Iran e Cina raccontati per ciò che sono Breve di Avvenire, a sorpresa Michele Giorgio
Testata:Avvenire - Il Manifesto Autore: Michele Giorgio Titolo: «Iran e Cina salgono in cattedra sui diritti - Proteste, Teheran ammette: 230 morti»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 02/06/2020, a pag.6 la breve "Iran e Cina salgono in cattedra sui diritti"; dal MANIFESTO, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Proteste, Teheran ammette: 230 morti".
Avvenire e Manifesto, di solito omissivi verso Iran e Cina, oggi riportano in breve informazioni sulle due spietate dittature interessanti che non compaiono sugli altri quotidiani.
Ecco gli articoli:
Proteste a Teheran contro il regime
AVVENIRE: "Iran e Cina salgono in cattedra sui diritti"
Il razzismo è «una malattia cronica della società americana». La Cina, Paese che in fatto di rispetto di diritti umani qualche problema ce l'ha, è salita in cattedra ieri per dare lezioni agli Stati Uniti. Gli scontri manifestano «la gravità del problema del razzismo e della violenza della polizia negli Usa», ha dichiarato il ministero degli Esteri, chiedendo la tutela per le minoranze. Anche l'Iran, Paese che usa sempre la mano pesante contro l'opposizione interna, ha chiesto agli Stati Uniti di «fermare le violenze» contro il suo stesso popolo.
IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Proteste, Teheran ammette: 230 morti"
Michele Giorgio
A distanza di mesi emergono numeri ufficiali più aderenti al bilancio reale delle proteste dello scorso novembre in Iran causate dagli aumenti del prezzo del petrolio. II parlamentare Mojtaba Zolnour, che guida la Commissione perla sicurezza nazionale e gli affari esteri, confermando le cifre fornite domenica perla prima volta da Teheran, ha riferito che almeno 230 persone rimasero uccise negli scontri, tra cui sei agenti. Altre 7mila furono ferite. Si tratta di un bilancio più basso rispetto a quello diffuso da Amnesty International che parla di più di 300 morti. Secondo Zalnour, «circa il 26% dei morti sono rimasti uccisi per ragioni sconosciute, il 31% sono stati uccisi dopo aver attaccato luoghi pubblichi, il 22% aveva precedenti penali, il 7% è stato ucciso in scontri armati e il 16% dopo attacchi a polizia e strutture di sicurezza con armi tra cui coltelli». Fonti indipendenti a novembre denunciarono una «dura repressione» di civili da parte dei miliziani Basij incaricati di mantenere l'ordine.
Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: Il Manifesto 06/ 689191 Avvenire02/6780510