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In memoria del rabbino capo Bakshi-Doron: da al-Azhar al coronavirus
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Eliyahu Bakshi-Doron Non molti ricordano che l'ex rabbino capo dei Sefarditi, Eliyahu Bakshi-Doron, morto pochi giorni fa a causa del coronavirus, aveva tentato di avviare un dialogo con lo sceicco Mohammed Sayed Tantawi, il precedente Grande Imam di al-Azhar. Negli anni '90 si era assistito ad un picco di attentati suicidi compiuti in nome dell'Islam, e Bakshi-Doron sperava di convincere Tantawi a denunciare il fenomeno. Quindi, nell'ottobre del 1997 gli indirizzò una lettera che, in qualità di ambasciatore di Israele in Egitto, mi era stato chiesto di trasmettere. Seguendo il protocollo, la mia segretaria prese contatti con l'ufficio del Grand Imam per chiedere un incontro in modo da poter consegnare la lettera. Le fu detto che avrebbero dovuto controllare e che l’avrebbero poi informata. Non ci speravo molto. Al-Azhar, la più antica e importante istituzione sunnita per l’istruzione superiore e per la dottrina religiosa, fino ad allora si era astenuta scrupolosamente da qualsiasi forma di dialogo con gli israeliani. Invece, con mia sorpresa, la richiesta era stata accolta. In seguito il Grande Imam avrebbe spiegato ai media, tutti espliciti nella loro condanna, che aveva consultato il Ministero degli Esteri e che gli era stato risposto che la decisione dipendeva da lui, ma che il Ministero non aveva individuato alcun motivo per non accettare una visita da parte dell’Ambasciatore israeliano. L'incontro ebbe luogo alle cinque del pomeriggio del 13 ottobre negli uffici del Grande Imam, situati nel complesso di al-Azhar che ospita la moschea omonima, risalente all'anno 972, l'università e gli istituti di ricerca. Dopo il solito scambio di cordiali saluti, ho consegnato la lettera a Tantawi, che l'ha aperta e letta ad alta voce. Il rabbino capo aveva messo in risalto l'importanza del dialogo interreligioso e sperava che la sua augusta controparte avrebbe espresso una condanna globale di tutte le forme di terrorismo, che non risparmiano donne e bambini. Tantawi allora affermò di essere totalmente d'accordo e di aver condannato il terrorismo in molte occasioni. Gli chiesi la sua opinione su Hezbollah, un nome che significa “Partito di Allah”. Rispose che Allah non aveva bisogno di alcun partito e che in ogni caso non aveva alcuna influenza su quel movimento, aggiungendo con un sorriso che era lo stesso con le cosiddette “banche islamiche”, che non avevano nulla a che fare con la religione. Per quanto riguarda la questione palestinese, affermò che uno Stato palestinese indipendente con capitale a Gerusalemme Est sarebbe dovuto sorgere in Cisgiordania, una posizione che era di fatto un riconoscimento di Israele e che aveva espresso molte volte. Fui incaricato di riferire quella conversazione a Bakshi-Doron, poiché Tantawi si era astenuto prudentemente dall'inviare una risposta scritta. Probabilmente sapeva cosa sarebbe successo. Quando l'incontro fu reso pubblico, lui venne subissato da una valanga di insulti , anche all'interno di al-Azhar, dove un chierico paragonò l'ingresso dell'ambasciatore d'Israele nella venerabile istituzione a quello di Napoleone a cavallo, duecento anni prima! È stato più volte sottolineato che fu la prima volta in assoluto che un israeliano di rango elevato era entrato nel sacro complesso di Azhar al Sharif, e peggio ancora, con la sua auto che portava la bandiera israeliana! Lo sceicco Tantawi rilasciò diverse interviste e si difese con forza contro attacchi deliranti. I principali settimanali Roz el Youssef e Al Mussawar sostenevano che un uomo della sua statura, un simbolo dell'Islam, non avrebbe mai dovuto ricevere l'ambasciatore e che così facendo non solo aveva disonorato se stesso, ma aveva trascinato nella vergogna anche al-Azhar. Fu lasciato intendere che l'ambasciatore lo aveva indotto a condannare il movimento di Hamas (che stava ordinando gli attentati suicidi) e che, nel corso della loro discussione, lui aveva trascurato di sottolineare i diritti legittimi dei palestinesi alla loro terra e non aveva accusato gli israeliani di aver ucciso donne e bambini. Il Grande Iman rispose che era ben noto che condannava il terrorismo e l'uccisione di donne e bambini e che non aveva mai condannato Hamas, aggiungendo che aveva sostenuto i diritti dei palestinesi. Egli ripetè che lo scopo dell'incontro con l'ambasciatore era di ricevere una lettera dal rabbino capo israeliano e che non c'era motivo di rifiutare. Sebbene avesse mantenuto la sua posizione, era chiaro che per i media, nonostante il trattato di pace con Israele, avrebbe dovuto trattarlo come uno Stato paria e non avere alcun contatto con i suoi rappresentanti. Non era questo il terreno su cui si sarebbe potuto avere un dialogo fecondo.
Quel che è interessante è che la tesi di dottorato, scritta dallo sceicco negli anni sessanta, era farcita di citazioni di riferimenti negativi del Corano nei confronti degli ebrei, accusati di aver ucciso i loro profeti e falsificato le parole di Dio nei loro libri religiosi, oltre che ad essere avidi e altro ancora. Tuttavia, quando ascese ai più alti ranghi dell'establishment religioso, prima come Mufti e infine come Sheikh al-Azhar, espresse opinioni più moderate, non solo condannando gli attentati suicidi che uccidono o mutilano donne e bambini, ma anche autorizzando l’aborto alle donne che erano state violentate, e opponendosi alle mutilazioni genitali femminili. Tali posizioni lo mettono in contrasto con lo zoccolo duro degli studiosi coranici. Non molti mesi dopo, Israel Meir Lau, rabbino capo degli Ashkenaziti, venne al Cairo per far visita al Presidente Hosni Mubarak ed espresse il desiderio di incontrare lo Sceicco di al-Azhar. L'incontro si svolse il 15 dicembre nello stesso ufficio ed io ebbi il ruolo di traduttore. Questa volta la discussione si era incentrata su questioni teologiche. Il rabbino Lau disse modestamente che non era un esperto dell'Islam ed era desideroso di capire cosa dicesse il Corano riguardo al popolo ebraico e alla Terra di Israele, e voleva sapere se Gerusalemme, menzionata 600 volte nella Bibbia, era menzionata anche nel Corano. Senza rispondere direttamente alla domanda, il Grande Iman ha affermato che un terzo del Corano è dedicato al popolo ebraico e che sono discussi tutti i problemi importanti. Il rabbino Lau suggerì di emettere un comunicato congiunto sottolineando la necessità di un dialogo interreligioso. L’Iman disse che sarebbe stato pronto a prendere parte a un incontro internazionale che avrebbe incluso il Papa, l'Arcivescovo di Canterbury e altri luminari religiosi. Come il rabbino Lau ha detto in seguito ai media israeliani, il suo ospite non ha mostrato alcun reale interesse per il dialogo e non c'è stato alcun cambiamento nella sua posizione. Lo Sceicco di al-Azhar è stato comunque attaccato ancora una volta dai media arabi, che hanno affermato che l'incontro stesso era stato una forma di "normalizzazione con il nemico", in un momento in cui tutte le nazioni arabe erano contrarie a qualsiasi forma di tale normalizzazione. Tantawi sottolineò che il concetto di normalizzazione non era chiaro. Il fatto che oltre 40.000 palestinesi stessero lavorando in Israele non era una forma di normalizzazione, chiese, citando il profeta Maometto, che aveva detto che bisognava incontrare il proprio nemico e ascoltare ciò che aveva da dire. Tuttavia non tutti ad al-Azhar erano d'accordo con lui e alcuni chierici hanno condannato la sua mossa. Ciò che era chiaro era che non era possibile alcun dialogo e che non sarebbe stato alcun seguito alla riunione. Ci fu quindi una vera sorpresa quando, in una conferenza a New York nel 2008, il Grande Imam strinse la mano a Shimon Peres, allora Presidente dello Stato di Israele.
Un mondo arabo scioccato lo condannò e si udirono voci che chiedevano la sua rimozione dalla sua importante posizione. Tantawi dapprima cercò di far finta di non aver riconosciuto Peres, che era uno dei tanti partecipanti alla conferenza e che aveva stretto istintivamente la mano che gli veniva offerta. Quindi cambiò versione diverse volte, dicendo infine a un giornale del Qatar che le porte di al-Azhar erano aperte a tutti e che il Presidente israeliano o il Primo Ministro sarebbero stati i benvenuti se avessero voluto venire a discutere di pace e su una soluzione alla questione palestinese. Anche in questo caso non ci fu alcun seguito. Il Grande Imam è deceduto nel marzo del 2010 durante una visita in Arabia Saudita. Il suo successore, attualmente in carica, fu il Presidente dell'Università di al-Azhar , Ahmed El-Tayeb. Fu presto chiaro che apparteneva alla più rigorosa scuola dell'Islam e non si sarebbe scostato dalle rigide interpretazioni dei testi sacri. Rifiutò nel modo più assoluto una mossa dell'allora Presidente tunisino Beji Caid Essebsi per modificare le leggi che regolano l'eredità, in modo che le figlie potessero ereditare così come i figli. Pose il veto a una proposta del Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che avrebbe reso il divorzio dipendente da un documento scritto anziché dal ripudio orale come avviene oggi, una situazione che lascia le donne indifese nel mondo arabo poiché non sempre sono a conoscenza del fatto o non possono provarlo. Lo sceicco Tayeb è fermamente convinto che le leggi sulla famiglia siano custodite nel Corano e che non possano essere modificate. Non prenderà in considerazione un'interpretazione più indulgente della Sharia che la metterebbe più in linea con il mondo moderno. Lungi dal condannare il terrorismo, non bollerà nemmeno Al-Qaeda e Daesh (ISIS) come infedeli poiché, secondo il suo punto di vista, credono in tutti i principi dell'Islam e sono quindi musulmani anche se hanno peccato. Né è pronto ad accettare le suppliche di al-Sisi di modificare le tendenze più estremiste della narrativa islamica che, interpretate erroneamente, possono incoraggiare il terrorismo. Ha espresso la sua posizione con la massima fermezza il 26 gennaio del 2018 in un'intervista trasmessa su Egypt Channel One, come citato da MEMRI: “Ho notato che dicono sempre che il terrorismo è islamico. Tutte quelle bocche che gracchiano - per ignoranza o perché è stato loro detto - che i piani di studio di al-Azhar sono la causa del terrorismo non parlano mai di Israele, delle prigioni di Israele, dei genocidi perpetrati dallo Stato dell’entità sionista ... O meglio, l’Entità sionista: perché in verità non è uno Stato ... " “Finché questa entità sarà viva e attiva, gli Arabi non rimarranno né vivi né morti, e i musulmani rimarranno sotto attacco", ha continuato. “Considerate che se continuiamo in questo modo, non finirà con la moschea Al-Aqsa. Marceranno sulla Kaaba e sulla Moschea del Profeta (a Medina). Questo è nelle loro menti e nei loro cuori. " Sfortunatamente, questo era ben lontano dalla mentalità aperta del suo predecessore e dalla sua prontezza ad accettare Israele, mentre sosteneva la creazione di uno Stato palestinese. Al-Sisi non può sostituirlo perché la nuova costituzione che lui stesso ha redatto e che è stata adottata nel 2014, mette in risalto l'indipendenza del Grande Imam che viene scelto dai leader di al-Azhar.
Le divergenze tra i due uomini sono più forti che mai, come è stato dimostrato lo scorso gennaio in occasione della “Conferenza Mondiale al-Azhar sul rinnovamento del pensiero islamico.” Nel suo discorso inaugurale, al-Sisi, che ha sponsorizzato l'evento, ha affermato di aver chiesto per anni un cambiamento nella narrativa islamica e che il non affrontare la questione, stava ostacolando gli sviluppi scientifici e il progresso economico, spingendo al terrorismo i giovani egiziani senza alcuna speranza di un futuro migliore, sulla base di una comprensione errata della Sharia. Intendeva i giovani che si univano ad Al Qaeda e Daesh. Ha trovato un alleato nel Presidente dell'Università al-Azhar, che si è lamentato del fatto che lo studio e la ricerca su argomenti religiosi, sono bloccati per mancanza di analisi critica. Lo sceicco al-Azhar rispose che era stata la Sharia ad aver unito tribù arabe ignoranti in materia di religione e ad averle condotte alla vittoria in Andalusia (Spagna) e fino in Cina. La cosiddetta opposizione tra moderne esigenze e tradizione, ha affermato, è artificiale ed è uno stratagemma occidentale per ostacolare lo sviluppo del mondo islamico, con leader occidentali come il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che cercano di imporre le loro decisioni sulle nazioni arabe. Sembra che il modesto tentativo del rabbino Bakshi-Doron di aprire un dialogo con al-Azhar, l'istituzione più venerata dell'Islam - che sebbene abilmente sostenuto dal rabbino Lau non è mai decollato - non sarà probabilmente riproposto in un futuro prevedibile. Per concludere su una nota più positiva, il Grande Imam ha dichiarato che il popolo egiziano nel suo insieme deve agire in modo responsabile nella lotta contro il coronavirus e nella protezione dell'umanità da quella grave minaccia e deve obbedire alle ingiunzioni del governo. Ha dato il suo pieno sostegno alla decisione di chiudere moschee e centri di studio, vietare le preghiere comuni e far sì che le persone preghino da sole nelle proprie case, anche durante il mese sacro del Ramadan, tutte misure contrarie alle tradizioni consolidate. Inoltre, ha avvertito che questa è un'ingiunzione derivata dalla Sharia e che sarebbe un grave peccato non rispettarla. Il temuto virus che ha portato via il rabbino Bakshi-Doron sarà lo strumento del tanto atteso cambiamento nel pensiero islamico? Si può solo sperare.
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