Israele, Stati Uniti e le parole di Abu Mazen
Analisi di Antonio Donno
"Palestina libera", un modo politicamente corretto per dire: "Distruggiamo Isrele"
Mentre da Teheran Khamenei annunciava al mondo che il destino di Israele era segnato, Abu Mazen, da Ramallah, con la sua solita enfasi, dichiarava che l’Autorità Palestinese si ritirava dagli Accordi di Oslo. Se la situazione mondiale non fosse segnata dal problema del Covid-19, ci sarebbe da sgangherarsi per le risate. È difficile dire quanti iraniani abbiano plaudito all’affermazione di Khamenei, considerate la situazione drammatica dell’economia del Paese e la diffusione del virus, non ostacolato da alcuna misura protettiva. Allo stesso modo, la tuonante dichiarazione di Abu Mazen rappresenta una nuova zappata sui piedi del Presidente ormai a vita dell’Autorità Palestinese. Infatti, l’unica parte che fino ad ora ha usufruito a piene mani delle clausole di Oslo è proprio quella dei palestinesi, che si sono visti riconoscere ufficialmente come la controparte nel processo di pace, con grande soddisfazione del terrorista Arafat. In definitiva, è Israele ad aver ottenuto un vantaggio da Abu Mazen, come spesso si è verificato nel passato. L’annullamento degli Accordi di Oslo da parte palestinese – accordi che hanno rappresentato un clamoroso errore politico di Yitzak Rabin – semplifica enormemente il progetto di Netanyahu di annettere allo Stato di Israele parti della Cisgiordania (o West Bank), come hanno ben inteso, con dispetto, alcuni degli esponenti di spicco di Al Fatah presenti alla conferenza di Abu Mazen. A meno che l’annullamento non rappresenti la dichiarazione di mano libera per la riapertura di un conflitto armato con Israele. Sarebbe l’errore definitivo di Abu Mazen; e, contemporaneamente, il piano di pace di Trump ne riceverebbe un vantaggio inaspettato. L’annullamento degli Accordi di Oslo finisce per azzerare, come ovvia conseguenza, la posizione palestinese come controparte ufficiale nel processo di pace e, perciò, il piano di pace di Trump non presenta più alcuna necessità di essere approvato dall’Autorità Palestinese. La situazione, dunque, migliora per il progetto israeliano e mette alla corda l’atteggiamento di quegli Stati europei che hanno condannato il piano di Trump, sostenendo con vigore il rifiuto palestinese. Ancora, Il nuovo governo israeliano, nel momento in cui i palestinesi dichiarano nulli gli Accordi di Oslo, riceve un aiuto insperato nella preparazione dell’applicazione concreta del piano di Trump relativamente all’annessione di parti della Cisgiordania. Lo stesso presidente americano e il suo Segretario di Stato, Mike Pompeo, aspramente criticati in sede ONU e all’interno dell’Unione Europea per il fatto di aver varato il “piano del secolo” contrario agli interessi palestinesi, assistono – probabilmente con soddisfazione – alla vanificazione di quelle stesse critiche a causa del madornale errore di Abu Mazen. Una delle critiche più forti che i democratici hanno rivolto a Trump in questi ultimi mesi riguarda proprio il suo piano di pace per chiudere il conflitto israelo-palesinese. Come è noto, l’elettorato democratico, nel corso degli anni, ha finito per ospitare posizioni sempre più avverse a Israele e alla politica dei suoi governi. Di pari passo, diversi esponenti di spicco del partito oggi si trovano su posizioni fortemente critiche verso Israele e, di conseguenza, verso l’attuale politica mediorientale di Trump. Queste critiche, pur partendo da alcuni settori del Partito Democratico, hanno una diffusione notevole grazie all’informazione proveniente dai mass-media di impostazione politica liberal. Di conseguenza, il piano di pace di Trump per il Medio Oriente ha ricevuto un’accoglienza tiepida, o addirittura fredda, da parte di settori della politica americana. Tuttavia, l’attuale rifiuto degli Accordi di Oslo da parte dell’Autorità Palestinese potrebbe determinare un atteggiamento negativo proprio da quel settore dell’elettorato americano contrario o dubbioso verso il “piano del secolo” trumpiano. In fondo, si potrebbe dire, sono gli stessi palestinesi che, con il loro rifiuto degli Accordi di Oslo, si pongono fuori dalla dinamica del processo di pace, concedendo a Trump il via libera per concordare con il nuovo governo israeliano, in modo unilaterale, il piano di annessione di parti della Cisgiordania. In sostanza, la mossa di Abu Mazen favorisce il progetto del governo Netanyahu/Gantz e, allo stesso tempo, la politica del presidente americano sulla questione israelo-palestinese.
Antonio Donno
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