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Libero Rassegna Stampa
27.07.2020 La verità sulle ragazze rapite dagli islamici che non sono tornate col sorriso
Commento di Caterina Maniaci

Testata: Libero
Data: 27 luglio 2020
Pagina: 12
Autore: Caterina Maniaci
Titolo: «Le ragazze rapite dagli islamici che non sono tornate col sorriso»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/07/2020, a pag. 12, con il titolo "Le ragazze rapite dagli islamici che non sono tornate col sorriso", la cronaca di Caterina Maniaci.

Women of Islam: Veiling and Seclusion

Huma, Leah, Jamila, Nermeen: sono solo alcune di quelle donne, ragazze, alcune poco più che bambine, che hanno vissuto l'inferno in terra. Rapite, torturate, stuprate, convertite a forza, morte, sparite. Di loro non si parla, per loro non ci si commuove. Sono come tante Silvia Romano che però non hanno avuto il lieto fine, e - dopo la segregazione forzata - non hanno potuto andare in giro per l'Italia, o per l'Occidente, a testimoniare quanto è bello e liberatorio vivere come una musulmana convinta, quasi fosse uno spot promozionale. Sono storie che non riescono a sfondare il muro dell'indifferenza, che non attirano il circo mediatico. Eppure sono storie dolorose, terribili, e senza soluzione, almeno per molte di loro. Come quella di Huma Younus, cattolica, rapita nell'ottobre 2019, costretta alla conversione all'islam. L'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre ha raccolto l'appello accorato di Tabassum Yousaf, avvocatessa dell'Alta Corte del Sindh, provincia pakistana con capoluogo Karachi, che ha raccontato l'odissea che sta vivendo la ragazza. «Huma ha chiamato i genitori informandoli che è rimasta incinta dopo la violenza carnale» ha spiegato il legale, fornendo altri terribili dettagli. La ragazza non può lasciare la casa del suo sequestratore, è stata chiusa in una stanza. Il rapitore, Abdul Jabbar, musulmano, ha un fratello di nome Mukhtiar, impiegato dei Rangers, una forza di sicurezza. E dunque, una protezione, una garanzia dietro le quali barricarsi e aspirare all'impunità. Ed è lui che ha chiamato i poveri genitori di Huma, minacciandoli apertamente di morte se cercheranno la figlia. «Lo stesso Mukhtiar ha inviato un audio-messaggio alla famiglia della ragazza», sempre secondo la testimonianza dell'avvocatessa, «nel quale ha dichiarato che anche se tutti i cristiani si mettessero insieme per riavere Huma lui ucciderebbe sia i genitori sia chiunque intenda aiutarli». Anche dal punto di vista legale la vicenda appare come un allucinante viaggio nel buio dai contorni surreali. II legale del rapitore Jabbar, ha sottolineato l'avvocatessa di Yuma, punta a guadagnare tempo, sfruttando ogni cavillo perché tra 3 anni l'adolescente sarà maggiorenne, compiendo 18 anni, e il caso sarà forse archiviato definitivamente. E Yuma sarà inghiottita nel nulla.

SEQUESTRO DI MASSA La sua non è certo una storia isolata. Le Ong che si occupano della difesa dei diritti umani stimano che, ira quelli denunciati e quelli non denunciati, i casi simili siano almeno duemila all'anno. Dal Pakistan alla Nigeria. Cambia lo scenario, ma non cambiano la violenza e l'orrore. Sempre grazie ad Aiuto alla Chiesa che soffre, emerge la storia di Leah Sharibu. Leah è una studentessa minorenne, cristiana. Viene rapita il 19 febbraio 2019 insieme ad altre 109 ragazze in una scuola privata dai guerriglieri di Boko Haram, gruppo islamista fondamentalista, nel nordest del paese. Quel rapimento è riuscito a scuotere anche l'Occidente indifferente. Alcune ragazze sono morte dopo il rapimento e durante la prigionia. Un centinaio di ragazze sono tornate a casa, dopo circa un mese, tranne Leah. Era l'unica cristiana, a cui i terroristi hanno imposto la conversione, ma lei l'ha rifiutata, hanno raccontato le ragazze tornate a casa. Poi, silenzio per tanti mesi, quasi due anni, e ora arrivano notizie di Leah: avrebbe avuto un figlio da un comandante del gruppo terroristico e si sarebbe convertita all'islam. II reverendo Gideon Para-Mallon, pastore evangelico e portavoce della famiglia Sharibu, attraverso ACS Italia, fa appunto sapere che se le voci fossero confermate, in ogni caso si tratterebbe di conversione forzata: «Se la forzano e la violentano non si può certo dire che abbia dato il suo consenso», ha commentato il pastore. Leah è rimasta dove si trova proprio a causa, ha ricordato, «del convincimento della propria fede cristiana. Se Leah avesse voluto diventare una musulmana per ottenere la propria libertà, avrebbe potuto semplicemente rifiutare Cristo e sarebbe stata rilasciata il 21 marzo 2018, ma Leah ha rifiutato».

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