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La Repubblica Rassegna Stampa
10.06.2020 Sinistra e Israele: quando Fausto Coen per Israele disse no al Pci
Commento di Emanuele Fiano

Testata: La Repubblica
Data: 10 giugno 2020
Pagina: 33
Autore: Emanuele Fiano
Titolo: «Quando Fausto Coen per Israele disse no al Pci»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/06/2020, a pag. 33, con il titolo "Quando Fausto Coen per Israele disse no al Pci", l'intervento di Emanuele Fiano.

Emanuele Fiano (@emanuelefiano) | Twitter
Emanuele Fiano

Quando Fausto Coen per Israele disse no al Pci | Rep
Fausto Coen

Fausto Coen è stato un uomo e un giornalista libero; lo ricordiamo in questi giorni, perché esattamente 53 anni fa, egli dimostrò che quella sua libertà valeva più di ogni cosa. Anche se il quotidiano Paese Sera , che lui condusse a lungo, rimase sempre legato al Pci, anche se l’appartenenza culturale di Coen fu sempre di sinistra e antifascista, il suo costante rifiuto di prendere la tessera del Pci, la sua scelta di rompere con quel Partito e di abbandonare la direzione di quel giornale, in occasione della Guerra dei 6 giorni e del posizionamento dei comunisti contro Israele, ne hanno fatto per sempre l’emblema di una coerenza rara e preziosa. «Non ero comunista, e sapevo che il giornale nasceva con l’appoggio preminente del Partito Comunista, ma mi sentivo in pace con me stesso. Avevo conosciuto l’indigenza e quindi forte era la mia sensibilità verso i diseredati, i poveri, gli sfruttati, gli emarginati. Avevo vissuto gli anni bui della sopraffazione fascista e avevo subito sulla mia pelle l’ignominia delle leggi razziali. Detestavo a ragion veduta il fascismo». Così si descriveva Fausto Coen. Per molti ebrei italiani, militanti nel Pci o in quell’area, la vicenda di Fausto Coen e l’esplosione di quel conflitto tra appartenenza ad un popolo e alla sua causa nazionale, e la militanza in un campo che, storicamente vicino a Israele dalla sua nascita, se ne distaccò proprio durante il rischio del suo annientamento nella Guerra dei 6 giorni, segnò i confini di una ferita che ancora, a volte, sanguina. Nato nel 1914 da una famiglia ebraica della media borghesia di Mantova, costretto dalla crisi del 1929, quindicenne, a lavorare per aiutare la famiglia andata in rovina, conseguì comunque la laurea appena prima delle Leggi razziali fasciste. Di quegli anni Coen racconta che fu la Guerra civile di Spagna, ad aprirgli definitivamente gli occhi sulla natura terribile dei fascismi di tutta Europa. Dopo molte peripezie nel corso della guerra, e dopo le prime esperienze da cronista, Coen entra a Paese Sera alla sua fondazione, nel 1948, prima come facente funzione e molto dopo come direttore; contribuisce a farne un giornale davvero nuovo: investe come nessun quotidiano allora, sulla cultura che viene messa in prima pagina, impone Paese Sera, con alcuni celebri scoop, con grandi racconti di cronaca, e di grandi processi, come primario quotidiano del pomeriggio; al suo progetto aderiscono firme importanti, come Natalino Sapegno, Norberto Bobbio, Umberto Eco, Pier Paolo Pasolini, Tullio De Mauro. Il giornale cresce, arriva a 100 mila copie vendute solo a Roma. La prima crisi di rapporti con il Pci scoppia nel 1956, quando Coen decide di pubblicare per intero il famoso “rapporto segreto” di Krusciov al XX Congresso del Pcus che denunciava il culto della personalità di Stalin. E al Partito non gradiscono. Esattamente 11 anni dopo, il 5 Giugno del 1967, Israele decide di reagire alla minaccia esercitata dagli eserciti di quattro stati arabi confinanti, attaccandoli.

Inizia la Guerra dei 6 Giorni. L’Urss è già da tempo schierata a fianco dell’Egitto di Nasser e del mondo arabo, dopo essere stata nel novembre del 1947 il primo paese dell’Onu a votare a favore della spartizione della Palestina e della creazione dello Stato di Israele. Il Pci segue quella linea. Il quotidiano mantiene invece un tentativo di resoconto razionale e oggettivo della situazione in campo. Divergente dalla linea del Partito. Una notte, Alberto Jacoviello, redattore dell’ Unità , infuriato per la sconfitta dei paesi arabi, e della linea politica sovietica, scende in tipografia e scaraventa a terra la prima pagina già composta in piombo di Paese Sera . «Un gesto teppistico di chiara marca fascista» commenterà Coen, che presenterà il giorno dopo le dimissioni dalla direzione del giornale, accettando poi, temporaneamente, l’incarico di direzione editoriale. La vicenda di Fausto Coen direttore di un giornale della sinistra comunista finisce qui. Continuerà il suo contributo di saggista e analista della storia di Israele e dell’antisemitismo. Quella prima pagina di piombo distrutta per rabbia, resterà simbolicamente a terra per molti anni: serviranno poi gli sforzi di Giorgio Napolitano, di Piero Fassino e di molti altri per ricostruire parole di verità nel rapporto tra la sinistra e Israele. Uno sforzo ancora necessario.

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