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Informazione Corretta Rassegna Stampa
11.05.2020 Quando la Storia diventa protagonista: due libri da non perdere
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 11 maggio 2020
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «Quando la Storia diventa protagonista: due libri da non perdere»
Quando la Storia diventa protagonista: due libri da non perdere
Recensione di Giorgia Greco


Vi sono avvenimenti realmente accaduti che pur lasciando una traccia nei documenti d’archivio o nei racconti dei testimoni dell’epoca sembrano scivolare nell’oblio come se non fossero mai esistiti. A volte però, per la fortuna di noi lettori, alcuni scrittori incappano in questi frammenti di realtà perduti nei turbini della Storia e riportano alla luce vicende, quasi dimenticate, che offrono una nuova prospettiva per approfondire alcuni fra i passaggi più drammatici della Storia europea e indagare la psiche di personaggi che si sono resi responsabili di grandi crimini contro l’umanità.

L'angelo di MonacoTradire Hitler - Rizzoli Libri
Quando letteratura e Storia si incrociano il risultato sono opere folgoranti come “L’angelo di Monaco” di Fabiano Massimi (Longanesi, euro 18) e “Tradire Hitler” di Norman Ohler (Rizzoli, euro 22, traduzione di Roberta Zuppet).


Nel primo, un thriller storico sapientemente costruito, Fabiano Massimi, editor e Bibliotecario alla Biblioteca Delfini di Modena, indaga un fatto storicamente documentato: quello della morte violenta in un elegante appartamento della Prinzregentenplatz a Monaco di Baviera di una giovane donna, Angelika Raubal, detta Geli, nipote di Adolf Hitler che ne era anche il tutore. E’ il 18 settembre 1931 quando sul luogo della tragedia arrivano i due commissari incaricati delle indagini, Siegfried Sauer e il suo vice Mutti Forster, con l’ordine di concluderle velocemente, accertando le motivazioni del gesto estremo. Perché tutto lascia pensare che la giovane Geli si sia suicidata con un colpo sparato con una pistola Walther calibro 6.35 millimetri di proprietà dello zio. Ma per quale motivo una ragazza piena di gioia di vivere, di passioni e di amici ha deciso di togliersi la vita? E se così non fosse stato? Cosa nasconde l’arrogante reticenza della governante, del medico legale e delle figure politiche che gravitano attorno a Hitler? In una nazione in preda a una drammatica crisi economica e sociale che l’autore tratteggia con grande maestria, mettendo in luce il rischio di collasso per la giovane democrazia liberale nata all’indomani della Grande Guerra, i due commissari di polizia si trovano a indagare in un ambiente irto di sospetti, ordini, contrordini e reticenze. Da un lato c’è il Direttore della polizia criminale di Monaco che vuole liquidare le indagini al più presto archiviando il fatto come suicidio, dall’altro lato Sauer viene contattato da Himmler che con minacce non troppo velate gli intima di scoprire la verità su quello strano suicidio. Hitler, accorso da Norimberga appena appresa la notizia della morte della nipote, dichiara al Commissario di avere un alibi inattaccabile per l’ora della morte di Geli. Ma ci si può fidare dello zio Alf? Cosa nasconde lo sguardo penetrante e inquisitorio del futuro dittatore? Il Commissario inizia una indagine dai contorni inquietanti e misteriosi: alcuni testimoni che potrebbero rivelare la verità spariscono, altri rivelano un aspetto a dir poco scabroso della personalità di Hitler e del suo rapporto morboso con la nipote. In maniera rocambolesca Sauer scopre che la ragazza non è morta nella stanza in cui è stato ritrovato il corpo ma in un’altra che, guarda caso, è comunicante con la stanza padronale di Hitler… L’autopsia è stata vietata, il corpo spedito velocemente a Vienna per la sepoltura. Qualcuno all’interno del partito, Himmler, Hess, Göering, aveva forse interesse a nascondere le circostanze di quella morte? Il romanzo scorre con un ritmo serrato in un susseguirsi di colpi di scena che intrappolano il lettore alla pagina fino a un epilogo mozzafiato che non è consentito raccontare senza incorrere in uno spoiler. Basti solo ricordare che il Commissario, che pare girare a vuoto fra menzogne, omissioni e reticenze, riuscirà a raccogliere elementi così inquietanti da spingerlo in una direzione che potrebbe influenzare il futuro della democrazia in Germania. “L’angelo di Monaco” nasce da un accurato e ben costruito lavoro di ricerca in cui luoghi, tempi, personaggi coinvolti e ipotesi avanzate sono tratti dalla cronaca, non dalla fantasia, così come le dichiarazioni dei testimoni, gli articoli di giornale e tutti i documenti riportati. Come Rosella Postorino nel libro “Le assaggiatrici” (Feltrinelli) vincitore del Premio Campiello 2018, ha riportato alla luce la storia di Margot Wölk, una delle donne reclutate dalle SS per assaggiare i pasti del Fuhrer, per verificare che non fossero avvelenati, così Fabiano Massimi, traendo spunto dal libro di Robert Harris, “Monaco” ambientato qualche anno dopo la morte di Geli Raubal, ha ricostruito la storia incredibile di una giovane donna che nel romanzo compare solo come un fantasma ma realmente esistita con sogni, ambizioni e desideri spazzati via da un colpo di pistola e poi dimenticati.

Se per la sua morte non c’è stata giustizia – scrive Massimi – questo libro può rendere giustizia alla sua breve vita. Norman Ohler, studioso e scrittore tedesco, che ha pubblicato in Italia nel 2016 “Tossici” (Rizzoli), il racconto inedito di una faccia sconosciuta del Reich: gli effetti della droga sui carnefici nazisti, torna in libreria con un saggio imperdibile “Tradire Hitler” (Rizzoli) nell’impeccabile traduzione di Roberta Zuppet che riprende la storia di Harro e Libertas Schulze-Boysen, due giovani appassionati che osteggiarono per anni la dittatura nella Germania nazista e che guidarono il movimento di resistenza noto come l’Orchestra rossa, nome scelto dalla Gestapo per sottolineare la vicinanza all’Urss. Con un ordine giunto da Hitler in persona, indispettito per le attività di resistenza al regime cresciute nel cuore della capitale tedesca, nel dicembre 1942, nel carcere di Plötzensee vengono giustiziati i membri di quella che la Gestapo ritiene una cellula di agenti filosovietici con agganci nei ministeri e nel partito. Fra i condannati ci sono anche Harro che lavora per il Ministero dell’Aeronautica e Libertas in quello della Propaganda, due giovani coraggiosi che nel corso degli anni avevano radunato intorno a sé oltre cento persone creando una fitta rete composta da uomini e donne capaci di trasmettere informazioni sensibili della Germania nazista ai servizi segreti stranieri ma anche di porgere aiuto agli ebrei perseguitati e agli oppositori del regime in fuga, sensibilizzando quella parte della società di Berlino che non accettava di piegarsi ai soprusi nazisti.

Avvalendosi di documenti inediti della collezione Orchestra rossa, custoditi nel Memoriale della Resistenza tedesca, cui si aggiungono le carte trovate negli archivi dell’Istituto di storia contemporanea a Monaco, oltre a rapporti reperiti negli archivi di Stato tedeschi, britannici, russi e americani, l’autore ricostruisce la storia esemplare di Harro e Libertas, una vicenda in cui si era imbattuto casualmente durante la stesura del saggio “I tossici” leggendo la lettera di addio di Harro a suo padre da cui emergeva un fenomeno di resistenza a Hitler che non conosceva. Una storia che il regime nazista voleva insabbiare e cancellare dalla memoria collettiva distorcendo il ricordo di quegli eventi straordinari al punto da renderli irriconoscibili e che col trascorrere degli anni si è ammantata di mistero. E’ davvero esistita un’”orchestra” di agenti filosovietici come quella descritta prima dai nazisti e poi, durante la Guerra fredda, da politici e intellettuali che hanno contribuito ad accrescerne il mito sui due versanti della Cortina di ferro? Per rispondere a questo interrogativo Norman Ohler conduce il lettore attraverso un periodo storico che avrebbe portato la Germania verso il baratro e ricostruisce una storia vera, documentata e molto avvincente: “quella di due intellettuali che nella Berlino della guerra si impegnarono a restare umani, sfruttando le proprie posizioni nell’establishment tedesco per rallentare la corsa della Germania verso l’abisso”.

Per la stesura del saggio Ohler ringrazia fra gli altri il ricercatore Hans Coppi i cui genitori, amici di Harro e Libertas, avevano militato nella resistenza antifascista (la madre venne giustiziata pochi mesi dopo la sua nascita), che gli ha messo a disposizione tutto il materiale raccolto negli anni con l’intento di scoprire cosa fosse accaduto ai suoi genitori. Ma è dalla storia che gli ha raccontato il nonno quando aveva dodici anni che forse nasce l’idea per scrivere il libro. Dopo aver assistito a scuola a un documentario sulla liberazione di un campo di concentramento il piccolo Norman vuole sapere se il nonno è stato coinvolto in quei fatti. Come molti tedeschi anche il nonno dell’autore ha scelto la strada dell’indifferenza per paura, per vigliaccheria, chissà! Durante la guerra in qualità di ferroviere in servizio presso la Reichsbahn viene trasferito in un paesino sperduto della Boemia settentrionale; un giorno dal vagone di un treno merci, fermo in un binario secondario per far passare un carico di munizioni, vede sbucare la mano di un bimbo con una ciotola per raccogliere un po’ di neve. Costernato si rende conto che quel treno non trasporta bestiame ma esseri umani. Non sono prigionieri di guerra russi come vorrebbe credere eppure la paura delle SS è tale che preferisce far finta di nulla e volgere lo sguardo altrove. Solo molti anni dopo troverà il coraggio di raccontare l’episodio al nipote. Probabilmente raccontare la storia di Harro e Libertas è stato un modo per l’autore di rendere omaggio a quelle figure della Storia che con spirito di sacrificio, senso di responsabilità e coraggio hanno scelto nella loro umanità di non essere complici dei crimini del nazismo e di agire nel rispetto di un bene più grande.

“… Persone che si domandavano quale comportamento tenere in tempi che imponevano di conformarsi…persone capaci di distinguersi nettamente da mio nonno, che continuò come se nulla fosse a fare l’ingegnere per la Reichsbahn”. 


Giorgia Greco

takinut3@gmail.com

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