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Diego Gabutti
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'Il manifesto del rinoceronte. L’avventura del liberalismo', di Adam Gopnik 23/05/2020
'Il manifesto del rinoceronte. L’avventura del liberalismo', di Adam Gopnik
Commento di Diego Gabutti

Adam Gopnik - Il manifesto del rinoceronte. L'avventura del ...
Adam Gopnik, Il manifesto del rinoceronte. L’avventura del liberalismo, Guanda 2020, pp. 288, 20,00 euro, eBook 10,99 euro.

Erano un po’ come Marx ed Engels, di cui furono contemporanei, con la differenza che non erano comunisti arrabbiati ma liberali (non è una differenza da poco) e con la différence che John Stuart Mill era un uomo e Harriett Taylor una donna (e anche questa era una bella différence). Si conobbero quand’erano entrambi già sposati. Vedevano le cose del mondo nello stesso modo: le ingiustizie (sociali, politiche e culturali) andavano abrogate, evitando però che la loro soppressione ne originasse di nuove, come nei calcoli (sempre sbagliati) degli utopisti. Cominciarono a scambiarsi opinioni, poi a collaborare e infine (galeotto il liberalismo) intrecciarono una relazione adulterina. S’incontravano allo zoo di Londra, davanti alla gabbia del rinoceronte, dove tutti guardavano la grande bestia e nessuno badava a loro. Era lì che parlavano d’amore e di libertà, di condizione umana, dei diritti del popolo in generale e dei diritti delle donne in particolare (Harriett Taylor pubblicò nel 1851 il primo manifesto femminista, La liberazione delle donne, il Melangolo 2012, da cui ogni altro moderno progetto femminista deriva). Alla fine, dopo avere divorziato dai precedenti consorti, si sposarono, testimone il rinoceronte. Taylor morì molto presto, Stuart Mill ne fu devastato.

Giornalista in forza al New Yorker, autore di memoir e saggi storici, penna «colta e brillante», il canadese Adam Gopnik affianca il rinoceronte alla Statua della Libertà promuovendolo, ex aequo, a simbolo del liberalismo. Massiccio e goffo, ma soprattutto concreto e indubitabile, il rinoceronte è la perfetta antitesi dell’unicorno, animale utopico, da cartone animato. Entrambi hanno un solo corno, ma le somiglianze finiscono qui: l’unicorno è una creatura immaginaria, che come l’utopia promette l’irraggiungibile e la luna nel pozzo, mentre il rinoceronte esiste veramente e le sue azioni, come le riforme lente e profonde del liberalismo, hanno conseguenze nella realtà. Bravo come sempre, Gopnik mette in scena nel suo Manifesto del rinoceronte la storia del liberalismo moderno e dei suoi arcinemici (prima il cristianesimo in tutte le sue declinazioni, poi i totalitarismi del XX secolo e oggi il radicalismo di sinistra, il conservatorismo di destra e il fondamentalismo islamico) attraverso le avventure dei suoi campioni. Michel de Montaigne, Harriett Taylor e John Stuart Mill, gl’illuministi francesi e i costituzionalisti americani, David Hume e Adam Smith (alla cui amicizia è dedicato Il miscredente e il professore di Dennis C. Rasmussen, appena pubblicato da Einaudi): Gopnik intreccia sapientemente filosofia, idee politiche e storie personali dei fondatori del pensiero liberale in un racconto incalzante.

Preso in parola, l’umanesimo diventa una storia umana, di donne e uomini che trasformano le idee in esperienze e le esperienze in idee e propositi. Oltre ai grandi pensatori liberali, nel Manifesto del rinoceronte si muovono, come personaggi solo apparentemente secondari in un romanzo-fiume, anche i protagonisti delle avventure e delle grandi campagne liberali: lo schiavo fuggiasco Frederick Douglass, che fu un protagonista della guerra contro la secessione degli stati schiavisti in America; l’anarchica (e in gioventù filoterrorista) Emma Goldman, che vide le streghe nella Russia del comunismo di guerra e che trascorse il resto della sua vita in Canada, da liberale; la grande scrittrice femminista Mary Ann Evans, che firmò beffardamente le sue opere, tra cui il classico Middlemarch, con uno pseudonimo maschile, George Eliot; l’attivista nero Bayard Rustin, ex comunista e omosessuale, che fu la mente (Martin Luther King ne fu il braccio) della marcia su Washington del 1963, protagonista delle lotte non violente per i diritti dei neri e dei gay, emarginato dal «potere nero», scomparso nel 1987.

Mentre non rimane traccia, a parte le rovine, delle società costruite intorno alle utopie degli unicorni di destra e di sinistra, dei nazionalsocialismi e dei socialnazionalismi, del Terzo Reich come del socialismo in un solo paese, le riforme «lente e profonde» messe all’ordine del giorno dal rinoceronte liberale hanno cambiato il mondo, e lo hanno cambiato in meglio. Nessuno, esclusi gli unicorni di destra, mette più in discussione, due secoli dopo il Saggio sulla libertà che John Stuart Mill dedicò alla memoria di Harriett Taylor, i diritti delle donne, dei neri, dei gay, delle minoranze. Nessuno, a parte gli unicorni di sinistra, disprezza il popolo per le sue arretratezze culturali, per il suo rifiuto della sessualità «fluida», per le sue «opinioni ingenue», perché preferisce le telenovelas agl’ignobili centoni di Jacques Derrida. Se i populisti di destra, «da Donald Trump a Berlusconi», sono tutti «in parte gangster e in parte clown», ci vuole un radical di sinistra, racconta Gopnik, per trasformare le coste del New Jersey nel set d’un film «de paura». Accorsa al salvataggio delle foche, cui è oggi vietato dare la caccia, la sinistra rococò ha fatto un fischio agli squali, che ora infestano quelle acque, cibandosi di foche e di surfisti.

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Diego Gabutti

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