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La Stampa Rassegna Stampa
07.07.2020 L'Iran lancia la guerra degli hacker
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 07 luglio 2020
Pagina: 18
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Hacker, sabotaggi e satelliti spia. È cyber-guerra tra Israele e Iran»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/07/2020, a pag.18, con il titolo "Hacker, sabotaggi e satelliti spia. È cyber-guerra tra Israele e Iran", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Hacker iraniani, 200 aziende strategiche attaccate. Anche in Italia.

È una guerra senza missili o cacciabombardieri, ma può fare altrettanto male e mettere in ginocchio un intero Paese. «Un inverno cibernetico». È la guerra condotta senza esclusioni di colpi da Iran e Israele. Ha il vantaggio di non essere dichiarata ma rischia di essere il preludio di un conflitto aperto. In campo ci sono le unità cibernetiche dei due principali rivali in Medio Oriente. Hacker di Stato, che però non puntano tanto a raccogliere informazioni o a disseminare fake news. L'obiettivo sono le infrastrutture vitali. La sfida dura da decenni e ha subito un'accelerazione paurosa negli ultimi mesi. Tutto comincia con un'anomalia a una stazione di pompaggio in Israele. Siamo alla metà di marzo. I flussi cambiano di intensità di colpo e impediscono la normale miscela con il cloro. Mezzo Paese rischia di trovarsi senz'acqua potabile, un disastro tanto più serio nel pieno della pandemia di coronavirus. I Servizi fiutano qualcosa e allertano il reparto di cyber war. L'intervento è immediato e i computer che regolano la stazione vengono «ripuliti» e riportati alla normalità. Per un mese e mezzo lo Stato ebraico non dice nulla sull'attacco. I sospetti sono tutti sull'Iran. La guerra ibrida è salita di un altro gradino. Da anni Teheran arma le milizie sciite nella regione, colpisce gli alleati degli Stati Uniti e di Israele con razzi, droni suicidi, missili sofisticati come nel caso dell'attacco agli impianti petroliferi sauditi del 14 settembre 2019.

Senza mai rivendicare. Lo stesso fa Israele, con centinaia di raid in Siria, e anche in Iraq, contro le milizie addestrate dai Pasdaran, mai ammessi apertamente. Adesso però a essere messa in pericolo è la popolazione israeliana e la risposta non può che essere dello stesso tenore. Una campagna martellante, affidata all'Unità 8200, gli hacker d'élite israeliani, la bestia nera dei Pasdaran. Il primo assaggio è il 26 giugno, quando un'esplosione in un contenitore di gas investe l'impianto missilistico a Khojar. È una fabbrica dove, secondo il Mossad, vengono prodotte componenti sofisticate, esportate poi anche in Siria e Libano. Sei giorni dopo, giovedì 2 luglio, arriva l'attacco più importante, nel sala di assemblaggio delle centrifughe del sito per l'arricchimento dell'uranio a Natanz. Una deflagrazione devastante. Le foto mostrano una parete dell'edificio, vicino al perimetro esterno del complesso, sventrata, il tetto collassato. Questa volta le autorità non possono parlare di una «fuga di gas». E ammettono di essere sotto attacco. Il capo delle Forze di difesa popolare, Gholamreza Jalal, specifica che la causa dell'incidente è stata «identificata» e minaccia rappresaglie: «Rispondere ad attacchi cibernetici è uno dei nostri compiti. Lo faremo». Non nomina Israele ma fonti anonime dei Pasdaran fanno trapelare che agenti «stranieri» sarebbero riusciti a infiltrarsi nel sistema di controllo del complesso. Ma non è finita, perché il 4 luglio altre due esplosioni sospette danneggiano la centrale elettrica di Zargan e il l'impianto petrolchimico di Karoun. L'offensiva è a tutto campo e l'obiettivo sembra quello di indebolire l'intera struttura industriale della Repubblica islamica.

La leadership iraniana doveva aspettarselo. Se ha azzardato tanto è perché si sente sotto assedio, tradita dall'uscita dell'America di Donald Trump dal Trattato sul nucleare firmato nel 2015. Una coltellata alla schiena, seguita da sanzioni senza precedenti, «terrorismo economico», come l'ha definito il ministro degli Esteri Javad Zarif, intervistato ieri al Med Dialogue dell'Ispi, quest'anno in teleconferenza per via del coronavirus. L'esponente dell'ala pragmatica del regime è stato uno degli architetti dell'intesa e di fronte alla «massima pressione» ordinata da Trump ha ribadito che «i popoli non si piegano con la fame, non cambiano». Zarif, come il presidente Hassan Rohani, vuole restare ancora nel Trattato, ma l'ala oltranzista intende usare tutti i mezzi per rompere l'assedio. Compresa la cyber war. Il 7 maggio i Pasdaran hanno messo a segno un altro colpo, con il lancio in orbita del loro primo satellite militare di spionaggio, il «Nour». C'è da credere che ha gli occhi già puntati su Israele e anche questo ha spinto lo Stato ebraico a reagire Il colpo è arrivato al cuore del programma nucleare iraniano. Dopo il ritiro degli Usa dal Trattato, Teheran ha accelerato la produzione di uranio arricchito e ha superato i limiti accettati nel 2015. Per Israele si tratta di una minaccia intollerabile e il premier Benjamin Netanyahu ha ripetuto più volte che è pronto a colpire. Adesso il blitz a Natanz, già messo in ginocchio nel 2010 con il virus Stuxnet, ha fatto danni seri e potrebbe bloccare «la produzione di nuove centrifughe», come hanno ammesso ieri ufficiali dei Pasdaran.

Gli esperti israeliani stimano in «un anno» il ritardo inflitto al programma nucleare. Sempre ieri il ministro della Difesa Beny Gantz ha puntualizzato che «non tutti gli eventi che filtrano dall'Iran sono da attribuire per forza a noi». Una mezza ammissione. Gantz assisteva alla messa in orbita di «Ofek», un satellite spia lanciato dal deserto del Negev. «Un risultato straordinario» ha ribadito. Ma il rischio resta quello di ulteriori rappresaglie iraniane. Per Sima Shine, a capo del programma dell'Iran all'Insitute for National Security Studies, la leadership iraniana è in questo momento «sotto pressione» sul se e sul come reagire. «Difficile immaginare» che non ci sarà alcuna reazione ma più complicato anticipare il tipo risposta. Che faranno? «Un'escalation militare non è auspicabile per nessuno, ma un attacco cyber potrebbe fallire, come già accaduto in precedenza». Il riferimento è al tentativo di sabotaggio della rete idrica. Da non sottovalutare perché, come ha rivelato il capo delle unità cibernetiche israeliane, Yigal Unna: «Se i cattivi ce l'avessero fatta, ci saremmo ritrovati senz'acqua, o forse anche peggio». Lo stesso Unna ha lanciato un avvertimento agli iraniani: «Le cose cambiano a una velocità folle. L'inverno cibernetico sta arrivando». Per loro, s'intende.

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