Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/05/2020, a pag.2, con il titolo "L’ombra di Erdogan l’africano fra Tripoli e Mogadiscio" il commento di Marco Ansaldo.
A destra: la Turchia di Erdogan rinforza l'asse con la Libia
Marco Ansaldo
La Turchia in Africa oggi è una piccola Cina. Perché nessun altro Paese al mondo, eccetto la potenza cinese, ha saputo coltivare con lungimiranza, dinamismo e capacità di penetrazione in tutti i settori — culturale compreso — il grande Continente quanto la repubblica guidata dal Sultano turco. Di Recep Tayyip Erdogan si può dire tutto il possibile, ma non che non sia un politico astuto, spregiudicato e attento alla propria espansione internazionale, in senso marcatamente ottomano. Non stupisce perciò la collaborazione attiva degli 007 italiani con i servizi segreti turchi del Mit. Nell’Africa del Nord, storicamente, e da svariati anni anche nel Corno d’Africa, il presidente turco ha mandato alcuni fra i suoi migliori ambasciatori. Gente dotata di consumata dimestichezza con regioni complesse. In Libia la Turchia è stata capace di allontanare l’Italia progressivamente dal centro dell’azione, sostituendosi a essa, e diventando un attore fondamentale. Lo scambio di favori andato in scena nella mediazione per l’ostaggio italiano ha perciò visto l’aiuto turco in Somalia per far tornare libera Silvia Romano, con la promessa di un pieno via libera per Ankara nella sua difesa di Tripoli e del premier al Sarraj. Nella debolezza che l’Italia ha su quel fronte, Roma mostra il suo imbarazzo ed è nell’impossibilità di avere un’alternativa. È il prezzo da pagare di fronte a un Paese, la Turchia, criticabile sotto molti aspetti, ma pieno di iniziative a livello internazionale. Dalla Libia in fiamme i diplomatici turchi, eredi della grande tradizione ottomana, sono sempre stati gli ultimi a lasciare il campo, e tutti gli interlocutori li hanno spesso guardati con un certo grado di ammirazione. E in Somalia oggi la Turchia è di casa. Erdogan ha compiuto diverse visite ufficiali a Mogadiscio dove, dal 2005, gli ingegneri cresciuti alla scuola del grande architetto imperiale Sinan, hanno contribuito a ricostruire il Paese sotto il profilo urbanistico, economico e sociale. Nella capitale somala hanno ricostruito porto e aeroporto.
Il sultano Erdogan
Asfaltato strade e illuminato viali. Imposto un modello commerciale, diventando il principale partner straniero. E poi, naturalmente, qui il presidente turco ha piazzato le sue basi strategiche. Ha inaugurato il più grande centro di addestramento militare all’estero, firmando accordi sullo scambio di informazioni. Insomma, della Somalia negletta da chi l’aveva in mano all’epoca coloniale, lo scaltro Erdogan ha fatto il suo destinatario di aiuti più sostanzioso, trasformandola in un proprio satellite. E per far questo il Sultano ha utilizzato a piene mani il suo credo religioso con tutti i Paesi africani dove l’Islam è professato. Ecco perché da 17 anni (da quando nel 2003 proclamò “l’anno dell’Africa”) il leader turco si spende nel compiere visite periodiche nelle maggiori capitali, dal Sudan, al Kenya, all’Uganda. Tutti con la percezione di essere ascoltati da Ankara, ripagata con generosità. In Africa la Turchia ha triplicato la presenza delle sue ambasciate. Ha quintuplicato i voli della Turkish Airlines, la compagnia di bandiera che è già il vettore turistico con più destinazioni al mondo. Nel Continente, la bandiera con la Mezzaluna e la stella sventola ovunque. Oggi soprattutto a Tripoli e Mogadiscio. E il ritorno, in termini di forza, è garantito.
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