Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/05/2020, a pag.12, con il titolo "Contro l'infibulazione solo parole. Anche in Italia continua a esistere" il commento di Sara Cariglia.
La valvola della passione deve essere castrata sin dalla più tenera età, il contenitore del piacere femminile imbastito, l'escissione del clitoride e la chiusura delle piccole o grandi labbra - a seconda della tecnica d'infibulazione - suturata con spine d'acacia. A mutilare la parte più intima delle bambine sono le mammane o le sedicenti maestre di purezza che, armate di ferraglia arrugginita e spietato savoir-faire, divorano il pube del gentil sesso, pronto ad accedere in nome di tradizioni coercitive intrise di superstizione, nel tartareo empireo dell'illibatezza il 1° maggio il governo sudanese ha detto stop all'iniqua pratica delle mutilazioni genitali femminili (Mgf), tacciandole di reato. La notizia ha rinfocolato la solita eterna bagarre sull'infibulazione, intrappolata come l'ombra della notte nelle pastoie del qualunquismo e della mala-informazione: «Si pensa erroneamente che l'amputazione genitale sia una pratica legata all'Islam, ma nel Corano non viene menzionata. Pure i cristiani e gli animisti la esercitano. A dire il vero è diffusa anche in Italia, nonostante la legge n. 7/2006, lo vieti ed è un fenomeno che aumenta con l'aumentare dei flussi migratori». Sabrina Avaldan al telefono esordisce così. Scrive inchieste, dipinge volti, e lo fa con l'avvedutezza di un giudice e la circospezione di una professionista che ha lavorato per oltre vent'anni al servizio delle Nazioni Unite.
ENORME SOMMERSO I numeri spesso mentono, lamenta l'esperta, e quelli esistenti vivono costantemente sotto un diffuso cono d'ombra: «Nel mondo le donne "tagliate" sono circa 200 milioni, in Italia tra 1e 61 e le 80mila. Malgrado ciò il sommerso è enorme e non intercettabile» dice piccata l'autrice dell'inchiesta Donne cucite. «A dimostrarlo sono i quartieri somali, nigeriani ed eritrei, ghetti degradati a rango di muti testimoni, nei quali le mammane estendono la loro rete di violenza su tutta la penisola italiana, da Sud a Nord. E anche se là dentro la mutilazione è domata in segreto, non si può fingere che non esista». Per quanto concerne invece le leggi, sono rispettabili ma non sempre sono rispettate: «Sebbene l'Italia abbia svolto un ruolo importante sulla prevenzione della mutilazione genitale, non è detto che le sole nonne, seppur fondamentali, rappresentino sempre la soluzione. Me ne sono accorta quando ho incontrato l'Imàm Sheik Yusuf Mahomed in un villaggio della Somali Region dell'Etiopia» racconta la giudice. «Volevo conoscere più da vicino le sue posizioni sulla tradizione infibulatoria ed escissoria. Mi ha detto che il clitoride della donna fa paura perché potrebbe trasformarsi in pene e che le sue genti se ne fregano delle leggi. Queste parole un manuale di scienza non le riporterà mai, eppure ci dicono come questo universo fatto di sangue e di abusi, penetri la femminilità e la cultura; non solo quella islamica, ma pure quella politeista e cristiana». Tanto è vero che per quanto l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) continui a ribadire che il desiderio di molte comunità immigrate sia quello di abbandonare la capziosa tradizione plurimillenaria, il richiamo alla stessa per talune femmine pare essere irresistibile: «Lo dimostra il fatto che tra le molte nigeriane domiciliate in Italia si stia diffondendo una tecnica di massaggio capace di ridurre la crescita del clitoride attraverso l'applicazione di una pomata» prosegue l'engagé. Ma come spesso capita nei gialli, lo spoiler è sempre dietro l'angolo: «il pericolo di essere amputate si presenta tutte le volte che le giovani straniere residenti in Italia decidono di tornare in vacanza nel Paese d'origine e vengono a contatto con le portatrici effettive di questa barbarie: le nonne» rivela la scrittrice mentre posa lo sguardo su chi dovrebbe avere responsabilità istituzionali e nulla fa, se non a parole.
PROGETTI INUTILI L'esperta in diritti umani, infatti, avendo fatto esperienza sul campo, le problematiche di alcune organizzazioni che si perdono in molte burocrazie e in finanziamenti di progetti inutili, ha potuto toccarle con mano. Ecco perché oggi con coraggio è pronta a dire no: «Ho avuto spesso la tentazione di ribellarmi a questo sistema coercitivo, ma poi consapevole di fame parte, mi sono solo limitata a non dare troppa importanza alle regole, a volte pagando un prezzo troppo alto». Ma come si suol dire, ambasciator non porta pena. «Le missioni dei caschi blu delle Nazioni Unite dovrebbero assicurare il rispetto dei diritti umani, invece si riducono a svolgere la sola funzione di watch dog (significa "cani da guardia", indica in sostanza i compiti di ordine pubblico, ndr)». Ma gli osservatori, conclude la penna affilata, non sono testimoni: «Occorre sapere che le più grosse violenze vengono commesse da alcuni elmetti blu e che i peggiori pedofili, ben nutriti e pieni di gadgets, sono gli stessi funzionari che lavorano dentro a queste missioni cosiddette di pace. Parliamo di end che fanno soldi a palate e che rinvestono quasi tutto in propaganda e in congressi di facciata».
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