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Italia Oggi Rassegna Stampa
23.07.2020 La Francia nella rete del terrorismo islamico
Commento di Marta Oliveri

Testata: Italia Oggi
Data: 23 luglio 2020
Pagina: 13
Autore: Marta Oliveri
Titolo: «Terroristi islamici, 60% recidivi»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 23/07/2020, a pag.13 con il titolo "Terroristi islamici, 60% recidivi" il commento di Marta Oliveri.

Il ritorno degli jihadisti in Francia: cause ed effetti — L'Indro

La maggior parte di chi è partito dalla Francia per andare a combattere in Afghanistan, Bosnia-Erzegovina e Iraq quando rientra in Patria commette atti terroristici. Tra gli jihadisti è alto il tasso di recidività. Lo si sapeva, ma ora la conferma arriva dallo studio del Cat, il centro francese di analisi del terrorismo, che ha appena presentato al senato di Francia uno studio, ripreso da Le Figaro, inedito e illuminante sul tasso di recidività degli jihadisti degli anni 1988-2006 (e non sugli jihadisti che avevano raggiunto Daech, il Califfato islamico, perlopiù ancora in carcere). I terroristi islamici non sono detenuti come tutti gli altri. Il parlamento francese sta discutendo quali misure di sicurezza adottare contro i terroristi che in questo periodo stanno tornando in libertà dopo aver scontato la propria condanna in carcere. In materia di terrorismo islamico la conoscenza del passato è essenziale per una buona analisi della minaccia. Lo studio del Cat documenta una verità ben conosciuta dagli specialisti del terrorismo: un islamista che ha partecipato ad un'azione violenta ha tutte le chances di restare nel movimento e di ripetere le azioni terroristiche. Il tasso di recidività dei questi «vecchi», terroristi islamici della prima ora, è molto elevato: il 60% dei cittadini o residenti francesi che sono partiti per combattere in Afghanistan (dal 1986 al 2011), in Bosnia-Erzegovina (1992-1995) e in Iraq (20032006) sono stati condannati, in Francia o all'estero, dopo il loro ritorno dalla jihad, la guerra santa, per reati terroristici distinti dalla loro unica permanenza in una zona di guerra. Sia che si trattasse di attentati o di progetti di attentati, di sostegno logistico o finanziario a una rete terroristica o ancora per un soggiorno in un'altra regione della jihad. Lo studio sottolinea che il loro riavvicinamento al terrorismo islamico può avvenire in qualsiasi momento, a distanza di un anno o di dieci dal loro primo ingaggio terroristico. Gli studi internazionali effettuati finora sull'insieme degli jihadisti identificati nel mondo indicavano un tasso di riavvicinamento al terrorismo islamico dell'11%, ha spiegato Jean Charles Brisard, presidente del Cat e autore dello studio con Manon Chemel e Sacha Belissa. La statistica dello studio francese, che indica la percentuale del 60%, è più inquietante perchè si parla di individui molto pericolosi per il loro impegno ideologico, per la loro formazione alla gestione delle armi e degli esplosivi e per la capacità di arruolare e fare proseliti. Su questo piano lo studio del Cat ha evidenziato anche che una buona parte del 40% degli jihadisti che non hanno ripetuto azioni di guerra non ha però abbandonato la causa e costituisce un riferimento religioso o ideologico per le giovani generazioni. Il numero dei pentiti tra i terroristi islamici sembra essere molto limitato, anche se non esista no ancora studi al riguardo. Il tasso più elevato di recidività è stato registrato per la manciata di jihadisti (16 in totale) partiti per la prima jihad irachena (contro le truppe americane e della coalizione, dal 2003 al 2006): 100% dei ritornati in Patria hanno subito ripetuto azioni terroristiche. Una percentuale particolarmente preoccupante dal momento che gli jihadisti degli anni 2010 sono partiti per lo stesso teatro di guerra. Lo studio pone anche la questione cruciale per i prossimi anni su quello che sarà degli jihadisti che si sono arruolati nella fila siriane-irachene nel 2010. E ancora troppo presto per avere un'idea chiara su 600 persone circa giudicate e condannate dopo il 2014 e per la maggior parte in prigione. Ma una cosa è certa: l'impegno ideologico di questi giovani terroristi non ha nulla da invidiare ai quello dei loro predecessori. Anche loro hanno acquisito una formazione alla gestione delle armi e degli esplosivi in un ambiente segnato dalla follia e dalla ferocia come era nel Califfato degli anni 2010 e in Iraq negli anni di al-Qaida, nel 2000.

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