Roosevelt e gli ebrei
Analisi di Giuliana Iurlano
Franklin D. Roosevelt
Franklin D. Roosevelt non ebbe mai in grande simpatia gli ebrei. Era una tradizione di famiglia ed egli stesso, come presidente degli Stati Uniti, trasferì questa antipatia in alcuni atti significativi relativamente alla questione ebraica negli anni della guerra. Eppure, Roosevelt ebbe tra i suoi più stretti collaboratori delle personalità ebraiche di spicco. Innanzitutto, Henry Morgenthau come ministro del Tesoro, poi personaggi al di fuori del suo gabinetto, ma che consultava frequentemente: Louis D. Brandeis, Felix Frankfurter e soprattutto il rabbino Stephen S. Wise. Ma l’aspetto più importante era il sostegno massiccio dell’elettorato ebraico di cui godette a ogni svolta elettorale. Nonostante quest’ultima evidenza, Roosevelt e i suoi familiari (eccetto la moglie Eleanor) ebbero sempre un atteggiamento verso gli ebrei che sfiorava l’antisemitismo. È questo il tema centrale del libro di Rafael Medoff, The Jews Should Keep Quiet: Franklin D. Roosevelt, Rabbi Stephen S. Wise, and the Holocaust (Philadelphia, Jewish Publication Society, 2019), che propone un’analisi degli atteggiamenti pubblici, ma anche privati, di natura anti-ebraica, del presidente americano.
Henry Morgenthau
Ma ciò che sorprende nel libro di Medoff è l’accostamento del rabbino Stephen Wise all’azione di Roosevelt, nel senso che Wise mai ebbe a contestare apertamente l’assenza di iniziativa di Roosevelt a favore degli ebrei durante gli anni della Shoah. Questo tema di grande importanza nella storia dei quattro mandati presidenziali di FDR era già stato oggetto di profonda critica nel famoso libro di Walter Laqueur, Il terribile segreto. La congiura del silenzio sulla “soluzione finale” (Firenze, Giuntina, 1983), in cui il grande storico analizzava l’inazione di chi poteva invece intervenire nella vicenda dello sterminio, come la Croce Rossa e, appunto, Roosevelt. Medoff ci presenta un’analogia con la situazione dei giapponesi che vivevano in America, che, al pari degli ebrei, non godevano delle simpatie di Roosevelt, il quale ne decise l’internamento in campi di raccolta, soprattutto lungo le coste del Pacifico. Nel caso degli ebrei, scrive Medoff, il presidente riteneva giustificate le proteste degli americani nelle situazioni urbane in cui gli ebrei erano massicciamente presenti. Nel 1945, durante la Conferenza di Yalta, scrive Medoff, vi fu questo scambio di battute fra Roosevelt e Stalin: “Quando FDR riferì a Stalin che avrebbe presto incontrato il capo saudita Ibn Saud, Stalin gli chiese se egli avesse intenzione di fare qualche concessione al re. ‘Il presidente replicò’, secondo la trascrizione della conversazione, che ‘una soltanto era la concessione che intendeva fare, dargli i sei milioni di ebrei che vivevano in America’”. Dopo l’incontro con il re saudita, Charles Bohlen, consigliere di Roosevelt e poi ambasciatore americano in Unione Sovietica ai tempi di Eisenhower, disse al presidente americano: “Se tu fai andare qualche ebreo in Palestina, il re andrebbe lì in Palestina e li farebbe fuori”. Al che “Roosevelt scoppiò in una risata”, scrive Medoff, citando il rapporto.
L’aspetto più inquietante della vicenda fu che la conversazione tra Bohlen e Roosevelt ebbe luogo quando ambedue erano al corrente dello sterminio degli ebrei che avveniva in Europa. Lo era anche Wise, scrive Medoff: “Il rabbino Stephen S. Wise era la figura pubblica maggiormente in grado di sollecitare l’ebraismo americano a occuparsi della crisi dell’ebraismo tedesco durante il nazismo”. Ma non fece nulla. La sudditanza di Wise nei confronti di Roosevelt aveva dell’incredibile, per non parlare dei più stretti collaboratori del presidente, che, dopo la sua morte, tentarono di condizionare in modo stringente le posizioni di Truman sulla vicenda della spartizione e, poi, del riconoscimento di Israele. Nel 1939, il senatore Robert Wagner e il deputato Edith Rogers presentarono una legge che consentiva l’ingresso nel paese di 20.000 bambini ebrei tedeschi. Benché tale legge fosse sostenuta da un gran numero di personalità e organizzazioni, Roosevelt diede ascolto alle posizioni antisemite di diverse associazioni e individui, tra cui una sua cugina antisemita, Laura Delano Roosevelt, la quale affermò che “20.000 deliziosi bambini sarebbero tutti cresciuti fino a divenire 20.000 brutti adulti”. La proposta di legge si arenò, senza che Wise dicesse una parola in difesa del provvedimento, di fatto imponendo alla comunità ebraica americana di non ostacolare i piani di Roosevelt. Solo dopo la morte del presidente, Wise si avvicinò alle posizioni di Truman, ma era troppo tardi: lo sterminio era già avvenuto, senza che gli Stati Uniti di FDR avessero fatto nulla per evitarlo. Gli ebrei americani s’erano mantenuti “quiet”, come nel titolo del libro di Medoff, ma sei milioni di ebrei europei furono resi “quiet” per sempre.
Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta