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Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
05.06.2020 Tra omissioni e disinformazione, Fabio Scuto torna a scrivere contro Israele
Il giornalista dà voce solo ai pochi fanatici e non descrive la realtà

Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 05 giugno 2020
Pagina: 15
Autore: Fabio Scuto
Titolo: «Cisgiordania, per i coloni l'annessione è troppo soft»
Riprendiamo dal FATTO Quotidiano di oggi, 05/06/2020, a pag.15 con il titolo "Cisgiordania, per i coloni l'annessione è troppo soft", l'articolo di Fabio Scuto.

A destra: David Elhayani

Scuto scrive un pezzo di disinformazione contro Israele in cui sovrastima esageratamente l'opinione di pochi estremisti, tra gli israeliani che vivono in città e villaggi nei territori contesi. Di questi riporta i giudizi contro Trump e contro Netanyahu, quello che Scuto non fa è chiarire la consistenza di queste opinioni, che appartengono solo a una ridotta frangia. Il giornalista invece costruisce l'intero articolo sulla base di queste idee. Nel finale, quantomeno, distingue l'opinione di costoro da quella del governo a guida Netanyahu, anche se non risparmia i soliti strali contro il leader del Likud.

Ecco l'articolo:

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Fabio Scuto


Benny Gantz, Benjamin Netanyahu

La data "irrinunciabile" del 1° luglio per l'annessione del 30% della Cisgiordania annunciata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu non appare più così “irrinunciabile". Il premier non pensava di avere il nemico "in casa", ma adesso i principali oppositori al Piano Trump - l'annessione del 30% della Cisgiordania e della Valle del Giordano - sono israeliani e di destra. David Elhayani, capo del Consiglio dei sindaci della Cisgiordania di Yesha, e leader riconosciuto di tutti i settler in Cisgiordania, denuncia il Piano Trump. Perché prevede a determinate condizioni - che la leadership palestinese ha già respinto - la creazione di un mini-Stato palestinese su ciò che resta. Uno Stato che comunque non avrebbe esercito, né controllo delle sue frontiere e i cui accordi bilaterali con altri Stati dovrebbero prima avere il placet di Usa e Israele. La sola idea che Trump - e suo genero Jared Kushner - abbiano concepito un'idea del genere li iscrive per Elhayani direttamente nella lista degli anti-semiti.

IERI POMERIGGIO intervistato dalla Radio dell'Esercito ha moderato le sue affermazioni, ma ha ribadito che "chi pensa a uno Stato palestinese non è un amico di Israele". Il presidente Trump ha fatto cose buone per Israele - ha detto Elhayani "ma adesso si preoccupa solo delle elezioni di novembre e non della sicurezza israeliana e i coloni sempre più a disagio per la prospettiva di uno Stato palestinese, nonostante le promesse". La decisione è comunque divisiva nel Paese, il 50% degli israeliani sostiene l'annessione, la metà soltanto con il sostegno degli Stati Uniti, secondo un sondaggio pubblicato ieri dall'Israel Democracy Institute. Il 31% si oppone all'annessione, mentre il resto è indeciso. Più chiari gli schieramenti nella Knesset dove il governo conta su una solida maggioranza. L'opposizione di sinistra e partiti arabi - che denunciano la prossima apartheid - non sono nelle possibilità di bloccare le decisioni dell'esecutivo. L'Anp di Abu Mazen è contro le decisioni di Netanyahu e Trump ma non sembra in grado di impedire nulla. Incombe lo spettro di una violenza diffusa in tutte le aree palestinesi ma governo israeliano e IDF sono convinti di tenerla sotto controllo. Le cose a destra - come invece sperava Netanyahu - non stanno filando lisce. La riprovazione dell'Ue, della Russia, della Cina e di una sfilza di altri Stati - compresi quelli arabi sunniti con i quali ha un solido dialogo "sotterraneo" che si sono detti contrari - non preoccupa più di tanto Netanyahu, ma il "fronte interno" invece sì. Parla del 1° luglio come una data "imperdibile" , ma non illustrerà come intende estendere la sovranità israeliana. E intanto i coloni sono divisi, tra loro coloro che sono ansiosi che Netanyahu segua il Piano Trump, e quelli che sono preoccupati per la componente "Stato palestinese" nel "Deal of the Century".

NON SI DEVE dimenticare che anche se Netanyahu e i coloni possono essere alleati politici, tra loro rimangono notevoli divari. Quello del premier è un progetto politico-personale dedicato a perpetuare la sua presa sul potere. L'ideologia dei coloni di tornare e aggrapparsi ad ogni angolo della terra santa, adempiendo un comandamento divino, di solito funziona in tandem con la convinzione di Netanyahu "nel rinnovamento e rafforzamento della sovranità nazionale ebraica nella patria storica". Ma le priorità e gli accenti non sono sempre gli stessi. I coloni vedono i palestinesi a ovest della Giordania come il principale rivale per la terra e un ostacolo che deve essere superato a tutti i costi. Per loro, il resto del mondo, le nazioni arabe e le proteste della comunità internazionale sono poco più che l'eco di un fastidio lontano che può essere tranquillamente ignorato.

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