Donald Trump: 'Il nemico è il fascismo di sinistra' Commento di Federico Rampini
Testata: La Repubblica Data: 05 luglio 2020 Pagina: 10 Autore: Federico Rampini Titolo: «Il 4 Luglio di Trump divide gli Usa: 'Il nemico è il fascismo di sinistra'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/07/2020, a pag.10, con il titolo "Il 4 Luglio di Trump divide gli Usa: 'Il nemico è il fascismo di sinistra' ", il commento di Federico Rampini.
Federico Rampini
Donald Trump
Il Discorso della Montagna di Donald Trump segna una svolta nella campagna elettorale. Il nemico è "il fascismo di sinistra", una "rivoluzione culturale" che vuole cancellare la memoria storica dell’America, demonizzare il passato, ribaltare i principi della nazione. Scompaiono dall’orizzonte il coronavirus e la crisi economica. La vera posta in gioco è l’anima della nazione, l’identità collettiva. A quattro mesi dall’elezione presidenziale, Trump imposta una campagna d’opposizione centrata sui valori: riprendiamoci l’America. La sua Montagna, è il celebre Mount Rushmore nel South Dakota dove sono scolpite le figure di quattro padri della patria, i presidenti George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt: tutti in vario modo sotto accusa in quest’epoca di revisionismo storico, attacchi alle statue, critica del passato, promossa dalle proteste contro il razzismo, in particolare dopo la morte di George Floyd. Trump usa la sua visita al monte-monumento per rilanciare un tema che aveva già usato a proposito delle statue demolite o vandalizzate: io sono il presidente degli americani fieri della propria patria e della sua storia. «Il caos violento – dice Trump – che abbiamo visto nelle strade di città governate dalla sinistra, è il risultato di anni d’indottrinamento fanatico e di pregiudizi nella scuola, nel giornalismo, in altre istituzioni culturali. Ai nostri figli insegnano a odiare il proprio paese, attaccano la memoria di Washington, Jefferson, Lincoln e Roosevelt». Il presidente elenca i pilastri della "sua" America: i principi della civiltà giudeo-cristiana; il valore della famiglia; il diritto- dovere di proteggere i propri confini; la sicurezza e l’ordine. «Questo è ciò che siamo, è in questo che noi crediamo. Il nuovo fascismo di estrema sinistra attacca le statue per cancellare la storia americana. Non ci lasceremo tirannizzare, umiliare, o intimidire da questa cattiva gente». Il Discorso della Montagna riesuma toni di quello che segnò l’esordio della presidenza: nell’Inauguration Day, gennaio 2017, Trump usò la parola "carnage", carneficina, proponendo una ricostruzione del passato recente all’insegna dell’orrore, la distruzione economica, lo smantellamento industriale, la perdita di posti di lavoro, il declino della middle class. A Mount Rushmore l’accento cupo si è spostato dall’economia al terreno dei valori, dell’identità nazionale, e dell’ordine pubblico. Il collegamento tra i due discorsi è lo zoccolo etnico a cui Trump si rivolge: l’America prevalentemente bianca e cristiana che si sente assediata da tutti gli altri, immigrati, minoranze etniche e sessuali, ciascuna con rivendicazioni che la sinistra abbraccia. L’America a cui parla Trump si è sentita declassata economicamente (i colletti blu del Midwest) e attaccata nel proprio patrimonio storico, da chi incendia la bandiera a stelle e strisce nelle manifestazioni, o trasforma la storia patria in una lunga scia di crimini e di criminali da processare. Con il Discorso della Montagna, ancora una volta Trump rinuncia a qualsiasi tentativo di unificare una nazione lacerata. Non ci sono gesti di riconciliazione, ramoscelli d’ulivo offerti all’altra metà del Paese. Negli ultimi quattro mesi di una campagna elettorale divenuta ancora più in salita per lui, Trump parte con handicap enormi: viene accusato di avere gestito in modo disastroso la pandemia, l’economia è disastrata dagli effetti dei lockdown, la disoccupazione è esplosa. La sua scommessa è di ripetere il 2016, ricompattare una base minoritaria ma disciplinata, rifare l’exploit che gli conquistò una maggioranza dei collegi elettorali pur con una minoranza di voti. Brad Parscale, capo della sua campagna elettorale, ammonisce a non darlo per defunto: ricorda che George W. Bush si trovava altrettanto in basso nei sondaggi nell’estate 2004, poi vinse contro John Kerry. E la "rivoluzione culturale" crea qualche problema anche a Joe Biden, come si vede nell’esitazione a scegliersi una candidata vicepresidente: l’ex numero due di Barack Obama tenta di resistere alle pressioni da sinistra che vorrebbero imporgli una figura molto radicale. A fine giornata Trump annuncia un decreto per creare un "parco degli eroi" con le statue dei «giganti del passato», ma dalla lista esclude Jfk.
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