanciano in cortei di una pretesa inesistente vittoria. Netanyahu si sposta a Tel Aviv al ministero della Difesa per una riunione urgente con Benny Gantz, abbandonando per un momento gli affari urgenti del Covid19, che angosciano il Paese e lo spingono a continue manifestazioni. Ma Israele è sempre un piccolo Paese assediato, e se qualche volta può dimenticarlo per occuparsi di faccende urgenti, i suoi vicini invece non lo scordano mai. Nonostante il gruppo terrorista non sia riuscito a penetrare i confini, moto e jeep rombano nel paesaggio scabro del Golan, pugni levati, urla e spari. Le cittadine di là dal bordo sono abituate allo strapotere e alla violenza del "Partito di Dio" che non diminuiscono nemmeno in tempo di miseria e di virus che strazia il Libano. Il messaggio obbligatorio è anche stavolta "vittoria", siamo riusciti a entrare in territorio nemico e siamo tornati vivi dopo che avevamo annunciato una vendetta. E vendetta così è fatta. Fragile, ma guai a chi non ci crede. La messa in scena è per la pretesa vendetta per la morte di Ali Kamel Mohsen, un comandante del gruppo terrorista che, stanziato in Siria per la guerra siro-iraniana di Assad, è stato ucciso da un raid israeliano vicino a Damasco.
Un nodo dolente per Nasrallah, che manda là a morire tanta gioventù sciita. Erano due lunedì or sono, è là comincia la faida che ha portato il capo degli Hezbollah a promettere la vendetta. Ma il gruppo che doveva compierla, è stato bloccato prima. Ieri nel primo pomeriggio le unità speciali dell'esercito israeliano già all'erta, come in un film hanno individuato mentre si infiltrava fra i cespugli una squadra armata di tre quattro persone e l'hanno messa in fuga con spari evitando però di colpirne gli uomini in modo, si può pensare, da evitare l'escalation. Il paesaggio petroso del Golan si è impennacchiato di fumo, i villaggi libanesi del confine si sono spaventati e alcune case sono state danneggiate: dove ieri c'è stato il tentativo di infiltrazione ci fu l'attentato, sempre di vendetta, che uccise due soldati israeliani dell'unità Givati il 28 gennaio 2015, e che 14 anni fa dette inizio alla seconda guerra. L'abbiamo seguita passo passo coi soldati che la notte camminavano uno dietro l'altro coi cappelli mimetici sul terreno punteggiato di agguati degli Hezbollah; 121 vi hanno lasciato la vita (qualcuno ricorderà che fu ucciso anche il figlio di David Grossman) in molte azioni eroiche. Israele non vuole arrivare di sicuro a uno scontro bellico, ed è per questo che, anche usando una quantità di fuoco da varie postazioni, ieri non ha colpito il gruppo terrorista in fuga. Ma se la situazione economica e sociale instabile fino alla rivolta che il Libano attraversa e che indebolisce la leadership del Partito sciita sia per gli Hezbollah uno stimolo a combattere o un freno, solo Nasrallah lo sa. E si deve valutare anche se come è pensabile influisce, e forse decide, la rabbia dell'Iran che cerca una vendetta contro chi ha colpito Natanz e le altre centrali. Per la gente del Nord d'Israele e quella del sud del Libano si preparano a giorni difficili.
LA REPUBBLICA - Sharon Nizza: "Israele-Libano, scintille al confine. Respinto un attacco di Hezbollah"
Sharon Nizza
I residenti dell'Alta Galilea hanno passato un pomeriggio di fuoco ieri, tra cortine di fumo e rumori di spari a ridosso del confine con il Libano. Per poco più di un'ora sono stati istruiti dall'esercito a rimanere in casa, quando un commando di cinque uomini di Hezbollah ha tentato di infiltrarsi in territorio israeliano dall'avamposto militare Har Dov, nell'area delle Fattorie di Shebaa, su cui ancora permane un contezioso tra Israele e Libano. Secondo il portavoce dell'esercito, gli incursori hanno aperto il fuoco contro soldati israeliani, che hanno risposto. Lo scontro è stato riportato subito anche dall'emittente filo-Hezbollah Al-Mayadin, che sosteneva che Hezbollah avesse lanciato un missile contro un carro armato israeliano, notizia smentita dagli israeliani. Israele ha interpretato l'episodio come una rappresaglia per l'attacco del 20 luglio, attributo all'aviazione israeliana, all'aeroporto di Damasco, che ha colpito una cellula che trasportava armi iraniane, in cui è rimasto ucciso un uomo di Hezbollah, Ali Kamel Mohsen. Ma ieri in serata è arrivata una smentita del movimento sciita: «Non ci sono stati spari da parte nostra. La risposta all'uccisione di Mohsen arriverà. I sionisti si aspettino la punizione per i loro crimini». A sostegno della tesi che il tentativo di attacco sia stato una rappresaglia per l'uccisione di Mohsen vi è anche il fatto che i suoi famigliari hanno organizzato ieri un evento tra bandiere di Hezbollah e distribuzione di dolci, in apprezzamento al gesto della milizia sciita che ha vendicato il martire. In Israele interpretano la smentita di Hezbollah come un modo di guadagnare tempo di fronte all'insuccesso dell'operazione. «La finestra perla rappresaglia è ancora aperta» spiega Amos Yadlin, già a capo dell'intelligence militare. «Questo genere di operazioni sono volte innanzitutto a creare una deterrenza. Ora Nasrallah deve decidere se portare avanti un'altra azione, probabilmente contenuta, contro obiettivi militari, o se accontentarsi di avere creato dei momenti di panico». I cittadini sono tornati alla routine, ma l'esercito mantiene alto lo stato di allerta. Il ministro della Difesa, Benny Gantz, venerdì ha dichiarato che Israele non è interessato a un'escalation. Pare anche che, tramite l'Unifil, l'esercito abbia cercato dl calmare gli animi facendo recapitare un messaggio a Hezbollah per dire che Mohsen «non era un obiettivo». Il comandante di Unifil, il generale italiano Stefano Del Col, è intervenuto oggi per invitare le parti a mantenere il controllo. «Né Hezbollah né Israele hanno interesse a un confronto esteso» dice Orna Mizrahl, ricercatrice dell'Institute of National Security Studies. «Israele monitora la nuova generazione di missili ad alta precisione che Hezbollah sta sviluppando con l'aiuto iraniano. L'occhio è puntato su questo progetto, che è la vera linea rossa per Israele». E che lo sguardo sia puntato a Teheran è stato confermato nella brevissima conferenza stampa congiunta tra Netanyahu e Gántz. Il premier è stato lapidario: «Israele continuerà a contrastare I tentativi dell'Iran di posizionarsi militarmente lungo il nostro confine».
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