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Voltaire e gli ebrei
Analisi di Giuliana Iurlano
Voltaire Nel “Dictionnaire philosophique”, alla voce “Juif”, Voltaire – il padre della tolleranza – così scrive: “Gli Ebrei sono quasi sempre stati o erranti, o briganti, o schiavi, o rivoltosi; ancora oggi sono vagabondi per la terra, in orrore agli uomini, e assicurano che il cielo e la terra e tutti gli uomini sono stati creati solo per loro”. La Ragione illuministica, strumento ideale di progresso per l’umanità, non rischiarava, dunque, anche le tenebre dell’antisemitismo, un veleno sotterraneo che continuava a scorrere con pervicacia nelle vene della storia del mondo. Voltaire, da tutti celebrato per la sua battaglia sulla libertà di pensiero, trovava di fronte a sé un grande ostacolo a praticarla quando si trattava degli ebrei, un popolo da lui giudicato incapace di costruire la civiltà, un popolo scandalosamente privo di filosofia, “ignorante e barbaro, che unisce da molto tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più tenace odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono”. Nel suo puntuale e stimolante commento alla voce dedicata agli ebrei da Voltaire (Voltaire, Juifs. Il manifesto dell’antisemitismo moderno a cura del padre della tolleranza, Milano, Claudio Gallone Editore, 1997), Elena Loewenthal ha messo in luce il profondo disprezzo dell’illuminista francese e la sua mancanza di coscienza storica: per lui, “la storia ebraica è una beffa che smentisce se stessa, un insulto alla serietà degli altri popoli intenti nel frattempo a costruire la civiltà”. Del resto, anche quando mostra compassione per loro – “I sovrani, non potendo frugare nella borsa dei loro sudditi, torturarono gli ebrei, che non consideravano alla stregua di cittadini” – Voltaire tende a capovolgere la storia, vedendo nel popolo ebraico la vittima ideale dei potenti. Ma il suo razionale distacco nella descrizione degli ebrei si sfalda negli interrogativi da pseudo-etologo che si pone (“Gli ebrei sono stati antropofagi?”) o nelle dissertazioni sugli ipotetici accoppiamenti delle loro madri con dei caproni o sulla pratica della immolazione di esseri umani. La conclusione a cui giunge è drastica: “O rinunciate ai vostri libri [...], o ammettete che i vostri padri hanno offerto a Dio fiumi di sangue umano, più di qualsiasi altro popolo al mondo”. Del resto, prosegue, “la loro legge deve apparire, ad ogni popolo civile, altrettanto bizzarra quanto il loro modo di comportarsi: se non fosse divina sembrerebbe la legge di selvaggi che iniziano a raggrupparsi in forma di popolo”. Alle obiezioni che le sue parole avrebbero potuto suscitare, Voltaire risponde di non aver mai odiato la nazione ebraica: “Ben lungi dall’odiarvi, vi ho sempre compatiti” e “Lungi dall’accusarvi, signori, io vi ho sempre guardati con compassione”, per concludere poi con un invito: “Tuttavia non bisogna bruciarli”. Meglio sarebbe, per il tollerante Voltaire, allontanarli, farli ritornare in Giudea quanto prima possibile, ma non senza un’ulteriore raccomandazione: “Vi chiedo soltanto di lasciare due o tre famiglie ebraiche, per avviare, dalle parti del monte Krapack, dove abito, una piccola, utile attività commerciale. Perché se come teologi siete molto ridicoli (e noi anche), come commercianti siete molto intelligenti, e noi no”. La conclusione è caratterizzata da un ultimo, compassionevole paragone: “Voi foste dei mostri di crudeltà e di fanatismo in Palestina, noi lo siamo stati nella nostra Europa: dimentichiamo tutto questo, amici miei. Se volete vivere in pace, imitate i Baniani e i Ghebri: sono molto più antichi di voi, sono dispersi come voi, come voi sono senza patria. I Ghebri soprattutto, che non sono altro che gli antichi Persiani, sono schiavi come voi, dopo essere stati per lungo tempo vostri padroni. Non aprono bocca: fate anche voi così. Siete degli animali calcolanti; sforzatevi di essere degli animali pensanti”. Insomma, con questa voce dell’Enciclopedia, Voltaire dimostra a chiare lettere la vera natura della tolleranza dell’Europa dei Lumi.
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