Finisce, in un certo senso, con Il complotto di Will Eisner (Einaudi, pagg. 136, euro 15, introduzione di Umberto Eco), fumetto pubblicato appena dopo la morte dell’autore a gennaio di quest’anno, la parabola dei Protocolli dei Savi di Sion.
Stiamo parlando della Bibbia dell’antisemitismo novecentesco: presentato come un documento autentico, il libello è in realtà un falso, che descrive fantomatici «dirigenti dell’ebraismo mondiale» nell’atto di tramare perversamente la conquista del mondo intero. Nato in ambienti reazionari russi alla fine del XIX secolo, divenne uno strumento nelle mani della polizia segreta zarista, che combatteva le istanze modernizzatici spacciandole per un complotto giudaico.
Will Eisner, padre del romanzo a fumetti, ricostruisce nel suo ultimo graphic novel la genesi della grande diffamazione e ne delinea la diffusione capillare a partire dal 1920. Frutto di una ricerca ventennale, Il complotto mostra tutta la consapevolezza storica e l’impegno civile dello scrittore: una voglia di occuparsi di questioni sociali che lo accomuna ad altri fumetti decisamente «seri» e per adulti come Maus di Art Spiegelmann.
Ma perché il grande disegnatore di racconti fantastici Eisner, nato a New York da immigrati ebrei, si cimenta con una vicenda storica recente e per di più drammatica? È lo stesso autore a rispondere: «Per tutta la mia carriera ho raccontato storie; ora che il fumetto viene assimilato alla letteratura popolare, si presenta la possibilità di contrastare la propaganda dei Protocolli con un linguaggio più accessibile. La mia speranza è che questo lavoro possa contribuire a svelare questo inganno terrificante». Una vera e propria dichiarazione d’intenti, che spiega la volontà di combattere la menzogna sul suo stesso terreno, quello del pregiudizio e della coscienza profonda, con un mezzo capace di raggiungere le grandi masse.
Inabissatosi in Unione Sovietica, il libello riemerse prepotentemente nella Germania della Repubblica di Weimar, portato all’attenzione dello stesso Hitler da qualche fuoriuscito russo. I Protocolli furono una fonte decisiva della teoria antisemita nazista, tanto da meritare una citazione esplicita nel Mein Kampf. Dopo la fine della seconda Guerra mondiale il libercolo continuò a godere di ottima salute, con una serie di stampe e ristampe negli Stati Uniti, in America latina e in molti paesi europei. Né le varie sentenze di condanna dei giudici riuscirono ad impedire che la pubblicazione si insinuasse, strisciante e insidiosa, in vari settori della società, generalmente tra gli auspici degli ambienti antisemiti di estrema destra.
Con una perfetta padronanza del medium il libro, che esclude necessariamente dal fumetto la ricostruzione del clima culturale in cui il falso nasce (l’Europa dell’Affaire Dreyfus e del I Congresso sionistico mondiale del 1897), si muove su due piani, concatenati indissolubilmente: su un livello narrativo-fumettistico, fatto di dialoghi serrati, di ambienti fumosi - quelli della corte zarista o della Costantinopoli immediatamente dopo il crollo dell’Impero ottomano - e di personaggi dalle tinte forti; su un piano quasi filologico, con la dimostrazione che i Protocolli sono stati copiati quasi per intero da un pamphlet satirico di Maurice Joly contro Napoleone III, sostituendo semplicemente all’imperatore i perfidi ebrei: frasi che coincidono parola per parola rivelano, come spiega Umberto Eco, la vera natura di un patchwork tratto da tutta una serie di testi politici e letterari.
Emblematica la fine del bellissimo fumetto, reso prezioso dalla qualità delle illustrazioni e dalla composizione grafica della pagina: «La storia dei Protocolli è giunta alla conclusione» dice Eisner, dopo l’ennesima misura di condanna da parte del Senato Usa; per poi concludere, nell’ultima facciata, con una rassegna di atti antiebraici degli ultimi mesi. Gli stessi che indussero Simon Wiesenthal, anch’egli in prossimità della morte, a prendere la penna per scrivere ai grandi della Terra, proponendo un ampio confronto sulle cause e sulle prospettive del rinascente antisemitismo. Come l’antisemitismo, del resto, questo «inganno terrificante» ha avuto la forza di risorgere ogni volta come una fenice, nonostante condanne e certificazioni di falsità, per continuare ad esercitare la sua influenza nefasta. Fino ad oggi. Fino al Complotto di Will Eisner. Sarà davvero finita?