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La Repubblica Rassegna Stampa
13.07.2020 In Israele la sfida delle donne soldato per le unità d’élite
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 13 luglio 2020
Pagina: 15
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «In Israele la sfida delle donne soldato per le unità d’élite»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/07/2020 con il titolo "In Israele la sfida delle donne soldato per le unità d’élite", il commento di Sharon Nizza.

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Sharon Nizza

«Forse il giorno in cui un uomo sarà in grado di lavorare a maglia dei calzini, una donna diventerà pilota». Con questa frase, racconta oggi Alice Miller, l’allora presidente dello Stato Ezer Weizman liquidò nel 1994 la sua battaglia per l’arruolamento delle donne nell’aviazione militare. Non è noto quanti uomini abbiano imparato a lavorare a maglia, ma Miller vinse il suo ricorso alla Corte Suprema, facendo da apripista per l’arruolamento delle donne come combattenti non solo nell’aviazione, ma anche nella marina, artiglieria e unità corazzate. Nei mesi scorsi, quattro diciottenni in procinto di arruolarsi si sono rese protagoniste di un passo ancora più azzardato: provare ad accedere alle unità combattenti di élite. Quelle in cui il processo di selezione è un’impresa di per sé, come la leggendaria Sayeret Matkal, “l’Unità” per antonomasia, con competenze di intelligence anche in territorio ostile, famosa per la liberazione degli ostaggi nel dirottamento della Sabena e nell’Operazione Entebbe.

Sayeret Matkal l'unità d'elite dello Stato Maggiore Congiunto di ...
Effettivi dell'unità Sayeret Matkal in azione

Gali, Mika, Omer e Mor non si conoscevano. Ognuna era convinta di presentarsi alle selezioni rispettivamente dei corpi paracadutisti, Sayeret Matkal, Shayetet-13 e Duvdevan. Salvo apprendere che alle donne sono ancora preclusi. Non si sono date per vinte e si sono appellate alla Corte per richiedere che l’accesso a queste unità, come già stabilito dalla legge per le altre, venga valutato non a seconda del genere, ma sulla base delle capacità del singolo individuo. «Sono sempre stata attratta dagli sport estremi, sono cresciuta giocando a calcio con i ragazzi», ci racconta Mor. «Questo non significa che abbia rinunciato alla mia femminilità: la mia collezione di barbie era imbattibile e oggi di certo non rinuncio ai tacchi». Per loro è innanzitutto una questione di pari opportunità: non chiedono nessuno sconto nelle selezioni né nell’addestramento: vogliono essere esaminate per le loro competenze «che non sono solo fisiche, anche se siamo perfettamente in grado di competere con i maschi, ma si tratta anche di capacità mentali, intraprendenza, resilienza, nervi saldi». Omer cita Hannah Szenes, l’eroina dell’Haganà che, come Enzo Sereni, si arruolò volontaria nell’esercito britannico, si fece paracadutare nel 1944 in territorio nemico jugoslavo, e fu poi catturata e uccisa dai nazisti. Mor vorrebbe entrare nell’unità Duvdevan, che in ebraico significa “ciliegia”. A dispetto del nome grazioso si tratta dell’unità dei “mistaaravim”, soldati che sanno l’arabo perfettamente e operano infiltrandosi tra i palestinesi. L’unità è al centro della popolare serie tv Fauda , ma a differenza della fiction, dove fa parte del team di infiltrati anche l’impavida Nurit, nella realtà sono solo uomini, che all’occasione si travestono anche da donne. Nel ricorso le ragazze possono contare su un endorsement importante: uno degli ex comandanti dell’“Unità” ha fornito un parere per cui «rinunciare a una percentuale così significativa della popolazione è un errore. La diversità di genere implica un’apertura mentale che potenzia il processo di analisi e risoluzione dei problemi ». Non mancano le voci contrarie. Determinante sarà la risposta del Capo di Stato Maggiore prevista a breve.

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