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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Il Quartetto Rosendorf 25-9-2005
Il quartetto Rosendorf

Nathan Shaham – Giuntina



Pochi giorni fa l’autore di questo importante romanzo ha ricevuto a Roma il Premio Adei Wizo, un premio che ha lo scopo di far conoscere meglio il mondo ebraico e la sua letteratura al grande pubblico.



Il suo libro, mirabilmente tradotto da Shulim Vogelman (secondo classificato al premio Adei Wizo con il libro “Mentre la città bruciava”), ha inaugurato la nuova prestigiosa collana della Giuntina, “Israeliana”, che ha l’indiscutibile pregio di aver proposto scrittori israeliani non ancora conosciuti al pubblico italiano.







Con uno stile narrativo scorrevole, di forte impatto emotivo, equilibrato ed incisivo al tempo stesso, Il quartetto Rosendorf narra la storia di alcuni ebrei tedeschi che, fuggiti dalla Germania di Hitler, giungono nella Palestina del Mandato Britannico negli anni 30.



Il romanzo, narrato a cinque voci sotto forma di diario, si dipana in un appassionante intreccio di spunti di riflessione sul rapporto con la lingua tedesca, sul significato della scrittura in quel periodo storico e attraversa la storia di Israele e dell’Europa.



Rosendorf, il primo violino, è costretto a fuggire dalla Germania nazista abbandonando la moglie e la figlia e per superare il senso di sradicamento e il difficile inserimento nella cultura di quello che diverrà lo Stato di Israele, forma un quartetto d’archi perché solo attraverso la musica potrà dare un senso alla sua vita in esilio.



Sceglie come secondo violino Konrad Friedmann, un giovane idealista fervente sionista, un personaggio quasi ingenuo; come viola, Eva Staubenfeld, una donna molto bella ma altrettanto cinica e fredda la cui dedizione alla musica è assoluta, quasi maniacale; come violoncello, Bernard Litowsky, un uomo molto audace a tratti volgare e che si ritrova coinvolto nei dissidi che contrappongono la Haganà alla Banda Stern.



L’ultima voce appartiene a Egon Loewenthal, il loro amico scrittore che diffidando dell’ideologia sionista non riesce a staccarsi dal mondo culturale tedesco e a dare inizio ad una nuova vita.



Dalla struttura perfettamente delineata del romanzo emerge con forza la città di Tel Aviv con il suo mare, la sua luce, il suo calore e con gli ebrei che , incapaci di rinunciare alla dolcezza della vita cittadina, vorrebbero riproporre in Medio Oriente una vita simile a quella che conducevano in Europa.







Nathan Shaham che ha ricevuto per quest’opera anche il prestigioso Premio Bialik è nato a Tel Aviv nel 1925, è membro del kibbutz Beit Alfa dal 1945 e, oltre a scrivere, suona la viola nel quartetto d’archi del suo kibbutz.



Ha curato molti volumi della più importante casa editrice in Israele, Hakibbutz Hameuchad ed è un attento e scrupoloso osservatore del mondo letterario:



“Personalmente ritengo che la letteratura non possa essere solo realistica, abbia bensì il compito di guardare più lontano, di arricchire la lingua, di allargare la visione del mondo di chi legge…..per me la letteratura, come la musica, ha qualcosa di speciale. Se così non fosse sarebbe già scomparsa. Ha una responsabilità sociale e credo che una lingua letteraria elevata, ricca del rapporto con tutte le sue fonti, possa unire e migliorare la nostra società” (N.S.)



Giorgia Greco

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