Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 12/05/2020, a pag.3, con il titolo "Le domande a cui Silvia non ha ancora risposto: 'Condanna gli aguzzini?' ", il commento di Fausto Biloslavo.
Fausto Biloslavo
Terroristi di Al Shabaab, affiliati allo Stato islamico
Silvia Romano non può cavarsela con un semplice «rispetto per favore» rivolto ai giornalisti che l'assediavano al suo ritorno a Milano. Il Giornale non vuole mancarle di rispetto, ma ha qualche doverosa domanda da porre alla cooperante rapita dai seguaci della guerra santa in Somalia e convertita all'Islam.
Silvia Romano condanna, senza se e senza ma, i suoi rapitori del gruppo armato Al Shabaab? La giovane ci ha informato che ha abbracciato Allah ed è scesa dall'aereo con un vistoso mezzo burqa verde. Poi ha tenuto a precisare che la conversione è avvenuta «senza costrizioni», ma non ha speso neppure una parola per condannare i terroristi che l'hanno tenuta prigioniera per 18 mesi. Solitamente gli ostaggi, se non sono totalmente annebbiati dalla sindrome di Stoccolma, non vanno giù leggeri con i loro carnefici. Silvia dovrebbe sapere che gli Al Shabaab utilizzano la bandiera nera dello Stato islamico anche se sono in gran parte affiliati ad Al Qaida. E la loro tattica di attacchi suicidi ha seminato morte e distruzione pure fra gli innocenti. Si calcola che almeno 4mila civili siano stati fatti saltare in aria dai kamikaze jihadisti somali negli ultimi anni. Il 28 dicembre scorso, quando Silvia era sotto sequestro, un camion minato dei tagliagole islamici è esploso uccidendo un'ottantina di persone compresi dozzine di studenti. Lo steso comando degli Al Shabaab è stato costretto a «chiedere scusa».
La cooperante è stata più «ospite» che ostaggio della costola di Al Qaida in Somalia? Dagli stralci della deposizione davanti al pm Sergio Colaiocco e all'antiterrorismo dei carabinieri sembra quasi che Silvia venisse trattata come un «ospite». A tal punto che lei stessa sostiene di non essere «mai stata carcerata» e neppure legata come capita a tutti i sequestrati. La ragazza è sicuramente colpita della sindrome di Mogadiscio, più che Stoccolma o forse sarà stata drogata, ma dovrebbe chiarire questo strano rapimento «gentile» da parte di gente abituata a sgozzare gli ostaggi davanti alle telecamere.
È possibile che Silvia abbia passato 18 mesi in diversi covi, in un paese in guerra, senza subire «nessuna violenza», come gli altri ostaggi occidentali in Somalia? Amanda Lindhout, giornalista canadese rapita dagli Al Shabaab è stata ripetutamente violentata dai suoi carcerieri e torturata in quanto infedele. Poi si è convertita all'Islam solo per sopravvivere e una volta rientrata in patria ha raccontato tutto denunciando i suoi aguzzini. L'italiano Bruno Pellizzari preso in ostaggio al largo della Somalia e poi venduto a bande jihadiste ha raccontato che l'avevano ridotto alla fame ed era tenuto in manette. Assieme alla compagna sudafricana venivano trattati come bestie, perché miscredenti ed i somali hanno giocato alla roulette russa puntando una pistola alla tempia dell'italiano. La sua definizione dei 20 mesi di prigionia non lascia dubbi: «È stato un inferno».
Silvia Romano ha raccontato tutto agli inquirenti? Per primi i somali, che hanno favorito la sua liberazione, si sono lamentati dell'inusuale reticenza della cooperante. In particolare è rimasta vaga sui covi e sulla banda degli Al Shabaab che l'ha tenuta prigioniera. Il diario che le avrebbero permesso di scrivere, altro fatto molto strano nei sequestri jihadisti, sarebbe rimasto nelle mani dei carcerieri. Il poco che è trapelato dalla sua deposizione non fa capire se la sopravvissuta ha continuato sulla strada della reticenza o della vaghezza per non fornire dettagli che potrebbero individuare i sequestratori.
Oltre alla conversione all'Islam, quali erano i veri rapporti di Silvia con i terroristi che l'hanno tenuta in ostaggio? Va bene la privacy, ma lo Stato si è mobilitato e abbiamo pagato un riscatto. Forse non è incinta o non ha partorito un bambino in Somalia e tantomeno si è innamorata di qualche mujahed. Però sono tutti dettagli che vanno chiariti senza ombra di dubbio. A casa bisognava riportarla ad ogni costo, ma i contribuenti italiani hanno diritto di sapere fino a che punto ha inciso su Silvia la sindrome di Mogadiscio.
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