I buoni sentimenti e la preghiera comune non servono se si idealizza l'islam Un articolo di Andrea Riccardi fuori dalla realtà
Testata: Famiglia Cristiana Data: 14 maggio 2020 Pagina: 14 Autore: Andrea Riccardi Titolo: «Fragili e disorientati, siamo chiamati a remare insieme»
Riprendiamo da FAMIGLIA CRISTIANA di oggi, 14/05/2020, a pag. 14, con il titolo "Fragili e disorientati, siamo chiamati a remare insieme", il commento di Andrea Riccardi.
L'articolo di Riccardi è un inno alla pace generico e inconcludente, incapace di affrontare i reali problemi all'ordine del giorno. Riccardi esalta la preghiera comune tra cristiani e musulmani (dimenticando peraltro gli ebrei...) e non affronta neanche uno dei problemi legati all'aggressività islamista contro le libertà in tutto il mondo e al terrorismo. Il pezzo è pieno di buone intenzioni, scollegate però dall'attualità. Rimandiamo ad altra pagina oggi su IC in cui esaminiamo la fonte dell'antisemitismo e dell'intolleranza presente nel Corano.
Ecco l'articolo:
Andrea Riccardi
Terroristi islamici di Hamas a Gaza
Per giovedì 14 maggio è stata proposta una giornata di preghiera, digiuno e opere di misericordia da parte dall'Alto comitato per la fratellanza umana, composto dai leader che si ispirano al documento di Abu Dhabi per la pace mondiale e la convivenza comune. Questo testo è stato firmato da papa Francesco e dal grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb, nel febbraio 2019. In esso si afferma: «Le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo. Infatti Dio l'Onnipotente non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il suo nome venga usato per terrorizzare la gente». E una proposta di fraternità aperta a tutti i credenti nel mondo, che vuole ispirare comportamenti fraterni e responsabili, a partire dalla differente fede religiosa di ciascuno. Oggi la situazione è grave. Il mondo è stato colpito dal Covid-19. La domanda che inquieta molti è come uscire dalla crisi e costruire un futuro migliore. Per realizzarlo non si potrà avanzare come prima, divisi, indifferenti o in conflitto. L'ha ben espresso papa Francesco nella sua preghiera per la fine della malattia: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda». Essere sulla stessa barca dell'umanità comporta l'impegno a «remare insieme». È una coscienza difficile da comunicare in un mondo individualista. Non solo: siamo in un tempo di nazionalismi, per cui si persegue il presunto interesse nazionale, a prescindere dagli altri o contro gli altri. Tuttavia le religioni, in modi differenti, tendono a mostrare che il destino dell'umanità è uno. Non è scontato perché possono anche essere utilizzate per benedire i conflitti o sacralizzare le divisioni, come si vede dai fondamentalismi. Giovanni Paolo II aveva intuito che il mondo religioso era a un bivio quando, nel 1986, invitò i leader delle religioni mondiali ad Assisi per pregare gli uni accanto agli altri e non più — come disse — gli uni contro gli altri. Fu un gesto profetico che indicava la strada sul lungo periodo. Il cammino di Assisi è poi continuato in una sequela di incontri, che hanno creato familiarità e comunicazione tra leader e credenti di religioni diverse. C'è stata una vera crescita spirituale, controcorrente rispetto alla cultura dello scontro di civiltà e tra religioni diffusa tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo. Nella linea della fratellanza si colloca il documento firmato da Francesco e al-Tayyeb nel febbraio 2019, cui si sono uniti altri leader religiosi nell'anno passato. La giornata di preghiera, digiuno e misericordia del 14 maggio è nata per «implorare Dio di aiutare l'umanità a superare la pandemia di coronavirus», ha spiegato il comitato invitando tutti i credenti a lasciarsi coinvolgere. In un mondo dove gli interessi economici si sono mondializzati, ma in cui le politiche nazionali restano divise e conflittuali, la sintonia "globale" nella preghiera e nei sentimenti tra ebrei, cristiani, musulmani e altri credenti è un segno potente e umile di una globalizzazione spirituale che parla, nelle differenze, dell'unità dell'umanità: solo insieme riusciremo a porre le basi di una nuova civiltà.
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