Ecco come disinformare contro Israele e difendere l'Iran terrorista Lo fa oggi Bernardo Valli
Testata: La Repubblica Data: 14 maggio 2020 Pagina: 28 Autore: Bernardo Valli Titolo: «Israele-Iran, la guerra segreta»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 14/05/2020, a pag.28, con il titolo "Israele-Iran, la guerra segreta" il commento di Bernardo Valli.
L'articolo di Valli, dal tono come sempre ostile a Israele, è pieno di condizionali (Netanyahu "intenderebbe"...) e vuoto di fatti. Valli scrive per esempio di "ardori" israeliani e di "ossessione" di Trump verso l'Iran senza spiegare questi giudizi. Nel finale del pezzo, come se non bastasse, Valli fa l'elenco delle vittime dei "bombardamenti" israeliani in Siria, omettendo però che si è trattato di una risposta per contenere l'aggressione del terrorismo del movimento Hezbollah, guidato da Teheran.
Ecco l'articolo:
Bernado Valli
Terroristi di Hezbollah: i grandi assenti dall'articolo di Valli
Il coronavirus non ha sospeso, e ancor meno congelato, la crisi mediorientale. La formazione del governo israeliano di “urgenza nazionale”, oggi alla Knesset per il rituale giuramento, è stata ufficialmente motivata dalla necessità di lottare contro l’epidemia, ma dovrebbe anche aprire la strada all’annessione della Valle del Giordano e degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Benjamin Netanyahu intenderebbe attuarla, stando alle sue già vecchie dichiarazioni, a partire dal prossimo primo luglio. Tuttavia l’annunciata intenzione non sembra troppo realizzabile. Ci sono voluti sedici mesi e tre elezioni legislative per arrivare al varo del nuovo esecutivo, e nel frattempo molte cose sono cambiate. Anzitutto, il 20 aprile scorso, l’ex generale Benny Gantz si è infine messo d’accordo con il rivale Benjamin Netanyahu, per formare il governo di “urgenza nazionale”. I due saranno a turno primi ministri per diciotto mesi. Comincerà Netanyahu, che dovrà tener conto dell’ex rivale, il quale è piuttosto esitante, e comunque non troppo chiaro, sul problema delle annessioni così come l’intende il suo partner. Perplessi sulla questione sono anche molti israeliani, secondo i sondaggi.
La presenza a Gerusalemme del segretario di Stato, Mike Pompeo, viene interpretata come un segnale di via libera a Israele (secondo la “visione” di Donald Trump); in realtà è apparso spesso che la grande alleata frenasse gli ardori israeliani dopo averli assecondati o addirittura stimolati. Washington non può prendere sotto gamba le conseguenze di un’annessione unilaterale israeliana. Potrebbe suscitare le reazioni apertamente negative dei Paesi arabi come l’Egitto, la Giordania e l’Arabia Saudita, alleati degli Stati Uniti, ma anche di Israele, contro l’Iran. E Washington non ha alcuna intenzione di mettere ancora più in crisi il fronte arabo avversario della Repubblica islamica sciita degli ayatollah.
Le dichiarazioni di Donald Trump e dei suoi collaboratori rivelano la loro ossessione quando affrontano il problema iraniano. L’embargo contro Teheran sulle armi convenzionali scade in ottobre e già l’amministrazione americana si dà da fare per coinvolgere altri Paesi (Francia e Germania, per esempio) quando la sanzione verrà rinnovata. Il segretario di Stato in visita a Gerusalemme non deve convincere gli interlocutori israeliani già impegnati a fondo contro l’Iran. In particolare contro le sue truppe in Siria, ai confini con Israele. I soldati degli ayatollah non sono vicini graditi. Ma Pompeo insisterà sull’argomento. È un rito irrinunciabile. Diventando ancora una volta primo ministro (più longevo al potere di Ben Gurion, il padre della patria), Netanyahu ha di nuovo dimostrato la sua forza politica, nonostante porti il peso di tre incriminazioni: per corruzione, frode e abuso di fiducia. Il processo doveva cominciare il 24 maggio, ma il coronavirus ha paralizzato la Giustizia. E la Corte suprema ha poi deciso che la presunzione di innocenza lascia libero Netanyahu di ricoprire una carica politica, compresa quella di primo ministro. Per gli americani, il riconfermato premier israeliano è un sicuro e intransigente alleato contro l’Iran, oltre che in tanti altri campi. Tra Israele e l’Iran c’è un conflitto non dichiarato, ma non segreto, in corso da anni. Almeno dieci. Ed esso è venuto spesso sul tappeto mentre Netanyahu e Gantz trattavano per il governo di “urgenza nazionale”.
Pochi giorni fa, una riunione dedicata alla sicurezza ha avuto come argomento principale i cyberattacchi che hanno colpito la rete idraulica israeliana il 24 e il 25 aprile. La televisione ha dato la notizia domenica precisando che alcune centrali ne erano state gli obiettivi. I danni non sono stati gravi, ma l’avvenimento andava preso sul serio perché riguardava installazioni civili. Per gli esperti gli attacchi erano una minaccia strategica di rilievo per Israele. Il governo di Gerusalemme li ha giudicati una svolta nel confronto con l’Iran, al punto da considerare l’opportunità di reagire, di rispondere, mirando in campo avversario le stesse installazioni, non militari, con più intensità del consueto. Secondo la Fox News americana, la prima a dare la notizia, gli hacker iraniani avrebbero usato server informatici situati negli Stati Uniti. Se confermata la responsabilità iraniana, sulla quale pochi hanno dubbi, sarà la prima volta che l’Iran colpisce obiettivi civili israeliani. Sarebbe la risposta, meno cara e meno esposta, alle incursioni israeliane sulle truppe iraniane in Siria. È una nuova tattica nella guerra tra la Repubblica islamica e lo Stato ebraico. Nell’ultimo mese l’aviazione israeliana ha compiuto almeno sette bombardanenti in Siria su località occupate dagli iraniani o da milizie pro iraniane. E ha ucciso più di trenta persone. Il 31 marzo ha puntato sulla provincia di Homs. Il 20 aprile sul deserto nelle vicinanze di Palmira dove erano accampati, insieme ai militari iraniani, degli Hezbollah libanesi e dei miliziani di varie nazionalità. Nove morti. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, sulla cui obiettività non sempre si può contare, il 27 aprile, nella notte, un’incursione israeliana a sud di Damasco ha ucciso quattro persone.
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