Contro il 'Piano del secolo', Hamas vuole la guerra Commento di Sharon Nizza
Testata: La Repubblica Data: 29 giugno 2020 Pagina: 1 Autore: Sharon Nizza Titolo: «I palestinesi contro il piano di Netanyahu sull'annessione degli insediamenti: Hamas minaccia la guerra»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 29/06/2019, con il titolo "I palestinesi contro il piano di Netanyahu sull'annessione degli insediamenti: Hamas minaccia la guerra", il commento di Sharon Nizza.
Sharon Nizza
Benjamin Netanyahu
Nella settimana che potrebbe portare allo stravolgimento dei già labili equilibri dell'area, nulla ancora si muove rispetto alla possibile annessione di alcune aree della Cisgiordania annunciata da Netanyahu in campagna elettorale. Il premier israeliano si trova davanti all'opposizione di più fronti, sia interni che esterni, con le minacce di deterioramento dei rapporti da parte della comunità internazionale e anche del mondo arabo sunnita, la cui strategica comunanza di intenti con Israele è sempre più alla luce del sole. In assenza di dichiarazioni ufficiali, i commentatori tendono a puntare sul fatto che Netanyahu porterà avanti un'annessione simbolica: estenderà unilateralmente la legge israeliana su alcuni blocchi di insediamenti, ma non sulla Valle del Giordano. Questo pare fosse il contenuto del messaggio inviato da Netanyahu al Re Abdallah di Giordania, recapitato la settimana scorsa dal Capo del Mossad Yossi Cohen. Sul fronte palestinese, il presidente Abu Mazen ha rigettato il "Piano del secolo" di Trump sin dalla sua pubblicazione a gennaio e già il 19 maggio ha annunciato che se Israele dovesse procedere con mosse unilaterali, dissolverà l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp). "Non credo che ci saranno reali conseguenze materiali rispetto a questa dichiarazione", ci dice Khaled Abu Toameh, analista delle questioni palestinesi per il Jerusalem Post. "E' una minaccia che aveva fatto sentire già più volte in passato, in particolare rispetto allo spostamento dell'Ambasciata americana a Gerusalemme. Peraltro dissolvere l'Anp significherebbe cancellare la sua stessa posizione di presidente. Io credo che la minaccia sia rivolta più alla popolazione israeliana: badate che dovrete poi mandare i vostri figli a Ramallah, Jenin, Hebron per garantire la sicurezza, com'era prima del 1993, e questa è una prospettiva che in Israele non vogliono nemmeno immaginare. Per questo a oggi ci sono state più proteste in Israele che nelle piazze palestinesi". La settimana scorsa si è tenuta una manifestazione ufficiale a Gerico organizzata da Jibril Rajoub, già a capo del servizio di sicurezza preventiva e oggi incaricato dal presidente Abu Mazen di coordinare l'opposizione palestinese all'annessione. Hanno preso la parola personaggi pubblici di rilievo, rappresentanti dell'Onu, dell'Ue, ambasciatore russo e cinese - due alleati con cui Abu Mazen ha rafforzato le relazioni da quando ha interrotto il dialogo con l'Amministrazione Trump. Ma la folla palestinese non è accorsa in massa. Hussam Khader, già parlamentare ed esponente di Fatah oggi molto critico dell'establishment, racconta che c'è un enorme divario tra il popolo palestinese e la leadership: "Per me non c'è differenza tra corruzione e occupazione, sono due facce della stessa medaglia. C'è una sfiducia totale nelle strade palestinesi rispetto a questa cricca che si è venduta i nostri interessi per soldi e privilegi. La prossima Intifada sarà anche contro di loro".
Donald Trump, Abu Mazen
Anche Hafez Barghouti, già direttore del quotidiano ufficiale dell'Anp Al-Hayat al-Jadida prevede "un'estate calda. La destra israeliana si sogna il collasso dell'Autorità Nazionale Palestinese per fare piazza pulita delle terre palestinesi, ma ci sarà una risposta da parte della popolazione palestinese alle azioni di Israele". Sul fronte di Gaza, Hamas ha dichiarato che se Israele dovesse portare avanti i suoi piani di annessione "sarà una dichiarazione di guerra". E venerdì la Jihad Islamica ha lanciato dei razzi verso Israele, che non hanno fatto danni, ma provocato la risposta dell'aviazione israeliana che ha colpito due strutture militari di Hamas nella Striscia. Uno dei fattori che potrebbe contribuire notevolmente alla ripresa delle violenze con Hamas è se il Qatar dovesse dare seguito alla minaccia di pochi giorni fa di sospendere gli aiuti alla Striscia di Gaza - circa 50 milioni di dollari portati in contanti ogni mese, in concertazione con Israele. Una mossa che il Qatar vuole utilizzare per spingere Israele a ripensare l'annessione e che potrebbe avere un impatto disastroso sulla Striscia di Gaza. Per ora gli aiuti continuano e l'inviato qatariota è in arrivo nella Striscia per distribuire fondi a circa 100.000 famiglie.
Abu Toameh è scettico circa una reazione violenta palestinese: "Sono 37 anni che giro nei Territori e non si respira l'aria di una terza intifada. Se Netanyhau si limiterà all'applicazione della legge israeliana solo su alcuni blocchi di insediamenti come Maalè Adumim, Gush Etzion o Ariel, che già in tutti gli accordi passati rimanevano sotto giurisdizione israeliana, non si tratterà di un fattore che impatterà in nessuna maniera la quotidianità dei palestinesi che vivono nell'area. Non è un argomento fondamentale come ciò che riguarda la Moschea di Al Aqsa, quello sì capace di mobilitare le folle". Nelle aree C dei Territori, dove si trovano tutti gli insediamenti israeliani, vivono circa 100.000 palestinesi e tra questi c'è anche chi sarebbe contento di ottenere la carta di identità israeliana - come avvenne quando Israele inglobò nel 1967 Gerusalemme Est e nel 1981 le Alture del Golan. In un recente reportage del Channel 13 israeliano, il giornalista Zvi Yehezkeli ha girato per alcuni villaggi palestinesi con una camera nascosta e testato le reazioni della gente locale. Molti tra gli intervistati, che già lavorano in Israele o negli insediamenti e ricevono uno stipendio più alto, non disdegnerebbero di poter godere dei diritti sociali e della pensione israeliani, anche se, come fanno notare alcuni, "significherebbe anche pagare tasse ben più alte". La questione dello status dei palestinesi che vivono nelle Aree C, ovvero se garantire loro residenza o cittadinanza, è un dibattito che va avanti ormai da anni. Fu sollevato anche da un articolo dello scrittore A.B. Yehoshua nel 2016 sulle pagine del quotidiano Haaretz, in cui proponeva di dare la residenza ai 100.000 palestinesi dei territori C "per equiparare la loro condizione a quella degli abitanti degli insediamenti e per ridurre il grado di malignità nell'occupazione israeliana". Questo, spiegava Yehoshua, non significa annessione, ma solo un modo di garantire una migliore qualità della vita ai palestinesi fintantoché i negoziati continuano a essere in stallo. Nell'impossibilità di fare sedere nuovamente israeliani e palestinesi intorno al tavolo delle trattative, questo potrebbe essere uno degli scenari più plausibili nel medio-lungo termine.
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