In Medio Oriente succedono cose strane
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
I simboli di Fatah e Hamas: fucili e scimitarre chiariscono gli obiettivi dei movimenti terroristici arabi palestinesi
Sono notiziole di poco conto, che non meritano neppure un trafiletto sui giornali francesi. Degli agenti di polizia appartenenti all'Autorità palestinese, ridotti alla disperazione per non ricevere più uno stipendio, gettano le loro uniformi alle ortiche e tentano di attraversare la linea verde, più o meno illegalmente, per trovare lavoro in Israele nel settore dell’edilizia o in agricoltura. Il governo di Ramallah si rifiuta, come sappiamo, di accettare da Israele le somme che gli spetterebbero a titolo di importazione e altri proventi, sulla base del fatto che da parte di Israele viene già detratto dalle entrate fiscali il corrispondete degli stipendi pagati dall'Autorità palestinese ai terroristi incarcerati. Un duro colpo per un'economia già danneggiata dalla pandemia.
Fatah e Hamas stanno compiendo sforzi meritori per presentare un fronte unito e preparare insieme una manifestazione di massa, la cui data non è stata ancora fissata, per protestare contro il piano di annessione di una parte della Cisgiordania da parte di Israele, nel quadro dell’”Accordo del Secolo" del Presidente Trump. Tuttavia, sanno bene che la preoccupante progressione del coronavirus rende improbabile questo tipo di incontri, soprattutto perché oggigiorno si parla molto meno di questo progetto in Israele. Nel contempo, Hamas non si astiene dal criticare violentemente Abu Mazen, che a sua volta ha commesso il crimine di annunciare di essere pronto a riprendere i negoziati con Israele, anche se le condizioni associate a questo annuncio sono tali da renderlo con ogni probabilità del tutto vano. Secondo un alto funzionario di Fatah a Ramallah “Hamas è pronto a sostenere Abbas contro Israele, ma l'attuale luna di miele finirà nel preciso momento in cui Mahmoud Abbas siederà al tavolo dei negoziati”. Ma c’è dell’altro. Dei palestinesi, intervistati ai microfoni dei giornalisti israeliani (che continuano a circolare indisturbati nei territori) non esitano a dire apertamente e a viso scoperto, che il loro sogno è quello di vedere Israele cacciare l'Autorità corrotta da Ramallah e garantire l’ordine nella regione! Una situazione kafkiana che trova un'eco inaspettata in Siria. Anche in questo caso, dei siriani che rispondono apertamente via Skype a dei giornalisti israeliani in Israele, non nascondono la loro soddisfazione per i ripetuti attacchi attribuiti a Israele. Perché ? Perché si oppongono alla presenza sempre più invadente dell'Iran nel loro Paese e a quella dei militanti di Hezbollah.
Inutile dire che in entrambi i casi queste conversazioni si svolgono in arabo. Ma ecco la sorpresa più incredibile: in un'intervista rilasciata al grande quotidiano liberale britannico The Guardian martedì 21,
https://www.theguardian.com/world/2020/jul/21/jordan-could-look-positively-on-one-state-solution-if-palestinian-israeli-rights-equal il Primo Ministro giordano Omar Razzaz ha appena lanciato una vera bomba. Nato nel 1961, questo laureato al MIT e ad Harvard, non ha esitato a infrangere senza scrupoli molti tabù: la Giordania, ha detto, potrebbe considerare positivamente una soluzione a un solo Stato per mettere fine al conflitto palestinese! Sì, proprio così. La condizione ? Che questo singolo Stato riconosca gli stessi diritti per entrambi i popoli. Ovviamente, una tale soluzione seppellirebbe definitivamente il sogno di uno Stato palestinese indipendente, o meglio, la realizzazione delle legittime aspirazioni del popolo palestinese. Per non parlare della delusione dei sostenitori del BDS. Naturalmente nessuno, incluso lo stesso Razzaz, crede davvero in una soluzione del genere. Interrogato da The Guardian, il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano si è rifiutato di commentare e la reazione di Ramallah si fa attendere. È perché le parole del funzionario giordano suonano come un avvertimento per entrambe le parti.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".