La politica mediorientale di Trump ha cancellato il piano anti-israeliano di Obama
Analisi di Antonio Donno
A destra: Donald Trump
La politica che Obama perseguì per tutti gli otto anni della sua presidenza verso la crisi del Medio Oriente era tutta volta a mettere in difficoltà Israele e la politica di Netanyahu nella regione. Il sostegno politico ai Fratelli Musulmani, l’avvicinamento all’Iran, le buone relazioni con la Turchia, il disinteresse verso la crisi siriana e, infine, il demandare ogni problema alle istituzioni internazionali – regolarmente contrarie a Israele – facevano parte di un piano indirizzato, per gran parte, a rendere critica la posizione di Israele. Da ciò derivavano le pessime relazioni diplomatiche con il governo di Netanyahu e la costante condanna – se non proprio derisione – delle iniziative del primo ministro dello Stato ebraico. Ma il piano di Obama era più complesso. Da una parte, egli tentò di riportare all’attenzione della comunità internazionale la famosa risoluzione 2334 del 23 dicembre 2016, che condannava l’“occupazione” della West Bank da parte di Israele, dopo la guerra del 1967, e il moltiplicarsi delle colonie israeliane.
Obama non teneva conto del fatto che la guerra dei “sei giorni” era stata programmata dai paesi arabi, con il sostegno palestinese, al fine di cancellare Israele e che l’ingresso israeliano nella West Bank era la logica conseguenza, come in ogni guerra, del risultato di una sconfitta militare. Inoltre, tutto ciò aveva un significato storico di enorme importanza per il popolo ebraico: era la conclusione delle aspettative e delle speranze sioniste di rimettere piede in una parte fondamentale della “Terra dei Padri”, sulla quale era nata e si era sviluppata la civiltà ebraica. Un dato storico indiscutibile che Obama, però, negava nei fatti. Un secondo aspetto che spiega il ritorno degli ebrei in una parte fondamentale del territorio in cui nacque la loro civiltà aveva ragioni politiche e militari molto importanti. L’allargamento del territorio israeliano conferiva maggiore profondità a Israele per difendersi dai suoi nemici e consentiva un maggiore controllo del Giordano, secondo il “Piano Allon” progettato dopo gli esiti della guerra del 1967. Infine, l’estensione del controllo israeliano di parte della West Bank era un atto politico di enorme importanza a livello internazionale. Come avevano previsto i governi di Israele che si sono succeduti dopo il 1967, tale controllo sarebbe divenuto un punto fermo della politica israeliana, un muro invalicabile di fronte al quale le organizzazioni internazionali e gli stessi Stati arabi nulla avrebbero potuto fare per riportare la situazione allo stadio precedente la guerra del 1967. Questo esito ha avuto nel tempo un’importanza decisiva per gli eventi successivi e soprattutto per la definizione della situazione attuale, non solo per quanto riguarda la questione israelo-palestinese, ma anche per la posizione di Israele nell’intero contesto regionale. La nuova impostazione data da Trump al problema ha cancellato d’un sol colpo tutta la politica anti-israeliana e filo-islamica di Obama. La svolta è stata così repentina e senza esitazioni da aver reso il lungo accerchiamento di Israele da parte di Obama un fallimento cocente, anche per le modificazioni che il progetto di Trump ha apportato alla situazione mediorientale. Infatti, le misure drastiche prese da Washington nei confronti dell’Iran hanno indotto i paesi arabi sunniti minacciati dal regime sciita di Teheran a condividere le posizioni anti-iraniane di Trump e il piano del presidente americano di sostegno alla politica di Israele e alle ambizioni di quest’ultimo di rendere più sicure le proprie frontiere con l’annessione di una parte strategicamente fondamentale della West Bank. Ne sono conseguiti, inoltre, l’isolamento e la marginalizzazione della questione palestinese nel complesso delle questioni regionali, oltre che nel contesto delle problematiche presenti sul tavolo delle organizzazioni internazionali. In definitiva, nel giro di un solo mandato, Trump ha completamente ribaltato l’intera impostazione di Obama sulla crisi del Medio Oriente. I passi compiuti a favore di Israele, all’inizio del suo mandato, hanno avuto un esito che ha sconvolto la situazione politica generale della regione, perché le misure drastiche contro l’Iran hanno indotto i paesi sunniti minacciati dal progetto egemonico di Teheran ad affiancarsi al piano di Trump e a porre fine all’ostilità nei confronti di Gerusalemme.
Antonio Donno