Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/06/2020, a pag. 10, con il titolo "I documenti dell’Oms che accusano la Cina: 'Nascose i dati sul virus' ", la cronaca di Arturo Zampaglione.
Arturo Zampaglione
I dirigenti di Ginevra chiedevano chiarimenti con urgenza sin dall’inizio di gennaio, ma Pechino taceva. I vertici dell’Oms, l‘organizzazione delle Nazioni Unite per la salute, insistevano: vogliamo i dati sul Covid 19, fateci avere al più presto il genoma. Dalla Cina, però, arrivavano solo risposte vaghe, per giunta sempre alla scadenza delle 48 ore imposte dalle regole: come se si cercasse di nascondere la pericolosità del virus. Tutto questo emerge da una inchiesta della agenzia Ap che, sulla base di registrazioni di incontri riservati all’Oms e di documenti top-secret, mette a nudo le responsabilità cinesi nel tentativo di insabbiamento e al tempo stesso la malafede della Casa Bianca nell’attribuire ogni colpa all’Oms. Donald Trump ha accusato Tedros Adhanom, l’ex-ministro della sanità dell’Etiopia diventato direttore generale del Oms, di essere una marionetta nelle mani di Pechino e ha tagliato i finanziamenti americani all’Oms (450 milioni di dollari) proprio nel mezzo della pandemia. D’altra parte, il presidente cinese Xi Jinping, pur avendo imposto Tedros nel 2017 al vertice dell’organizzazione ginevrina, e a dispetto dei continui solleciti da Ginevra, ha fornito in ritardo il genoma e altre informazioni sul Covid 19, contribuendo al caos (e al numero di vittime). Stretta tra due fuochi, l’Oms ha preferito finora tirar dritto, rinunciando a polemiche e concentrandosi sulla lotta all’epidemia. Ma le nuove informazioni sembrano indebolire le posizioni di Washington e Pechino. Non c’è dubbio — ed è questa la prima conclusione dell’indagine sull’Oms — che Pechino abbia agito in cattiva fede: non solo per i ritardi nel comunicare l’evoluzione della epidemia, ma soprattutto per la questione del genoma, cioè della mappa genetica del virus. Il coronavirus di Wuhan fu "mappato" una prima volta il 27 dicembre 2019 da Vision Medicals, un centro privato cinese, e poi ancora da altri laboratori privati o pubblici, come il centro statale per le malattie infettive. Ma nulla trapelò: tant’è vero che il 5 gennaio 2020, dopo la dichiarazione assolutoria del celebre virologo cinese Zhang Yongshen, l’Oms dichiarò che non c’erano rischi di una trasmissione uomo-uomo e quindi di misure restrittive per i viaggiatori.
La realtà era ben diversa: il virus si stava propagando a grande velocità. Forse Tedros e i suoi collaboratori avevano forti sospetti, ma non sapevano che cosa fare. L’inchiesta della Ap si concentra proprio su questo punto: l’Onu e le sue agenzie non avevano poteri sufficienti per imporre ai Paesi membri, come la Cina, di fornire le informazioni di cui avevano bisogno. Ginevra chiedeva, Pechino non rispondeva. Chiedeva, ad esempio, dati sulle infezioni, in modo da capire la velocità dell’infezione o il tipo di pazienti contagiati. Dall’altra parte, c’era solo il silenzio. Tedros sperava di avere una copia del genoma, in modo da avvertire altri su un potenziale pericolo: anche qui senza risposta, nonostante ci fossero vari laboratori cinesi impegnati nelle analisi di laboratorio. Secondo l’inchiesta della Ap, il groviglio di ritardi e passi falsi ha creato problemi per l’Oms, in termini di immagine e persino di sopravvivenza. D’altra parte, è proprio il comportamento di Stati Uniti e Cina, le due maggiori potenze, a sollevare interrogativi e critiche. E a ipotizzare che ci debba essere, nel futuro, un maggior potere investigativo in caso di epidemia da parte della Oms.
Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante