Due pesi due misure. Il diritto internazionale e Israele
David Elber
Salomone Belforte editore
Euro 16,00
“C’è qualcuno convinto che chi ci attacca sia motivato dalle cose sbagliate che facciamo. Hanno torto. Ci attaccano per le cose buone che facciamo. Perché siamo una democrazia….E le dittature cercheranno qualsiasi occasione per distruggere la cosa che le minaccia di più, cioè la democrazia”
(dal discorso pronunciato da D.P. Moynihan scritto con il contributo di N. Podhoretz, in occasione della risoluzione Onu approvata dall’Assemblea Generale il 10 novembre 1975 che equiparava il sionismo a una forma di razzismo)
Quante volte abbiamo sentito la stampa internazionale, le organizzazioni non governative, le diplomazie di grandi nazioni e l’Onu stessa paragonare il sionismo all’imperialismo o al razzismo, accusare Israele di colonialismo, di occupare territori illegalmente e di crimini di guerra? Benchè Israele sia un modello positivo di convivenza civile che propone un modo di vita insieme laico e carico di valori, fondato sulla pace e sul progresso, alieno per sua natura dalla violenza è da sempre oggetto di una propaganda pervasiva di delegittimazione che non coinvolge altri paesi come l’Iran, la Corea del Nord dove invece vengono violati sistematicamente i più elementari diritti umani. Quando si parla di Israele, in qualsiasi consesso, si applica il doppio standard “due pesi due misure” ed è l’unico stato, fra quelli sorti nel Novecento, reputato dai suoi nemici e detrattori indegno di esistere. Perché?
A questa domanda cerca di rispondere David Elber, laureato in Storia moderna e ricercatore sui temi dell’antisemitismo e della storia di Israele e del Medio Oriente, in un saggio imperdibile dal titolo “Due pesi, due misure. Il diritto internazionale e Israele” pubblicato nella prestigiosa collana “Strumenti” della casa editrice Salomone Belforte pensata proprio per offrire al pubblico una serie di testi e documenti che propongono varie prospettive storiche e culturali al fine di capire meglio alcuni dei presupposti dai quali sia l’antisemitismo sia l’antisionismo traggono linfa. Con metodo storico rigoroso e un registro linguistico divulgativo David Elber si addentra in una analisi accurata dei principali passaggi di diritto internazionale che concernono Israele e, partendo dalle sue radici giuridiche, sviluppate a partire dal 1920 per arrivare alla Risoluzione n. 2334 del 2016 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu con cui si è cercato di delegittimare il diritto dello stato di Israele su parte della sua terra, offre al lettore gli strumenti per capire la lotta messa in campo dai detrattori di Israele a livello giuridico, mediatico e politico per distorcere il concetto di diritto internazionale al solo scopo di delegittimare lo Stato ebraico. Strutturato in quattro capitoli il saggio di Elber esamina come si sono formati i confini internazionali degli Stati, in particolar modo quelli sorti dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale per poi iniziare la disamina sul diritto internazionale e lo Stato di Israele evidenziando, attraverso lo studio dei testi, come fin dal 1922 con il Mandato britannico per la Palestina, si legalizzava la creazione di una nazione per il popolo ebraico. Inoltre nel preambolo dello statuto del Mandato britannico di Palestina c’è un chiaro riferimento alla connessione storica tra il popolo ebraico e la sua terra, legame che nel corso dei secoli non si è mai interrotto. In questo assunto risiede la ragione del diritto del popolo ebraico alla terra di Israele e non come vorrebbero gli odiatori di Israele una sorta di riparazione agli orrori della Shoah.
Considerato poi che le disposizioni giuridiche contenute nel Mandato britannico non sono mai state abrogate, Israele conserva il diritto ai territori che comprendono anche la Cisgiordania in cui si trovano gli insediamenti ebraici. Molto interessante è la parte che analizza la nascita dell’Onu e i compiti dei due organi più importanti, l’Assemblea generale e il Consiglio di Sicurezza (l’unico a poter promulgare risoluzioni vincolanti che diventano a tutti gli effetti norme del diritto) e l’impatto che alcune di queste risoluzioni hanno avuto per lo Stato d’Israele, una fra le tante la n. 181 che ancora oggi è usata a pretesto da molti Paesi per non riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele. Con l’ausilio di cartine e di testi originali l’autore ripercorre la Guerra dei Sei Giorni del 1967, una guerra difensiva per Israele come fu riconosciuto dalla comunità internazionale con la Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza approvata solo cinque mesi dopo. Elber ci spiega le motivazioni che stanno alla base di questo ritardo senza eludere la grande operazione di disinformazione/mistificazione che si è tessuta dal 1967 ad oggi in merito ai “rifugiati” e “ai territori occupati”. Senza dimenticare altresì i pretesti giuridici messi in campo dalle diplomazie internazionali per presentare Israele come colpevole di violazioni di diritti umani, in cui si citano ripetutamente e a torto, “l’occupazione dei territori arabi o palestinesi e la creazione di insediamenti illegali nei suddetti territori”. Va ricordato che “l’uso ripetuto del termine territori occupati serve a creare un contesto politico in cui l’adozione da parte palestinese di violenza e terrorismo sia giustificata, in quanto la “resistenza” contro un’occupazione non può essere classificata come terrorismo.
Una manovra retorica e linguistica per giustificare la campagna terroristica contro Israele” (F. Nirenstein, 2007) Un discorso a parte merita l’Appendice del libro, uno strumento prezioso per studiare i testi in originale citati nel corso del volume e approfondire alcuni documenti attraverso la lettura di siti specifici. Conclude il saggio una cospicua bibliografia che spazia da saggi di storici e giornalisti italiani a quelli di autori stranieri ed è arricchita da articoli e pubblicazioni di diritto internazionale. “Due pesi, due misure” è un lavoro accurato, di puntuale adesione ai fatti storici ed essenziale per chi, interessato alle vicende del Medio Oriente, vuole andare oltre le cronache giornalistiche, spesso faziose, per disporre di una solida base di conoscenza degli eventi storici e legali, necessaria per abbandonare una strada costellata di falsità e pregiudizi. Mi permetto di consigliare questo interessante volume ai docenti delle scuole italiane perché forniscano ai propri studenti le basi storiche per capire la complessità della questione mediorientale aiutandoli nel contempo a discernere, con una lettura critica di testi e documenti, la verità dalla menzogna, il pregiudizio dalla critica onesta.
Giorgia Greco