Trump sotto attacco: scontro sullo stop agli immigrati e su Facebook Commento di Valeria Robecco, editoriale del Foglio
Testata:Il Giornale - Il Foglio Autore: Valeria Robecco Titolo: «L'ultima grana di Trump: per i giudici è illegale il suo stop agli immigrati - La piccola iniziativa di Facebook»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 19/06/2020, a pag.17, con il titolo "L'ultima grana di Trump: per i giudici è illegale il suo stop agli immigrati" la cronaca di Valeria Robecco; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "La piccola iniziativa di Facebook".
Ecco gli articoli:
IL GIORNALE - Valeria Robecco: "L'ultima grana di Trump: per i giudici è illegale il suo stop agli immigrati"
Valeria Robecco
Donald Trump
Non c'è pace per Donald Trump. Dopo l'emergenza virus e le proteste legate all'uccisione di George Floyd a Minneapolis, per il presidente americano arrivano nuove grane: sul tema dell'immigrazione e su quello della comunicazione digitale. Ieri Facebook ha rimosso un post della sua campagna elettorale. Motivo: la violazione delle norme che vietano «messaggi di incitamento all'odio»: tra i simboli utilizzati ce ne sarebbe uno che richiama il nazismo. Ad assestare lo schiaffo più sonoro al tycoon è stata però la Corte Suprema, che ha deciso di bloccare il suo tentativo di porre fine al programma di protezione dei Dreamer (Daca), gli immigrati entrati irregolarmente in Usa quando erano minori. Barack Obama nel 2012, pur non fornendo loro la cittadinanza americana, aveva permesso a circa 700.000 immigrati di lavorare legalmente. Fin dal 2017 Trump ha tentato di abolire le norme più permissive. Il massimo organo giudiziario statunitense ha dato ragione al tribunale che aveva impugnato il giro di vite della Casa Bianca sul Daca adottando la decisione per 5 a 4, con il presidente John Roberts (scelto a suo tempo da George W. Bush), che si è schierato con i colleghi più liberal. Proprio come avvenuto pochi giorni fa perla protezione dei lavoratori Lgbtq. «Avete l'impressione che io non piaccia alla Corte Suprema?», ha commentato ironicamente su Twitter The Donald. «Queste decisioni orribili e politicamente motivate sono fucilate in faccia alle persone orgogliose di definirsi repubblicani o conservatori», ha aggiunto. A esultare è invece l'ex presidente Obama, che si è detto «felice» per la decisione e ha invitato ad eleggere Joe Biden e un Congresso democratico «che faccia il suo lavoro, protegga i Dreamer e crei un sistema davvero meritevole di questa nazione di immigrati». Il candidato democratico alla Casa Bianca, da parte sua, ha parlato di «vittoria», promettendo di trasformare il Daca in un programma permanente. A creare grattacapi a Trump sono anche le rivelazioni contenute nel libro dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che l'amministrazione Usa vuole bloccare prima della sua uscita il 23 giugno con un ordine restrittivo di emergenza. Tra le anticipazioni diffuse, la più imbarazzante è quella secondo cui Trump avrebbe chiesto al presidente cinese Xi Jinping di aiutarlo a vincere le elezioni di quest'anno, promettendogli sconti sui dazi se avesse acquistato prodotti agricoli Usa. Una mossa per contribuire ad aumentare i voti negli stati rurali in vista delle elezioni del 3 novembre. Secondo Bolton, l'inchiesta di impeachment contro il presidente avrebbe dovuto indagarlo non solo per le sue pressioni sull'Ucraina, ma anche per altri episodi, tra cui gli interventi su indagini criminali e non «per fare favori personali ai dittatori che gli piacevano». In realtà, sono in diversi ad osservare che Bolton avrebbe dovuto testimoniare al Congresso, invece di scrivere ciò che sapeva in un libro (pagato profumatamente). Trump «non ha le competenze» per essere il presidente americano, «non è adatto» al ruolo che ricopre, ha ribadito in un'intervista alla Abc l'ex consigliere. Bolton è «un bugiardo» e «alla Casa Bianca non lo sopportava nessuno», ha replicato su Twitter Trump, sottolineando che il contenuto del testo - The Room Where It Happened - è «pura finzione». «E solo un pazzo malato che sta cercando di vendicarsi perché è stato licenziato».
IL FOGLIO: "La piccola iniziativa di Facebook"
Facebook ieri ha disattivato una serie di inserzioni pubblicitarie dalle pagine del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, della sua campagna elettorale e del vicepresidente Mike Pence per violazione delle regole contro l"odio organizzato". I post cancellati, in cui si leggeva che "gang pericolose di gruppi di estrema sinistra scorrazzano per le nostre strade seminando il caos", erano illustrati con un grande triangolo rosso rovesciato. Il simbolo è stato usato dai nazisti fin dagli anni Trenta, e poi negli anni Quaranta nei campi di sterminio, per identificare i prigionieri politici, come i socialisti e i massoni. Le regole di Facebook, ha detto un portavoce, "vietano l'utilizzo di un simbolo di un gruppo d'odio per identificare prigionieri politici senza un contesto che condanni o discuta quel simbolo". Un portavoce della campagna elettorale di Trump, invece, ha detto che il triangolo rosso invertito è un noto simbolo dei gruppi Antifa. C'è la possibilità che in realtà la pubblicazione del triangolo sia stata un mero errore: le pagine trumpiane hanno disseminato numerose versioni dello stesso post illustrato da altre immagini che indicano genericamente attenzione, come punti esclamativi o segnali di stop. Non è da escludere, dunque, che il triangolo rosso rovesciato non fosse interpretato da chi l'ha usato come un simbolo nazista ma in quanto tale, a mo' di cartello stradale. Eppure la notizia è importante. Facebook ha già disattivato inserzioni della campagna di Trump in passato, ma sempre per questioni triviali. Questa è la prima volta che il social network prende l'iniziativa contro Donald Trump e rimuove un'inserzione perché viola le sue regole contro l'odio organizzato. Non l'aveva fatto quando il presidente aveva invocato l'uso delle armi contro i manifestanti di Minneapolis, suscitando enormi polemiche, ed è servito un simbolo nazi, forse involontario. Non è abbastanza per dire che Zuckerberg sta riconsiderando la sua falsa neutralità, ma è qualcosa di buono, per una volta.
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