Le Monde: 60 volte più morti per il Coronarovirus in Israele che in Palestina? Commento di Michelle Mazel
Testata: Informazione Corretta Data: 19 maggio 2020 Pagina: 1 Autore: Michelle Mazel Titolo: «Le Monde: 60 volte più morti per il Coronarovirus in Israele che in Palestina?»
Le Monde: 60 volte più morti per il Coronarovirus in Israele che in Palestina?
Ammettiamolo: ci vuole un bel coraggio. Non ci dovrebbe forse essere un limite al cinismo quando si tratta di incolpare Israele? Ed ora ecco che Le Monde del 17 maggio coglie il pretesto del coronavirus per qualcosa che assomiglia a uno sforzo per mettere in ridicolo una presunta incapacità dello Stato ebraico di affrontare la crisi in confronto al successo del suo vicino palestinese. “La pandemia ha rivelato alcune debolezze strutturali in Israele, dove il bilancio delle vittime del coronavirus è sessanta volte superiore a quello dei territori palestinesi”. Ovviamente, possiamo solo rallegrarci del successo di Ramallah. Per il resto, se questo calcolo mostra, nelle parole di Jean-Pierre Filiu che ha pubblicato questo articolo, "alcune debolezze strutturali di Israele”, che dire dell'Europa, dove il bilancio delle vittime del coronavirus è purtroppo decine di migliaia di volte quella dei territori palestinesi? Se riconosce che la Francia, ad esempio, ha proporzionalmente un bilancio dodici volte più alto di Israele, il Signor Filiu propone una spiegazione interessante: “Israele non è in Europa, ma in Medio Oriente, dove tutti i suoi vicini arabi hanno bilanci di perdite umane molto più bassi.” E Filiu continua ribadendo: "Il confronto con il numero di morti palestinesi (4 morti in Cisgiordania per oltre tre milioni di abitanti e nessuna morte a Gaza per una popolazione di circa due milioni di persone), nonostante la debolezza del sistema sanitario in questi territori, è schiacciante per Israele.” Schiacciante? In che senso? Perché ? Israele avrebbe fallito? Sarebbe venuto meno ai suoi doveri? Non sarebbe stato in grado di proteggere i suoi cittadini? Prima di giudicare, possiamo sottolineare che Israele è molto più aperto agli stranieri rispetto ai suoi vicini e che quindi è stato duramente colpito da un virus proveniente dall'America e dall'Europa? Che la chiusura delle frontiere ha bloccato l'epidemia? Che il sistema sanitario israeliano è uno dei migliori al mondo e che il tasso di mortalità in rapporto al numero di persone colpite è eccezionalmente basso: 270 morti per un totale di 16.000 persone contagiate? Ma a che serve? Questo titolo sconvolgente aveva solo lo scopo di elogiare il ruolo degli arabi israeliani molto presenti nei settori della salute (senza dubbio risparmiati dall'apartheid così spesso menzionato), per fustigare "l'assistenza minima fornita alla popolazione palestinese a Gerusalemme -Est" e, ancora una volta, condannare “la repressione israeliana che prosegue in Cisgiordania.” In conclusione, ricordiamo il rapporto dell’ Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite - Territori palestinesi occupati - Rapporto del 24 marzo: “Dall'inizio della crisi, le autorità palestinesi e israeliane hanno mantenuto una cooperazione stretta e senza precedenti sugli sforzi per contenere l'epidemia. Dei rappresentanti dei due Ministeri della Sanità, come pure il Coordinamento israeliano delle Attività Governative nei Territori (COGAT), si sono incontrati regolarmente per concordare questioni di reciproco interesse, come gli accordi riguardanti i lavoratori palestinesi impiegati in Israele. Nel quadro di questi sforzi, il COGAT sta facilitando quattro corsi di formazione per gruppi di medici palestinesi, mentre il Ministero della Sanità israeliano ha donato più di 1.000 kit di test e migliaia di ERPP (mascherine) alla Cisgiordania e a Gaza.”
Michelle Mazelscrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".