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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.07.2020 'Tre', di Dror A. Mishani
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 21 luglio 2020
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «'Tre', di Dror A. Mishani»
TRE
Dror A. Mishani
Traduzione dall’ebraico di Alessandra Shomroni
e/o euro 18
Tre - Dror Mishani

“Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà” Ogni libro di Dror Mishani, famoso autore israeliano di noir, arrivato al successo con il romanzo “Un caso di scomparsa” (Guanda, 2013) vincitore del premio letterario Adei Wizo Adelina Della Pergola, conduce il lettore in un labirinto di emozioni sconvolgenti e di suspense crescente fino a un epilogo a sorpresa, mai banale. Anche il secondo thriller “Un’ipotesi di violenza” (Guanda, 2015) ha per protagonista l’ispettore Avraham Avraham del commissariato di Holon, un poliziotto introverso, che non è Sherlock Holmes né Hercule Poirot, ma si identifica molto con le vittime e con i criminali su cui indaga. Una figura originale che non compare nell’ultimo romanzo di Dror Mishani “Tre” (e/o), un thriller psicologico in testa alla classifica dei bestseller in Israele, una storia intrigante in cui le vicende dei personaggi si intrecciano in un tessuto narrativo incalzante e lucido fatto di lati oscuri, risvolti psicologici, intrighi e molti colpi di scena. Tre storie che raccontano la solitudine, la fragilità, l’inadeguatezza di tre donne diverse per cultura, stile di vita ed età che hanno in comune la disgrazia di incappare in Ghil, un avvocato misterioso, uomo non affascinante ma intrigante al punto da carpire la fiducia delle vittime, le vere protagoniste del noir di Mishani. Ambientato in quella periferia allargata che racchiude Holon, Bat Yam, Ghivatayim, il romanzo si snoda in un arco temporale di alcuni anni dove si articolano le storie di Orna, Emilia e Ella.

La prima è una quarantenne con un matrimonio fallito alle spalle e un figlio che adora. Disperata dopo l’abbandono del marito, per qualche motivo che non le è ben chiaro, decide di iscriversi a un sito di incontri e qui conosce un uomo di nome Ghil, un seduttore dai tanti segreti che la coinvolge in un gioco di incontri furtivi e poco appaganti. Emilia è una badante lettone che a Riga ha lasciato le persone care e ora, sola al mondo, arriva in Israele per cercare lavoro e sfuggire ad una opprimente solitudine. Anche lei, preda sin troppo facile per un sociopatico come Ghil, rimarrà invischiata in una storia che non le lascerà scampo. Ella frequenta un caffè dove si rifugia ogni mattina per scrivere una tesina e ritagliarsi uno spazio personale dalle incombenze di madre e moglie. Come per le altre donne la conoscenza di Ghil è in apparenza casuale e per Ella rappresenta una sorta di evasione da una vita monotona e ripetitiva capace di infonderle un pizzico di vitalità. Per fortuna Ella è più scaltra e capisce in tempo quali misteri avvolgano Ghil per sfuggire alla tela di ragno che lui sta tessendole attorno. Accanto a queste donne fragili, intrappolate in una vita di vuoto affettivo che tentano di riempire con un rapporto malato – come spesso accade nei racconti di vittime di femminicidio – Dror Mishani introduce la figura di una detective tosta e determinata che, seguendo con tenacia indizi trascurati dal precedente investigatore, riesce a svelare il carattere criminale di quei suicidi sospetti. La crescente tensione emotiva che Mishani crea pagina dopo pagina tiene il lettore con il fiato sospeso a chiedersi come andrà a finire la storia, catturato nel contempo da dettagli marginali e ritratti d’ambiente che si riveleranno essenziali per la soluzione del mistero. Come per ogni giallo che si rispetti non è opportuno indulgere troppo nella trama: il rischio di spoiler è sempre in agguato! Tuttavia alcune riflessioni sul meccanismo narrativo, sui personaggi e sull’ambientazione sono doverose. Chi frequenta la nuova letteratura israeliana - Mishani come Assaf Gavron, Ayelet Gundar-Goshen ne sono esponenti di spicco – entra in contatto con un paese che si discosta molto dalle immagini televisive e dalle cronache giornalistiche. Si scopre un Israele dove accanto ai luoghi della memoria, ai kibbutz si ammirano città moderne come Tel Aviv, periferie popolose come Holon abitate dai ceti medi laici dove Mishani è nato e cresciuto. Sono questi i luoghi del romanzo, “un posto normale – spiega l’autore – dove la presenza degli ebrei ortodossi è scarsa. Un pezzo di Israele in cui non sembra esserci quasi traccia dei simboli che definiscono la nostra mitologia nazionale. Anche se per me è prima di tutto il posto dove vivono le persone che conosco e amo”.

Nonostante una evidente influenza dei noir psicologici di Patricia Highsmith e in parte dell’israeliana Batya Gur, in quest’ultimo libro Mishani si è allontanato dalla forma classica del romanzo poliziesco che ruota attorno alla figura del killer o dell’investigatore. In “Tre” lo scrittore racconta la vicenda dalla prospettiva delle vittime. Sono loro in primo piano, non l’assassino. E infatti il lettore conosce ogni dettaglio, pensiero, emozione di Orna e Emilia mentre la figura di Ghil è molto più sfumata, misteriosa, un uomo che sembra vivere nell’ombra e di cui non è dato sapere nulla del suo lavoro, dei suoi viaggi, avvolto com’è dalle sue stesse bugie. Accanto a figure femminili fragili, prede privilegiate della violenza, ci sono i bambini coinvolti nelle scelte degli adulti - da cui dipendono fisicamente ed emotivamente - che spezzano la tensione emotiva del racconto e a volte riescono con la spontaneità tipica dell’infanzia a indirizzare le azioni dei protagonisti. Il lettore aduso alla lettura di crime story, dalle trame avvincenti e mozzafiato, troverà nel romanzo di Mishani un valore aggiunto: la capacità di empatizzare con i personaggi di cui l’autore racconta in modo magistrale l’umanità, entrando nei meandri della mente e del cuore, soffermandosi sulle storie di persone comuni con qualche lato oscuro o segreto e per questo così vicini a noi. Docente di letteratura poliziesca all’Università di Tel Aviv, Dror Mishani nato a Holon nel 1975 ha scritto un libro che segna un punto di svolta nel panorama letterario d’Israele, un paese con pochi autori di crime story, vendendo migliaia di copie con traduzioni in oltre dieci paesi fra cui l’Italia, grazie alla bravissima Alessandra Shomroni che ha il merito di aver fatto conoscere al pubblico italiano autori del calibro di Abraham Yehoshua e David Grossman. Un thriller da non perdere che, oltre ad affrontare temi scottanti come il femminicidio, assicura una regia, quella di Dror Mishani, che ha fatto della suspense una vera arte.


Giorgia Greco

takinut3@gmail.com

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