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Informazione Corretta Rassegna Stampa
22.04.2020 L’isolamento di oggi e la clandestinità durante la Shoah
Commento di Manfred Gerstenfeld

Testata: Informazione Corretta
Data: 22 aprile 2020
Pagina: 1
Autore: Manfred Gerstenfeld
Titolo: «L’isolamento di oggi e la clandestinità durante la Shoah»
L’isolamento di oggi e la clandestinità durante la Shoah
Commento di Manfred Gerstenfeld

(Traduzione di Yehudit Weisz)

Yom Hashoah

Di solito, nei giorni che precedono Yom HaShoah, ricordo il mio anno e mezzo nascosto durante la Shoah. Trascorsi quel periodo rinchiuso in un piccolo appartamento ad Amsterdam, con i miei genitori. Ancora oggi mi domando dove abbiano trovato la forza mentale ed emotiva per resistere a quella situazione. Dato che ero un bambino di età compresa tra i 6 e i 7 anni, non ne avevo compreso pienamente l’importanza né i rischi. Ora so che il 30-40% circa degli ebrei nascosti furono denunciati agli occupanti tedeschi, principalmente da olandesi. I miei genitori avevano affittato un appartamento nel centro di Amsterdam a nome di una madre non sposata. Ora so che questo appartamento era a circa un chilometro da dove si nascondevano Anne Frank e la sua famiglia. Questo era il posto in cui intendevamo andare, quando divenne chiaro che gli ebrei olandesi venivano trasportati nel campo di transito, Westerbork. Non sapevamo che, ogni settimana, dei treni partivano proprio da lì, diretti verso Est. Le persone mandate a Sobibor furono assassinate subito all’arrivo. Parte di coloro che, caricati sui treni, giunsero ad Auschwitz / Birkenau furono immediatamente gasati; altri ebrei olandesi ebbero una piccola possibilità di sopravvivere in quel posto, in quanto messi al lavoro. Eppure la maggior parte di questi è morta a causa delle orribili condizioni nei campi. L'appartamento in cui ci nascondevamo aveva tre stanze: la donna a nome della quale era stato affittato l'appartamento occupava la stanza che dava sulla strada. Suo figlio era un marinaio che le faceva visita raramente. La stanza di mezzo era molto piccola senza finestre. Questa era dove dormivo io. Vivevamo nella stanza sul retro durante il giorno e i miei genitori vi dormivano di notte. Sotto di noi c'era un negozio che vendeva macchine da scrivere. Le persone che lavoravano lì sapevano che sopra di loro c'era una donna single che andava a lavorare durante il giorno. Dovevamo quindi riuscire a malapena a muoverci o fare il minimo rumore durante l’orario di apertura del negozio. La coraggiosa organizzazione della resistenza ci aveva fornito dei buoni pasto, senza i quali la signora non sarebbe stata in grado di acquistare cibo per noi. Un cugino di mio padre, lui stesso nascosto, ci aveva fornito il denaro per pagare l'affitto e comprare i generi di prima necessità. Nelle normali circostanze locali, non avremmo avuto l'elettricità. Tuttavia, qualcuno della resistenza ci ha collegato all'elettricità di un negozio di scarpe alcune case più avanti, gestito da olandesi collaboratori dei nazisti. Le radio a quel tempo erano abbastanza ingombranti e dipendevano dall'elettricità. Possedere una radio era illegale, ma noi stessi d’altra parte eravamo illegali. Molti degli ebrei che si erano nascosti, rimasero traumatizzati per tutta la loro vita da quel periodo. Il periodo di isolamento ebbe un enorme e duraturo impatto psicologico. Invece l'isolamento influenzò mio padre in modo opposto. Mentre si nascondeva, fece il voto che se fosse sopravvissuto alla guerra, avrebbe dedicato il resto della sua vita ad aiutare i sopravvissuti ebrei. E davvero mantenne la promessa: dopo la guerra, ha istituito un dipartimento sociale e pastorale presso la comunità Ashkenazita di Amsterdam.

Il Campo di Westerbork - Holland.com
Il lager di Westerbork, vicino ad Amsterdam

Quest’organizzazione ha assistito i sopravvissuti in vari modi. Anche se era stato creato un ombrello di salvaguardia ebraico per aiutare le persone con problemi finanziari, anche il dipartimento di mio padre, in qualche modo, ha aiutato molti poveri. Oltre alla povertà, c'erano anche enormi problemi sociali. Molti ebrei avevano perso tutti, o la maggior parte dei loro parenti. Mio padre organizzava attività comuni specificamente per i sopravvissuti, in cui si riunivano a volte per ascoltare conferenze o per stare insieme e dedicarsi ad attività artistiche e decorative. Iniziò anche a organizzare viaggi di gruppo, inizialmente per visitare altre comunità ebraiche nei Paesi Bassi e successivamente, comunità ebraiche in altre parti dell'Europa occidentale. Infine, c'erano viaggi annuali in Israele. Queste attività furono sostenute finanziariamente da ebrei che avevano ricostruito le loro attività commerciali dopo la guerra e le consideravano una valida ragione per fare beneficenza. La condizione degli ebrei sopravvissuti - i tre quarti dei 140.000 ebrei olandesi prebellici erano stati assassinati dai tedeschi - era radicalmente diversa da quella della società in generale. Affrontare i problemi di parte di loro, ha reso mio padre un pioniere del lavoro sociale olandese, una professione che all'inizio era solo un campo di studio accademico. Un professore olandese di storia contemporanea, Isaac Lipschits, ha scritto la biografia di mio padre. È diventato un best seller. Durante questo periodo di isolamento in Israele, ho iniziato a riflettere più del solito, e più in dettaglio, sulla mia vita durante la Shoah. La mia storia personale mi dà una prospettiva radicalmente diversa sulla situazione contemporanea, rispetto a quella di molti israeliani. Sebbene l'attuale isolamento comporti una varietà di inconvenienti, sono molto minori rispetto a quelli dei miei giorni di clandestinità. Il rischio del Coronavirus è spiacevole, ma minimo rispetto alla probabilità di essere gasato. In isolamento non sono solo, ma insieme a molti israeliani. In questo sono anche insieme a molte persone nel mondo occidentale. I miei figli portano cibo. È di qualità molto superiore a quello che ho mangiato durante gli ultimi anni della Shoah. Ho mangiato anche bulbi di tulipani e barbabietole da zucchero verso la fine della guerra? Non ricordo. Ricordo che grazie agli svedesi abbiamo ricevuto il primo pezzo di pane bianco che abbia mai mangiato, pochi giorni dopo la fine della guerra.

Oggi ci sono piacevoli sorprese. Gli amici chiamano per sapere come sto. Chiamo altri amici per scoprire come se la passano. Ho ricevuto alcune chiamate da persone che generalmente non sento. Anche gli amici dall'estero scrivono. In molte di queste conversazioni, imparo cose molto interessanti, non specificamente legate all’isolamento. Uno dei momenti salienti della mia “prigionia” è avvenuto venerdì sera di alcune settimane fa. I vicini e i loro bambini hanno cantato Kabbalat Shabbat dalle loro finestre. Altri si unirono dai loro balconi. Una settimana dopo, ci furono molti progressi. Lo shabbat e le preghiere serali sono diventate un'esperienza collettiva. Più di 10 persone richieste per un ottenere un minyan si riuniscono per le strade, tenendosi a distanza l'una dall'altra, mentre molti, incluso me stesso, partecipano dai balconi. Siamo ora alla quarta settimana di celebrazioni dello Shabbat. Sono diventati formalizzati. Le persone escono in strada per un tratto di 100 metri e si trovano a debita distanza l'una dall'altra. Il Chazan (il Cantore) che guida le preghiere cantate, ha una voce molto forte. Durante Pesach e l'ultimo Shabbat abbiamo avuto anche la lettura dalla Torah e la benedizione. Durante i giorni di Pesach, ci sono state preghiere pomeridiane e serali, che da allora sono continuate nei normali giorni feriali. Alla fine del servizio mattutino dello Shabbat, una donna dall'altra parte della strada mette fuori bicchieri e una bottiglia di vino - immagino - in modo che le persone possano fare il kiddush. Non posso andare in sinagoga, ma sono fortunato che la sinagoga sia venuta da me. Mentre penso a questo, mi rendo pienamente conto di quanto sia stato cruciale che oltre 50 anni fa, la mia defunta moglie e io, abbiamo deciso di lasciare l'Europa e stabilirci a Gerusalemme.

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Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs.
Le sue analisi escono in italiano in esclusiva su IC

takinut3@gmail.com

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