Donald Trump e il ‘virus cinese’
Analisi di Antonio Donno
Donald Trump
I sondaggi indicano che Joe Biden ha un lieve vantaggio su Trump. Il che non vuol dire che tale vantaggio non possa essere recuperato dall’attuale presidente. Occorre dire che l’uccisione dell’afroamericano George Floyd ha provocato uno shock profondo nell’elettorato americano. Questo non significa affatto che la parte che sostiene Trump abbia chiuso gli occhi di fronte al brutale assassinio di Floyd, né tanto meno che i sostenitori del presidente siano razzisti. Se questo fosse vero, gli Stati Uniti sarebbero scissi in due parti violentemente contrapposte: da una parte, gli anti-razzisti, dall’altra coloro che nutrono sentimenti razzisti nei confronti dei neri e delle altre numerose minoranze etniche. Il che è falso. Atteggiamenti di rifiuto razziale verso gli afroamericani sono presenti in tutte le fasce della società americana. Negli Stati del Sud e in parte anche in quelli del Midwest tale atteggiamento è abbastanza radicato, perché fa parte della cultura di quelle regioni, anche se per ragioni diverse: infatti nel Sud costituisce un fattore che fa riferimento all’eredità dello schiavismo, mentre nel Midwest discende dall’epopea dell’espansione verso l’Ovest, un’epopea esclusivamente bianca, in cui i neri furono assenti. La “conquista del West”, dunque, è l’espressione dello straordinario impegno dell’uomo bianco, anglosassone e protestante, al quale gli abitanti di quelle regioni sono legati in modo indissolubile. I neri e le altre minoranze etniche che oggi fanno parte della popolazione del Midwest sono considerati estranei alla cultura bianca che ha costituito e tuttora costituisce il fondamento culturale e le radici sociali di quelle immense aree, che vanno dagli Appalachi alle Montagne Rocciose.
Joe Biden
Diverso è il caso degli Stati della Costa Atlantica. In questo caso entra in gioco il radicamento, seppur in epoche diverse, di una cultura bianca stanziale, legata allo sviluppo economico e sociale, oltre che culturale, di aree dalle quali un certo gruppo sociale, fin dalle origini, non ha inteso spostarsi perché lì è riuscito a costruire nel tempo solide basi economiche. Coloro che non ce l’hanno fatta hanno superato prima gli Allegheny, poi gli Appalachi e si sono diretti nell’Ovest. Così, in queste immense regioni costiere la cultura bianca di origine europea, una volta messe le radici, ha costituito il nerbo dell’americanismo, un fondamento ideologico che, però, nel tempo, ha assunto connotati di profondo conformismo. Paradossalmente, il liberalism cosiddetto progressista di quella società si nutre continuamente di un conservatorismo mascherato da progressismo. In questa cultura trionfa il “politicamente corretto”. Per restare nel tema del razzismo, il “politicamente corretto” conduce a deformazioni permanenti della realtà. E così, si è giunti a una vera e propria inversione del significato delle parole, cosicché l’antirazzismo diventa esaltazione delle identità razziali e, infine, odio dell’uomo bianco verso se stesso. Ma questo razzismo alla rovescia significa veramente essere antirazzisti? La verità è che le elezioni del prossimo novembre si giocheranno sul problema centrale dell’economia. Se nei prossimi mesi la disoccupazione calerà, la fiducia degli americani crescerà in modo corrispondente e Trump potrà riconquistare posizioni rispetto al suo avversario. In questo modo, si riproporrà la situazione sul terreno che caratterizzò l’esito delle scorse elezioni. Purtroppo, l’evoluzione della situazione attuale degli Stati Uniti è strettamente legata a fattori esterni alla realtà americana. È un paradosso estremo: si può dire che il prossimo presidente americano sarà frutto delle bizze del “virus cinese”. Assurdo.
Antonio Donno