La rinascita della lingua yiddish Commento di Elena Loewenthal
Testata: La Stampa Data: 11 maggio 2020 Pagina: 23 Autore: Elena Loewenthal Titolo: «Estinto nella Shoah lo yiddish rinasce in tv»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/05/2020 a pag.23, con il titolo "Estinto nella Shoah lo yiddish rinasce in tv", il commento di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
Una scena di "Unorthodox" (Netflix)
La storia dello yiddish è unica. Nato nel Medioevo come mediazione tra l'ebraico e il tedesco, divenne il veicolo di una ricca letteratura a uso prettamente femminile, una sorta di «volgare» letterario per un pubblico che non aveva accesso ai tomi tradizionali in ebraico. Fu inoltre per secoli la vera lingua franca dell'Europa: un commerciante ebreo di Minsk comunicava così con il collega di Amsterdam o di Venezia. Era, è una lingua con una sua musicalità, tutta particolare: più amara che dolce, più ironica che melodica. È soprattutto una miniera di immagini pregnanti, di parole eloquenti. Una lingua ironica ma anche dolcissima, ricca di metafore come poche altre. Vivida e prepotente. Pareva morta, vittima di un destino collettivo ineludibile. Dopo millenni di vita e parole, lo yiddish si è estinto nello spazio di quella notte che fu la Shoah. Insieme con sei milioni di ebrei, anche questa lingua è stata sterminata in Europa dentro i forni crematori, nelle fosse comuni: lo yiddish è ammutolito di colpo. In America ha resistito ancora un po' in letteratura e nei giornali (la dinastia dei Singer la usava per scrivere, parallelamente all'inglese) ma come struggente eco della memoria, puro residuo del passato. È diventata, insomma, la lingua della nostalgia, di un mondo che non c'è più né potrà mai più tornare, tanto in Europa quanto nella Goldene Medina, il «paese dell'oro», l'America. E invece no. Come una fenice ammaccata ma straordinariamente tenace, lo yiddish risorge oggi dalle ceneri per merito della... tivù. Cioè per merito di alcune serie televisive che mietono successo ai quattro angoli del mondo, come si direbbe in yiddish. Prima Shtisel, ambientato in un quartiere ultraortodosso di Gerusalemme, poi Mrs Maisel, l'esilarante storia di una artista della stand up comedy negli anni 50 a New York, dove lo yiddish affiora qua e là in casa e per strada. E ora con Unortodox, la vicenda di una giovane donna che fugge dall'ultraortodossa Williamsburg per trovare la libertà a Berlino: qui tutto è in yiddish, con rare parentesi in inglese e tedesco. Produzione e regia di queste quattro puntate in onda su Netflix esultano per un successo al di là delle aspettative, merito anche della lingua. E assicurano che la rinascita dello yiddish sul piccolo schermo non finisce qui, anzi.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/065681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante