Riprendiamo da LIBERO di oggi, 20/06/2020, a pag. 1, con il titolo "L'uomo che visse da eroe per liberarci dai comunisti", l'editoriale di Vittorio Feltri.
Ricordiamo il gesto di Edgardo Sogno nel 1938, quando dopo l'emanazione delle leggi razziste contro gli ebrei andò in giro a Torino, nella centralissima via Po, con la stella di Davide sul petto. Un episodio che è doveroso ricordare, come, nella prefazione alla nuova edizione negli Oscar Mondadori,racconta Aldo Cazzullo, uno storico lontano da ogni ideologia. Edgardo Sogno, il partigiano che lottò per liberare l'Italia dal nazifascismo, pagò un prezzo altissimo il suo essere anti comunista, nei libri di storia è stato praticamente cancellato dagli storici a senso unico.
Ne consigliamo la lettura, nel ventesimo anniversario della morte.
Ecco l'articolo:
Vittorio Feltri
La copertina (Mondadori ed.)
Vent'anni dopo, torna negli Oscar Mondadori, con una nuova introduzione, il libro-intervista che Aldo Cazzullo confezionò con Edgardo Sogno: Testamento di un anticomunista. Dalla resistenza al golpe bianco (208 pagine, €13). Sono uscito da queste pagine con una certa commozione e con un rimpianto: non aver vissuto la vita di Sogno. Vent'anni dopo, ho pensato richiudendo il volumetto e appoggiandolo sul comodino, è il titolo di un romanzo molto triste di Alexandre Dumas. L'avventura dei moschettieri è finita, il sogno si è dissolto. Questo raccontò Dumas. Non sono mai riuscito a rileggerlo dopo l'adolescenza. Non perché il finale sia tragico, ma perché, con la disperazione folle di Porthos, tutto si dissolve, tutto è stato inutile, ti entra dentro l'idea che ogni avventura è polvere. Gli ideali si rivelano illusioni, infilati nella pattumiera della storia. Il conte Edgardo Sogno Rata del Vallino, della nobiltà sabauda di campagna, non ha nulla di meno dell'eroe risorgimentale, ma anche di quelli più antichi. Ufficiale di cavalleria, combattente in Spagna contro i comunisti, ferito allora due volte, poi comandante dei partigiani monarchici, medaglia d'oro, con dimostrazioni di audacia che durarono anche quando fece di tutto per costituire gruppi di partigiani anticomunisti in Ungheria nel 1956. La volontà inesorabile, fino a esporre sempre costantemente la sua vita e la sua reputazione, di impedire la caduta dell'amatissima Italia nella tirannide comunista. A qualsiasi costo. Persino quello di azioni temerarie, andando contro la legge, pur di difendere ciò per cui si sentiva nato: la gloria e il dovere. Non la bella azione e la bella morte degli esteti armati. Non gli importava l'avventura per l'avventura, così da poterla raccontare. Ma in vista di un Paese solido nella libertà, e visto che monarchico era ormai impossibile - lui che pure lo è sempre stato -, presidenzialista, alla maniera di De Gaulle.
IL CONTE DI MONTECRISTO Non riesco a sottrarmi alla suggestione di Dumas. Come i protagonisti di quei romanzi, compreso il Conte di Montecristo, ha avuto la stessa movimentata esistenza. Travestimenti, cambi di identità, denari dati e avuti, carcere e tortura. Detta così però non funziona. Non è questa la sua storia. C'è qualcosa di più profondo. Lui disse a Cazzullo, decidendo di offrirsi all'indagine di chi nel 1998 era un giornalista trentenne, che gli avrebbe consegnato con quelle conversazioni, che lui esigeva fossero contrastate, il suo testamento di anticomunista. C'è, senz'altro questo c'è. E però qualcosa di più. L' "anti" sparisce dinanzi al "pro". Pro che cosa? Pro-libertà, pro-eleganza, pro-belle-donne, pro-tutto. Ecco: pro-vita. Che vita ha vissuto e comunica ancora Sogno con queste pagine fresche come il pane, efficaci perché senza il condimento della retorica o del sentimento, com'era ed è proprio della qualità di scrittura di Cazzullo. Non esiste un'età in cui fermarsi perché vecchi, lasciando che la storia faccia il suo corso. Tutto ti travolge? Scegli di giocartela. C'è una paginetta minore in cui però c'è tutto questo. Sogno racconta di come gli capitò di "salvare la pelle" - lui dice proprio così - a Ferruccio Parri, il "Maurizio", azionista di sinistra, il vero capo della Resistenza. Sono in Svizzera dopo una missione fallita in Francia. Devono rientrare in Italia durante la notte di Natale passando tra le montagne. «Io gli volevo bene», dice Sogno. «Maurizio era stremato. A un tratto si lasciò cadere nella neve. Io avevo con me il pacchetto d'emergenza della Special Force britannica, quello che davano ai paracadutisti in azione in campo avversario. C'erano tre pillole: una, con un teschio disegnato sopra, dava la morte; la seconda procurava uno stato di morte apparente; la terza prolungava le energie vitali per sei ore. La diedi a Parri, che si rianimò». Scegliere la terza pillola. Le energie vitali. Questo si attinge dal libro. Il quale, dopo due decenni, ha acquistato la pienezza di un grande vino, non c'è più l'ebrezza della spuma polemica con cui lo si deglutì in fretta nell'anno 2000. Adesso, quello che resta dopo averlo riletto, oltre al sapore di un'avventura mai finita, è la coscienza che combattere per una causa che ci afferra per il bavero, anche se ti fa sbattere contro il muro dell'impossibile, dà gusto al vivere, e i nemici vincenti sono in realtà poveri fagotti vuoti. Vent'anni dopo, dicevo, questo libro è anche storicamente più vibrante dei giorni in cui usò per Sperling e Kupfer. Era da poco scomparso Sogno, onorato a Torino con funerali di Stato piuttosto ipocriti, essendo - come si dice - «una figura controversa». Allora ci si attorcigliò in polemiche pro e contro, a proposito del "golpe bianco" per cui era finito in cella a Regina Coeli nell'estate del 1976 prima di essere completamente prosciolto. Ci si appuntò solo su quelle pagine.
VIOLANTE Nel libro Sogno sosteneva di averlo organizzato davvero, e non soltanto pensato, ma preparato militarmente. Ne rivendicò la necessità, si dispiacque di non averlo portato a compimento con Randolfo Pacciardi. Ci si perdette nelle polemiche, che Cazzullo descrive nell'introduzione. Il giudice istruttore Luciano Violante, che aveva disposto la carcerazione di Sogno, e alla fine ne uscì scornato ma deputato del Pci, allora aveva ragione nel perseguire Sogno come eversore. C'è la confessione, non c'è bisogno di prove. Sogno nel libro tratta male Violante. Gli rinfaccia di aver consegnato all'Espresso carte coperte dal segreto, è felice di raccontare come si fosse nascosto alzando una botola nel suo appartamento mentre gli perquisivano la casa con Buddha birmani dal tratto negroide. Quella volta vince contro il nemico comunista che non riuscì a provare nulla. E non parlino di illegalità e legalità proprio i comunisti, che lui nega possano essere in buona fede, e usano ogni mezzo legale e illegale per distruggere l'avversario. A un brigante, un brigante e mezzo. In realtà a Sogno non riuscì mai di essere sleale che è il segreto del successo dei farabutti. Non so dire perciò se la rivendicazione del "golpe bianco" o "golpe democratico" per insediare non un totalitarismo, ma un regime liberale presidenziale che impedisse ora e sempre un "regime cattocomunista", avesse davvero pronti e lucidati fucili e sciabole, come giura Sogno prima di morire, o sia stato una suprema beffa, una pernacchia regale in faccia a chi non riuscì ad incastrarlo. Io so che rimpiango di non averlo trattenuto con me più a lungo quando venne a trovarmi al Giornale. Elegante, superiore.
Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante