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Informazione Corretta Rassegna Stampa
30.04.2020 Le reazioni sbagliate dell’Occidente verso gli assassini jihadisti
Manfred Gerstenfeld intervista Richard Landes

Testata: Informazione Corretta
Data: 30 aprile 2020
Pagina: 1
Autore: Manfred Gerstenfeld
Titolo: «Le reazioni sbagliate dell’Occidente verso gli assassini jihadisti»
Le reazioni sbagliate dell’Occidente verso gli assassini jihadisti
Manfred Gerstenfeld intervista Richard Landes

(traduzione di Yehudit Weisz)

Guest Post: Interview With Prof. Richard Landes About His New ...
Richard Landes

“A partire dal 2000, molti nel mondo occidentale hanno sistematicamente frainteso la natura della minaccia rappresentata in Occidente dal jihad globale, un movimento millenario di stampo medievale. Quattro primi esempi tra il 2000 ed il 2006 illustrano i principali errori commessi dai leader occidentali e dagli analisti sui media. L'intifada palestinese e il presunto omicidio di Muhammad al Durah del settembre 2000 possono essere considerati il primo assalto jihadista alle democrazie occidentali.

“Usando gli attacchi terroristici suicidi come arma principale, i jihadisti palestinesi hanno iniziato una guerra di sterminio contro i civili israeliani. Invece di identificarli come tali, tuttavia, i media occidentali quasi all’unisono, hanno presentato i palestinesi come ‘combattenti per la libertà’ che resistono a un inflessibile Israele coloniale e imperialista che incomprensibilmente - o in mala fede – si è rifiutato di concedere la libertà, a questa povera gente assediata.”

Il professor Richard Landes, ex docente dell’Università di Boston, è un esperto medievalista che analizza i rapporti tra élite e gente comune nelle varie società. Ha pubblicato molti libri e interviene su diversi siti web, tra cui: The Second Draft, AlDurah.com e un blog, ‘Augean Stables’. Ha completato uno studio sui temi qui citati, intitolato Aspetti di stupidità: una guida dal Medioevo al XXI° secolo. Landes afferma: "Quando l'immagine di Muhammad al Durah, tra le braccia del padre, presumibilmente colpito dal fuoco dell'IDF, apparve per la prima volta il 30 settembre 2000, i media occidentali che influenzano la pubblica opinione, i notiziari più diffusi, la riportarono come vera. Senza alcuna verifica, senza una seria indagine e senza porsi alcun dubbio. Quello segnò la vittoria decisiva di quel che si potrebbe chiamare "giornalismo letale". I media diffondevano così la propaganda di guerra palestinese come una notizia vera. Era anche un "giornalismo rivolto a un preciso obiettivo" in quanto consideravano le democrazie infedeli, quindi un loro nemico e bersaglio. Non molto tempo dopo ci fu il successivo incidente, questa volta assai più importante. Gli attacchi dell'11 settembre del 2001 furono il secondo assalto jihadista a una democrazia occidentale, anzi all'egemonia democratica globale. Inizialmente ci fu un’esplosione di simpatia per le migliaia di vittime americane e di indignazione per l'attacco di Bin Laden. Ma sorsero subito dopo una serie di reazioni compensatorie, per preparare quella che in seguito arrivò a dominare la discussione, il politicamente corretto. Il presidente George W. Bush insisteva sul fatto che l'Islam era una religione di pace. Le brave persone si chiedevano: "Che cosa abbiamo fatto per farci odiare così?" "C’è di peggio, un certo numero di progressisti, accademici e intellettuali, si sono apertamente rallegrati di questo colpo all' ‘egemonia soffocante’ americana. I teorici della cospirazione hanno insistito sul fatto che l'amministrazione Bush avesse effettuato l'attacco per iniziare una guerra con l'Islam. Noam Chomsky sostenne che gli Stati Uniti erano un Paese terrorista ancora peggiore e che meritavano questo attacco. I giornalisti occidentali si sono sempre più rifiutati di usare la parola "terrorista" per descrivere i jihadisti che attaccano le democrazie, come avvenne con la pubblicità legata al caso al Durah, divenuto una icona palestinese, molti media occidentali hanno smesso di citare le vittime dell'11 settembre.

Continua Landes: "Il terzo esempio di sottovalutazione della guerra contro la Jihad riguardava quello che fu falsamente chiamato il ‘Massacro di Jenin’. Nell'aprile del 2002 Israele intraprese il primo contrattacco contro la guerra suicida jihadista palestinese. Continui e violenti attacchi terroristici suicidi per più di un anno, a fronte dell’ autocontrollo israeliano, culminarono nell'omicidio di Pasqua in un hotel di Netanya, con 30 civili israeliani uccisi e 140 feriti. Dopo questa strage l'IDF aveva avviato un'operazione militare che prese di mira il centro da dove partivano gli attacchi, il campo profughi di Jenin. Dopo tre settimane di combattimenti, furono 54 vittime palestinesi, per lo più uomini armati. 23 soldati israeliani furono uccisi. “I media che creano opinione in Occidente hanno ripetuto le false accuse palestinesi di esecuzioni di massa di civili alla maniera dei nazisti. Molti lo hanno presentato come un assalto all'intera città di Jenin. Alla fine, quando i giornalisti hanno avuto la possibilità di vedere l'area del blocco-5 nel campo, non hanno trovato nessuna conferma delle affermazioni palestinesi. Tuttavia, piuttosto che ritrattare, alcuni, insieme ai loro alleati delle ONG, hanno raddoppiato le accuse. ‘Le prove del massacro crescono ... sono orribili’. Nelle dimostrazioni in Europa contro Israele i manifestanti indossavano finte cinture esplosive per mostrare solidarietà con i palestinesi. Applaudivano il nemico per le sue azioni più ignobili.

"Il quarto esempio della guerra con l’ Jihad riguardava lo scandalo delle ‘caricature danesi di Maometto’ nel febbraio del 2006. Il quotidiano danese, Jyllands Posten, pubblicò dodici vignette con il profeta Maometto. Un gruppo di imam estremisti danesi diede inizio a una forte protesta, che coinvolse in seguito la comunità musulmana globale con ‘La giornata della rabbia’, non solo nei Paesi musulmani, ma anche in alcune capitali occidentali. Il giornale danese venne denunciato per blasfemia, e nelle manifestazioni gli slogan dei jihadisti affermavano di voler conquistare l'Occidente e di sottometterlo. La “via musulmana” in Europa era diventata maggiorenne. “L’obiettivo era estendere le leggi della Sharia al mondo occidentale. Il primo round era avvenuto nel 1989, quando il leader supremo dell'Iran, l'Ayatollah Ruhollah Khomeini, emise una fatwa contro il romanziere anglo-indiano, Salman Rushdie, che viveva a Londra. E’ così che i musulmani cercano di costringere il comportamento degli infedeli nel mondo occidentale, in particolare per chiedere rispetto. Come previsto, i leader occidentali si dichiararono colpevoli e si scusarono di aver offeso i musulmani. Arrivarono a paragonare le alquanto miti vignette danesi alle caricature naziste che demonizzavano gli ebrei ”.

Alla domanda su come l'Occidente avrebbe dovuto reagire in questi casi, Landes risponde: “I media che influenzano la pubblica opinione, hanno una gravissima colpa. Quando affrontano il conflitto israelo palestinese, dovrebbero citare ciò che i palestinesi dicono e scrivono in arabo, in particolare le loro invettive genocide jihadiste su come intendono governare il mondo. I media hanno fallito nel modo più spettacolare. “Charles Enderlin, il corrispondente dell'Agenzia di Stampa francese AFP, ha trasformato il filmato di Al Durah in un ‘reportage’ di propaganda palestinese che ebbe grande diffusione. Avrebbe invece dovuto licenziare il suo cameraman che aveva organizzato la messinscena. Poi Enderlin avrebbe dovuto trasmettere un pezzo su come i cameraman arabi usano le tecniche occidentali per filmare video di propaganda contro Israele. Con questo tipo di reportage, sarebbe stato più facile per gli occidentali capire che lo scoppio dell' ‘intifada’ è stato l'inizio del Jihad globale contro l'Occidente invece di accoglierlo a braccia aperte. “L'Intifada è stata la risposta palestinese al risultato positivo del summit di pace di Oslo, in cui tanti progressisti avevano investito energia negli anni '90. Invece la copertura mediatica che è stata usata ha dato origine alla mentalità che domina ancora oggi la maggior parte delle élite occidentali. Nel 2000, a fianco dei palestinesi, i progressisti occidentali hanno adottato il principio fatale: quando i jihadisti attaccano una democrazia, la colpa è della democrazia. “ Ammettiamo pure che il Presidente Bush avesse bisogno di calmare l'ostilità del pubblico degli Stati Uniti nei confronti dei suoi alleati musulmani. Tuttavia, gli studiosi avrebbero dovuto informarsi e seguire dei corsi per comprendere il pensiero dei ‘Sostenitori del Califfato’, cioè i musulmani che credono sia giunto il momento per l'Islam di governare il mondo. Avrebbe dovuto includere anche una conoscenza del vocabolario tecnico sui termini arabi che questi musulmani usano. “Il Memoriale dell'11 settembre a New York avrebbe dovuto essere organizzato come un importante centro per un tale insegnamento. Doveva aiutare le persone a capire cosa motiva gli assassini di massa musulmani. Invece, sotto la pressione dei ‘moderati’ Sostenitori del Califfato, si è evitata qualsiasi discussione sui responsabili della strage. Gli intellettuali quando si rivolgono al pubblico dovrebbero condurre dibattiti per far capire la differenza tra i musulmani moderati - che apprezzano la loro libertà di religione abbastanza da garantire la stessa libertà agli altri - rispetto a coloro che abusano di questa libertà religiosa con l’obiettivo di toglierla agli altri. I giornalisti avrebbero dovuto usare il termine ‘terrorista’ per descrivere quei musulmani che deliberatamente uccidono i civili. Avrebbero dovuto spiegare come chi vuole conquistare il mondo e sottoporre gli altri alle regole della sharia-apartheid, non è nemmeno lontanamente un ‘combattente per la libertà’. “Per quanto riguarda il caso di Jenin, i media occidentali avrebbero dovuto rinunciare a dare credibilità alle affermazioni palestinesi su un presunto massacro fino a quando non fossero state disponibili le prove, anche perchè esisteva già una vasta esperienza dell'inaffidabilità delle fonti palestinesi. I media avrebbero dovuto spiegare al pubblico perché è stato scelto proprio Jenin come obbiettivo specifico. Allora, forse, i ‘progressisti’ occidentali non avrebbero fatto il tifo per il loro nemico. “Almeno, adeguatamente informati, gli occidentali avrebbero capito che questi jihadisti suicidi puntavano anche contro di loro. Quando il campo di Jenin era stato riaperto ai giornalisti, avrebbero dovuto denunciare il vero numero dei terroristi palestinesi e il sacrificio senza precedenti dei soldati dell’IDF che avevano cercato in tutti i modi di non colpire la popolazione civile. Avrebbero anche dovuto discutere in dettaglio le prove che mostravano il culto del terrorismo palestinese tramite una morte suicida, come espresso da manifesti e sermoni televisivi diffusi in tutta la società palestinese.”

Per quanto riguarda lo scandalo delle caricature danesi del profeta, Landes afferma: “I media occidentali avrebbero dovuto denunciare gli organizzatori del ‘giorno della rabbia’. I provocatori musulmani fecero altre tre caricature, che erano molto più blasfeme di quelle danesi. Tra queste ‘Maometto come un maiale’, ‘Maometto viene sodomizzato da un cane mentre è in preghiera’ e ‘Maometto come pedofilo’. “ Per combattere la vera bestemmia, l'Occidente avrebbe dovuto rivolgersi in modo serio e maturo ai musulmani moderati che non condividono le posizioni degli imam estremisti. Invece le autorità pubbliche occidentali, anche i servizi di sicurezza, identificarono come moderati i Sostenitori del Califfato, quali il CAIR ( Council on American-Islamic relations) negli Stati Uniti e il MAB ( Muslim Association of Britain ) nel Regno Unito, e chiesero il loro consiglio su come avvicinarsi alla comunità musulmana, ignorando i musulmani sinceramente moderati e amanti della pace che venivano emarginati nelle loro stesse comunità. Le élite occidentali finirono per schierarsi con i comuni nemici, i Sostenitori del Califfato. È stato un enorme atto di sottomissione collettiva."

Landes afferma che a causa di questi fallimenti l'Occidente ha perso un terreno importante a livello internazionale: “Fino al 2000, la maggior parte dei progressisti, indipendentemente dalle loro adesioni partitiche, sperava nel nuovo, il primo millennio della globalità, in una sfera pubblica globale civica basata su principi positivi. Invece della diffusione di un discorso veramente avanzato, con ampio spazio per le diverse posizioni, i progressisti hanno lasciato il posto a un discorso confuso, moralmente e intellettualmente, che ha preso la causa palestinese - proprio al culmine della sua campagna terroristica suicida - come una ‘cartina di tornasole delle credenziali liberali’. I pacifisti come l’americana Judith Butler hanno persino abbracciato Hamas e Hezbollah come parte della sinistra globale progressista. “Coloro che non erano d'accordo con queste sciocchezze rimasero in silenzio. Altri hanno tranquillamente seguito il filo che ha invertito le questioni morali chiave sfruttando il ‘razzismo umanitario’ privo di senso, dei progressisti occidentali. Dall’alto della loro statura morale, i progressisti guardavano in basso e provavano compassione verso quei poveri palestinesi oppressi. Hanno considerato che queste persone non hanno alcun libero arbitrio e quindi non hanno ‘alcuna scelta’ se non quella di dedicarsi all'uccisione di se stessi per massacrare i civili israeliani. Questi razzisti umanitari, pur avendo visto quanto fossero violenti i palestinesi, hanno scosso tristemente la testa: ‘che scelta hanno,poveretti ... data la crudeltà con cui sono trattati da voi israeliani’. Hanno quindi aderito a una causa falsamente umanitaria,atta però utile per diventare il biglietto d'ingresso nei circoli progressisti. Nessuna voce chiara e forte si è mai alzata per opporsi a tutto questo. “Invece l'Occidente avrebbe dovuto trovare il modo di curare la divisione all'interno delle proprie società. All'epoca, il corpo sociale democratico aveva ancora una certa coesione. Avrebbero dovuto giungere ad alcuni accordi di base sulle regole del gioco tra sinistra e destra, tra conservatori e progressisti. Invece l'Occidente ha interiorizzato lo "scontro di civiltà" come una forma di AIDS culturale. I fautori di questo disorientamento culturale nei confronti dei Sostenitori del Califfato hanno avuto il ruolo dei globuli bianchi che attaccano non l'invasore, ma i messaggeri che denunciano l'invasione. Hanno visto come deplorevole la risposta naturale del "Disponete i carri in cerchio, che siamo sotto attacco". Chiunque fosse preoccupato per l'Islam, quella presunta religione di pace, era uno xenofobo e un islamofobo. Questo sta accadendo anche adesso.

“La paura di essere chiamato islamofobo esercita un'influenza sorprendente nell’Occidente del XXI° secolo. Per oltre un decennio, questa paura ha impedito ai funzionari pubblici di più di una città inglese di impedire a un gruppo di musulmani locali di compiere stupri di gruppo e molestie sessuali nei confronti di ragazze inglesi, che agli occhi di questi musulmani, sono ragazze ‘infedeli’, ‘schiave del sesso’. Questo silenzio e l'incapacità delle autorità di intervenire sono state devastanti. "Che una parola così sbagliata, quando non c’è la malafede, come" islamofobia " abbia così tanto potere nella sfera pubblica occidentale è oggi un disastro per la nostra capacità di pensare con chiarezza. È una grande parte del divario sempre più visibile in così tante democrazie, tra la gente comune da un lato e le élite dall'altro. Queste ultime considerano un deplorevole populismo l'ovvia autodifesa di chi critica il terrorismo, mentre la gente comune giudica un suicidio le scelte delle èlite. La risposta dell'élite all'operazione israeliana a Jenin può essere sintetizzata come: ‘Chi sei tu per difenderti dall'aggressione dei sostenitori del Califfato? Non sai che li fa infuriare?’. “Oggi, la triste barzelletta è che Trump, il rozzo prepotente del parco giochi, ha elaborato di gran lunga la politica più sensata nei confronti del Medio Oriente, sia nella sua diffidenza nei confronti delle nazioni a maggioranza musulmana di quelle zone, sia nel suo atteggiamento nei confronti dei palestinesi. I palestinesi sono riusciti a distruggere negli ultimi 20 anni - due volte nel periodo di Obama- i negoziati di pace con gli israeliani e ad incolpare ripetutamente Israele. Ciò dimostra quanto è diventata confusa ‘l'industria della pace’. La logica ‘ terra in cambio della pace ‘ è al servizio di un partner in malafede che vuole ‘terra per la guerra’. "L'accordo del secolo di Trump, è in realtà il tipo di soluzione a questo problema che è ovvio per chiunque non sia schiavo dell'idea che per il bene del loro onore, i palestinesi debbano impadronirsi dell'intera ‘Cisgiordania’ e che la soluzione dei ‘due Stati’ sia l'unica soluzione possibile al conflitto.

“In effetti, i palestinesi non sono affatto pronti per un loro Stato, un fatto oscurato dall'attuale antisionismo fanatico. La cultura politica palestinese è stata dominata per oltre mezzo secolo da gruppi violenti che predicano l'odio e il genocidio, prevaricano sistematicamente i propri figli e sacrificano la loro gente. Il concetto della soluzione di due Stati potrebbe essere solo una semplice nozione occidentale idiota, nonostante sia ancora ampiamente accettata quasi come un dogma. Una soluzione del genere sarebbe bella e persino giusta. I palestinesi tuttavia non sono affatto vicini a poter organizzare uno Stato democratico. L'autonomia nelle aree in cui i palestinesi sono più numerosi sarebbe davvero generosa. Lì potrebbero lavorare per migliorare le loro competenze civili così a lungo trascurate sotto la tutela dell’adorazione occidentale. “Ma in generale, i Paesi che sono costituzionalmente dediti alla giustizia e all'uguaglianza legale, stanno perdendo ancora terreno contro un movimento medievale millenario, uscito in parte dalle grotte dell'Afghanistan. Qualunque cosa ci separi all'interno di una democrazia non richiede la guerra; infatti, ciò che ci unisce è il nostro modo particolarmente proficuo di gestire le differenze. Tuttavia, il passare a una modalità tribale di squadra ‘noi contro loro’ sembra stia per avvenire in molte democrazie, tra cui Stati Uniti e Gran Bretagna. È disastroso. In effetti, porta all’interno lo scontro di civiltà che così tante élite rifiutano persino di riconoscere. "I media che creano opinione sono lievemente migliorati sul conflitto nel Paese ‘tra fiume e mare’ soprattutto grazie ai fastidiosi cani da guardia americani come ‘CAMERA’ e ‘Honest Reporting’. Ma ogni volta che viene versato del sangue, i media tornano rapidamente alle loro vecchie abitudini letali, alimentando gli odi jihadisti con le loro rappresentazioni della sofferenza palestinese creando divisioni tra le forze democratiche. “Al Durah è stata la vittoria di una campagna di disinformazione che prospera ancora oggi, con la stragrande maggioranza delle notizie che si adattano alla narrativa dell’ israeliano-Golia contro il palestinese-David. Ora vediamo questo tipo di fake news - o giornalismo di sostegno - che si sta diffondendo con riferimento alle notizie interne degli Stati Uniti. Dalla FOX alla CNN a MSNBC troviamo una sorta di scelta partigiana con terminologia e "fatti" che riprendono il tipo di assalto che Israele subì nei media occidentali nei decenni precedenti. “Qualsiasi creatura che venga ingannata dai propri occhi e orecchie - nel caso delle democrazie occidentali, i media - non sopravvivrà a lungo, specialmente se ha nemici seri. Il Coronavirus ci presenta un test su quanto siano robusti e precisi i nostri sistemi di informazione. Finora non è incoraggiante. "Il giornalismo anti-israeliano / filo-palestinese alimenta il discorso dei Sostenitori del Califfato, in cui Israele è cattivo e colpevole e i palestinesi sono buoni e innocenti. Tutta la campagna BDS si basa sulla falsificazione delle notizie che giornalisti autodefiniti "progressisti" e attivisti per i "diritti umani" hanno generato in questa regione, soprattutto a partire dal 2000. Il giornalista israeliano Ben Dror Yemini l'ha definita "industria delle menzogne". La forza della corrente ‘BDS’, anche se molte delle loro affermazioni sono discutibili, suggerisce che esiste una parte importante del pubblico, che desidera storie di ebrei che si comportano male. Da dove proviene quel sottile piacere malizioso anti Israele? “L'attuale ondata di odio anti ebraico in Occidente, la prima dopo il nazismo, è iniziata nel 2000 quando giornalisti dementi, come la francese Catherine Nay, hanno dichiarato che la foto di Muhammad al Durah ha cancellato e sostituito quella del ragazzo nel ghetto di Varsavia. La narrativa ‘sostitutiva’ dei sostenitori del Califfato e della stampa progressista, ‘Israele è uguale ai nazisti, i palestinesi sono uguali agli ebrei’, continua ad avvelenare l'Occidente. Nell’attuale pandemia da Coronavirus, in cui un antico e costante impulso richiama a incolpare gli ebrei per ogni disgrazia, questo tipo di discorso tossico continua a minacciare tutti, compresi quelli che odiano gli ebrei”. Landes conclude: “Israele è ovviamente il principale obiettivo della propaganda bellica palestinese e ne soffre per primo. La diffusa reputazione negativa di Israele è ormai dominante nel partito laburista britannico e raggiunge anche il discorso pubblico di alcuni candidati democratici alla presidenza degli Stati Uniti. È il risultato diretto di una costante ‘dieta’ di giornalismo letale su Israele. “Tuttavia Israele non è certo la sola o addirittura la principale vittima delle sciocche scelte fatte dalla sfera pubblica occidentale. I progressisti applaudirono mentre la cultura palestinese veniva sequestrata dai jihadisti genocidi che facevano il lavaggio del cervello ai loro figli. Questi presunti sostenitori della pace hanno adottato una narrazione che ha reso impossibile avere uno schieramento palestinese favorevole alla pace. "Ironia della sorte, la ventata contro gli ebrei sia in Israele che nella diaspora ha avuto anche un grande impatto positivo, dal perfezionamento delle tecnologie militari israeliane per proteggere i civili molto al di là di quelle di qualsiasi altro esercito nel mondo, alla proliferazione di ONG sinceramente impegnate in cause veramente progressiste. “ Tenuto conto delle circostanze, Israele è il paese più progressista del mondo, pieno di problemi e contraddizioni, ma anche una fonte coerente di strategie all’avanguardia per la risoluzione dei problemi, tenendo conto di tutti i tipi di terapia. È tanto più incredibile, quindi, che debba avere una reputazione ampiamente diffusa come mostro razzista, apartheid, genocida che non dovrebbe esistere. Certo, questo è quello che pensano i Sostenitori del Califfato. Perché i veri progressisti, coloro che sostengono i valori di Israele, accettano quella narrativa demonizzante? "

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Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs.
Le sue analisi escono in italiano in esclusiva su IC

takinut3@gmail.com

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