Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 21/07/2020, a pag. 26, l'analisi di Milena Santerini dal titolo "Come cambia l’antisemitismo".
Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo
Gli insulti sui social ricevuti da Sami Modiano, sopravvissuto allo sterminio nazista e nominato Cavaliere di Gran Croce dal Presidente Sergio Mattarella per i suoi novant’anni, sono una lettura che Corrado Augias ha definito ieri su Repubblica “umiliante”. È una ulteriore prova che i social media sono oggi uno dei veicoli più importanti dell’odio antisemita, così come di altre forme di pregiudizio e intolleranza. Lo dimostrano i dati dell’Osservatorio del Cdec — Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea: su 79 episodi di antisemitismo segnalati — è, dunque, solo la punta dell’iceberg — nel gennaio-marzo 2020 (un numero nettamente superiore rispetto al 2019) ben 41 sono stati messaggi sul web. Non diminuisce ovviamente la pericolosità di chi vandalizza, aggredisce o disegna svastiche e stelle di David sui muri, ma le piattaforme dei social stanno divenendo il veicolo più rapido, “liquido” e difficilmente censurabile attraverso cui far passare diffamazioni, insulti, pregiudizi. Non ci sono solo i casi di Sami Modiano o Liliana Segre.
La pandemia è stata un’occasione unica per gli hater in cerca di un bersaglio, in particolare quel nemico storico che è l’ebreo, considerato in quanto tale. In tutto il mondo si è diffusa un’ossessione complottista, favorita dall’associazione tra virus e antiche pestilenze, in cui gli ebrei svolgevano il ruolo di untori. Dietro ogni minaccia ci devono essere per forza loro. Se si segue questo registro narrativo, si trovano molte variazioni sul tema: che la pandemia sia un programma sionista per spopolare il mondo o una cospirazione di Israele con Usa e Cina per far scoppiare la terza guerra mondiale; oppure si suppone che uomini d’affari come l’ungherese George Soros (bersaglio preferito dell’antisemita globale) abbiano un qualche interesse economico nel contagio etc. Il ogni caso, il virus è ebreo e rappresenta una minaccia. Riguardo all’Italia, l’Osservatorio Mediavox sull’odio online dell’Università Cattolica di Milano ha scaricato tutti i tweet tra marzo e maggio 2020 con la correlazione tra parole chiave come coronavirus/Covid e ebrei/Israele/sionismo, analizzandone un campione. Dei tweet analizzati il 16,3% contiene odio antisemita. Anche se non ci sono stati picchi significativi rispetto ad altri periodi e l’ostilità online durante il periodo della pandemia è stata diretta soprattutto verso i cinesi accusati di aver propagato il coronavirus, c’è un aspetto molto inquietante che riguarda la qualità dei post. La maggior parte di essi (74%) riguarda il potere ebraico sulla finanza: insomma, accusano gli ebrei come singoli o collettività o come Israele (l’antisemita non fa distinzioni) di avere avuto un ruolo anche nello sfruttamento del Covid 19.
George Soros è citato come il grande vecchio della politica mondiale secondo il più classico degli stereotipi. Il 9% dirige invece l’odio e la demonizzazione espressamente verso lo stato di Israele, collegato alla pandemia e alla diffusione del virus. Sono risultati invece minoritari — in questo caso — i tweet legati alle forme di odio antisemita come il neonazismo e negazionismo della Shoah o l’antigiudaismo tradizionale. Siamo di fronte all’ennesima metamorfosi dell’antisemitismo. Nel periodo della pandemia prevale la versione che vede Israele o in generale gli ebrei sfruttare intenzionalmente il virus per motivi politici o economici. Questo almeno in parte coincide con The Oxford Coronavirus Explanations, Attitudes and Narratives Survey secondo cui il 20% degli inglesi crede che il virus sia stato creato dagli ebrei per sfruttamento economico (il 45% pensa che sia un’arma biologica creata dalla Cina per distruggere l’Occidente). Potremmo ipotizzare di essere di fronte a un “antisemitismo opportunistico” che riemerge nei periodi di crisi e usa il cospirativismo per attaccare le élite. Sarà fondamentale andare più a fondo di queste mutazioni. Il Gruppo di lavoro sulla definizione di antisemitismo dell’Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance) creato presso la Presidenza del Consiglio, che raccoglie esperti e rappresentanti delle istituzioni, sta lavorando per trovare i modi in cui applicare alla situazione italiana categorie più approfondite per leggere l’odio e contrastarlo. Ma la battaglia contro l’hate speech online, su cui il Parlamento dovrà pronunciarsi, è appena cominciata.
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