La Cina alla conquista dell'Italia e le ambiguità del governo PD/ cinque stelle Analisi di Daniele Raineri, Valerio Valentini
Testata: Il Foglio Data: 21 aprile 2020 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri - Valerio Valentini Titolo: «La Cina si prende, a prezzo di saldo, una quota di controllo dentro la politica italiana - 'Ora Di Maio chiarisca se stiamo con l'Alleanza euroatlantica o nella sfera cinese'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/04/2020, a pag.I, con il titolo "La Cina si prende, a prezzo di saldo, una quota di controllo dentro la politica italiana", l'analisi di Daniele Raineri; con il titolo 'Ora Di Maio chiarisca se stiamo con l'Alleanza euroatlantica o nella sfera cinese', l'analisi di Valerio Valentini.
Ecco gli articoli:
Daniele Raineri: "La Cina si prende, a prezzo di saldo, una quota di controllo dentro la politica italiana"
Daniele Raineri
Roma. A pochi giorni da un vertice europeo molto importante per l'Italia, perché si decideranno gli aiuti dell'Unione europea che arriveranno al nostro paese per rimetterci in piedi dopo la crisi coronavirus, Alessandro Di Battista dice che l'Europa ci vuole “mettere in trappola” e che l'Italia può salvarsi dalla trappola grazie all'alleanza con la Cina. Verrebbe da passare oltre senza prestare troppa attenzione perché sono giorni pieni di eventi decisivi, ma Di Battista è un capocorrente importante dentro i Cinque stelle e si tratta di un partito che ha ancora un pacchetto di voti decisivo dentro al Parlamento. E quindi vale la pena fare attenzione: un politico italiano con un suo seguito parla in modo esplicito di una alleanza dell'Italia con la Cina in chiave anti Unione europea. Questo è il passaggio: “Proveranno a metterci all'angolo. Ci spingeranno a indebitarci per poi passare all'incasso, ma abbiamo delle carte da giocare. In primis il fatto che senza l'Italia l'Ue si scioglierebbe come neve al sole. Poi un rapporto privilegiato con Pechino che, piaccia o non piaccia, è anche merito del lavoro di Di Maio. La Cina vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo e l'Italia può mettere sul piatto delle contrattazioni europee tale relazione”. Se qualcuno avesse detto queste parole un po' di anni fa avrebbe fatto immediatamente la figura dello sprovveduto oppure del venduto e invece ora entrano a far parte del discorso politico. Di Battista aderisce con entusiasmo al disegno politico della Cina, che è quello di espandere la propria sfera di influenza nel mondo a cominciare dagli stati più deboli, vedi quello che ha fatto in Africa negli ultimi anni, e poi di risalire lungo la scala gerarchica della comunità internazionale per arrivare agli stati più potenti. E' un'operazione maligna di cui in teoria non si dovrebbe parlare troppo, ma il grande pubblico è così abituato al gusto dei retroscena, degli intrighi e delle insinuazioni da non riuscire più a vedere quando le cose si svolgono in modo piano davanti ai suoi occhi. Nemmeno quando Di Battista gliele srotola sotto il naso in modo esplicito. Se scrivi che la Germania complotta contro di noi un brivido di eccitazione corre lungo la penisola. Ma se annunci la volontà di creare un asse con un regime asiatico che tratta senza misericordia i suoi stati vassalli, non ottieni reazioni. Ecco quindi la nuova, incredibile parola d'ordine dentro il partito di maggioranza relativa in Italia: respingere l'Europa e trovare rifugio nella Cina, con un annuncio di asservimento politico e di autocolonialismo che a Pechino deve avere strappato ruggiti di soddisfazione. Si nota come nel discorso di Di Battista manchi qualsiasi critica verso Pechino, di quelle critiche che invece compaiono sempre se si parla di occidente, di lotta al terrorismo, di Nato o di banche. Che la Cina sia un buco nero dei diritti umani, che abbia censurato lo scoppio della pandemia che ci ha messi tutti in ginocchio, che abbia il record mondiale di esecuzioni, che abbia un sistema di controllo sociale angosciante, che sia in fondo alla classifica della libertà di stampa, che perseguiti la minoranza religiosa cristiana e abbia sbattuto tre milioni di musulmani in campi di lavoro per un'opera di “rieducazione” sono fatti non menzionati nemmeno di passaggio. La Cina, agli occhi di molti dentro i Cinque stelle, è il grande alleato che può salvare un partito che i sondaggi danno sull'orlo dell'estinzione - se ci fosse un voto oggi, metà della struttura M5s finirebbe nella polvere e non si parla soltanto dei seggi in Parlamento. Negli ultimi due mesi la Cina ha superato la crisi coronavirus con una strategia brutale di soppressione e ha visto l'occidente precipitare nel panico. Adesso, dopo avere messo ordine in casa, è il momento di sfruttare l'incredibile fase di debolezza che la crisi ha aperto nei paesi antagonisti della Cina, dall'America all'Unione europea. Come il virus aggredisce in modo più duro le persone che hanno già altre malattie e che sono già vulnerabili per altre ragioni, così la Cina ha deciso di prendersi, a prezzo di saldo, una quota di controllo dentro la politica e dentro l'opinione pubblica dell'Italia perché ne intuisce la scarsa resistenza. In altri paesi europei non tenterebbe nemmeno, perché scatenerebbe una reazione di rigetto. Da noi questa cosa attecchisce - e così si spiega anche perché la Russia manda aiuti generosi, siamo diventati il terreno di gara tra le campagne d'influenza di due potenze straniere. Giulia Pompili qui sotto spiega perché si tratta di un'operazione che non nasce oggi, ma che oggi è molto più facile rispetto a prima. E guadagnare terreno in Italia vuol dire per la Cina penetrare dall'interno anche le grandi alleanze di cui l'Italia fa parte, dall'Unione europea alla Nato. Le campagne anti-Europa della Lega e dei Cinque stelle portano in queste due direzioni: o nelle braccia della Russia oppure in quelle della Cina.
Valerio Valentini: 'Ora Di Maio chiarisca se stiamo con l'Alleanza euroatlantica o nella sfera cinese'
Luigi Di Maio
Roma. Se fosse solo il delirio di un pazzo, vabbè. “Ma invece a me non pare che le parole di Di Battista sulla Cina possano essere liquidate così, come un vaneggiamento di un ex parlamentare”. Carmelo Miceli, deputato siciliano del Pd, è il responsabile per la Sicurezza nella segreteria del Pd. E quando ha letto le parole del Bismarck di Vigna Clara, che suggerisce di far pesare sul tavolo dei negoziati europei “il rapporto privilegiato del governo italiano con Pechino”, visto che “La Cina vincerà la terza guerra mondiale”, si è convinto che “come al solito, quando la comparsa Di Battista fa il suo ingresso in scena in frangenti così delicati e con dichiarazioni tanto roboanti, non sia per caso. C'è semmai un gioco delle parti”. E siccome non è il momento di giocare, “è doveroso - dice Miceli - chiarire le posizioni di tutti, dicendo con assoluta nettezza da che parte si sta: se dalla parte dell'alleanza euroatlantica o nella sfera d'influenza di Pechino”. Schierarsi, dunque. Senza infingimenti. “Perché se l'endorement alla Cina da parte di DI Battista ha un evidente valore politico, ce lo hanno anche le mancate reprimende a quell'endorsement da parte dei vertici del M5s. Ho letto di prese di distanze del tutto vaghe e generiche, affidate a ‘fonti grilline', su un tema rispetto al quale nessuna vaghezza e nessuna genericità può essere ammessa. Non dal Pd, almeno, che l'irrinunciabilità al collocamento dell'Italia nel patto euroatlantico ce l'ha ben chiara in mente”. Anche perché, oltre ai silenzi, ci sono anche gli atti, più o meno recenti, a dare consistenza ai sospetti. “La Via della Seta, fortemente voluta dall'attuale ministro degli Esteri, è stato un dossier trattato con leggerezza. Doveva essere un accordo commerciale e invece s'è trasformato quasi in un accordo di affiliazione politica, una vicenda in cui l'Italia ha di fatto ceduto alle esigenze della propaganda della Cina. E poi la vicenda degli aiuti per l'emergenza sanitaria: ben venga il sostegno degli altri paesi, non possiamo che esserne riconoscenti. Ma se questa gratitudine deve essere il pretesto per aprire alla Cina settori strategici del nostro mercato e della nostra industria, come il 5G, allora no, proprio non ci siamo”. E insomma si chiede anche a Di Maio una parola di chiarezza. “E' nell'ambiguità che i timori prendono forma. I timori, ad esempio, di chi crede che anche sulla questione del Mes ci sia un atteggiamento poco chiaro da parte del M5s”. Del resto anche Renato Brunetta, giorni fa, sul nostro giornale ha detto che “chi non vuole il Mes europeo vagheggia un Mes cinese”. Miceli dice allora che “le parole di Di Battista confermano la fondatezzadci simili sospetti. Perché è evidente che ciò di cui si sta parlando in questi giorni non ha nulla a che fare col Mes del passato. Quello strumento non esiste più, eppure il M5s continua ad aggredirlo con le stessa veemenza con cui si scagliava contro il vecchio Fondo salva stati. E dunque sì, all'ombra di questo grosso equivoco cresce il sospetto che qualcuno voglia utilizzare la disputa sul Mes per proporre una cambiamento nell'orientamento geopolitico dell'Italia”. E certo, sarebbe il Parlamento il luogo più appropriato per discuterne. “E io auspico che lo si faccia presto”, dice Miceli. “Perché la pandemia e il conseguente stato di crisi possono legittimare una certa momentanea ridefinizione delle prassi nei rapporti tra le Camere e l'esecutivo, ma non possono in alcun modo giustificare un sovvertimento della gerarchia delle fonti: gli atti ministeriali o i Dpcm non possono sostituire il lavoro del Parlamento. Anche perché, nella marginalizzazione delle Camere si genera confusione, finisce che un'intervista o una dichiarazione assuma un peso specifico maggiore al dovuto”. E vale per le elucubrazioni di Di Battista così come per l'app “Immuni”. “Come Pd - dice Miceli - abbiamo chiesto che si discuta in Parlamento di questa applicazione. E non perché siamo contrari all'utilizzo di una tecnologia di tracciamento ai fini della tutela della salute e della lotta al coronavirus. Ci mancherebbe. Ma bisogna fare chiarezza, perché ci sono problemi sia di forma sia di sostanza. Anzitutto, la app deve essere una sola, non è ammissibile una sovrapposizione di più software per la stessa funzione. In secondo luogo, l'uso dell'app deve essere volontario, ma volontario davvero. Imporre delle restrizioni negli spostamenti a chi non scarica il software non ci sembra opportuno, perché rischia di introdurre un obbligo di fatto. Più in generale, poi, bisogna fare chiarezza su un punto: e cioè questa app deve fornire dati e informazioni che siano strettamente indispensabili alla prevenzione del contagio, e nulla di più. E su tutto questo, il Parlamento deve poter discutere”.
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