IC7 - Il commento di Astrit Sukni
Dal 13 al 18 luglio 2020
Le proteste globali e i social
In Iran la pena di morte viene applicata regolarmente quando si tratta di dissenso nei confronti del regime e quando si tratta di omosessuali o presunti tali. Non è la prima volta che l’Iran condanna a morte dei giovani ragazzi. Questa volta, Amirhossein Moradi, Mohammad Rajabi e Saeed Tamjidi sono salvi: il boia ha sospeso la pena di morte. Erano stati accusati di avere partecipato alle rivolte del novembre scorso ma non c’è stato un giusto processo, sono stati condannati senza avere la possibilità di verificare le carte processuali. I regimi dittatoriali sono fatti così: niente processo, nel senso che i capi d’accusa vengono inventati al momento. I tre giovani si sono salvati perché i social sono scesi in “piazza” per protestare contro la condanna a morte. Il potere dei social ha fermato il boia. Però il potere dei social non riesce ancora ad abbattere gli ayatollah che da 41 anni tengono in pugno la società iraniana che, quando cerca di respirare un po’ di libertà, viene repressa con la forza. Manifestanti arrestati e nella peggiore delle ipotesi condannati a morte. Pensate se questo potere della “piazza virtuale” quali sono i social riuscisse ad influenzare le dittature come quella cinese, russa, dei Paesi islamici eccetera: il mondo sarebbe un posto migliore. I social sono gratis, non costano nulla, perché non usare questo potere in difesa di Hong Kong, dove il regime comunista cinese ha spento ogni forma di libertà e dove protestare è un reato punibile con il carcere? Perché non usare i social in difesa del Tibet e in difesa degli uiguri, che regolarmente vengono repressi dalla dittatura cinese? Perché non usare i social per condannare le mutilazioni genitali delle donne nei paesi africani, dove per colpa di questa usanza molte ragazzine muoiono dissanguate e umiliate da quello che è di fatto un rito macabro? Se solo le femministe non usassero i social per lanciare hashtag come #metoo, ma si adoperassero per denunciare le vere ingiustizie, forse qualcosa cambierebbe in meglio. Perché non usare i social per chiedere democrazia per il popolo russo, in un Paese in cui Putin si è proclamato presidente a vita grazie a delle leggi ad hoc? Perché non usare i social per chiedere al sultano Erdoğan di non trasformare Santa Sofia in una moschea in modo da poterla visitare ancora in futuro?
Tutte queste energie utili e buone vengono usate male. Vengono usate per demonizzare le democrazie, un po' come sta succedendo contro gli Stati Uniti con la vicenda di Black Lives Matter, oppure come succede costantemente con le condanne contro Israele. In una democrazia ognuno è libero di scegliere contro chi e al fianco di chi protestare, ma sarebbe ancora più utile se gli occidentali usassero meno ipocrisia quando si tratta di distinguere le democrazie dalle dittature, perché protestare comodamente dalla poltrona di casa negli Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Israele eccetera non ti porta in galera e nessuno ti condanna a morte. Protestare per chi questi diritti non li ha forse renderebbe il mondo migliore.
Astrit Sukni - IC redazione