L’antirazzismo come terrore letterario
Commento di Diego Gabutti
Richard Millet, L’antirazzismo come terrore letterario, Liberilibri 2016, pp. 120, 15,00 euro.
Romanziere e saggista, coraggioso autore di pamphlet scandalosi come La lingua fantasma (Liberilibri 2014) e L’antirazzismo come terrore letterario (Liberilibri 2016), Richard Millet è stato bandito dalla scena letteraria francese in quanto «réac» (da réactionnaire). Réac, spiega Millett, è il «corrispondente contemporaneo di quel “fasciò” così a lungo in auge in Francia sotto l’intimidazione comunista». Se il «fasciò» si comportava male, il «réac» pensa peggio: quello peccava col manganello, questo con le opinioni. Réac, Millet ha la colpa di non essersi bevuto le favolette buoniste dell’«antirazzismo» rococò che impera in Francia come in Italia. Nei paesi sotto incantesimo sessantottesco, che da cinquant’anni sono governati da un «partito devoto che finge d’amare i “diseredati” per meglio affogarli nell’inchiostro» delle frasi fatte, c’è un solo razzismo: l’«islamofobia», l’ateismo, il «razzismo» antimusulmano di Charlie-Hebdo (lo stesso di Voltaire contro tutte le religioni).
Quello della jihad contro l’Occidente non è razzismo: nel peggiore dei casi è «disturbo mentale», nel migliore «insorgenza delle moltitudini» contro l’oppressione globalista. All’ISIS è consentito chiamare gli occidentali «cani infedeli» e persino proporsene (e praticarne) lo sterminio: bisogna capirli, sono disperati e la vendetta ha dopotutto un suo perché. Agli occidentali, che hanno inventato la satira, oltre che la libertà di pensiero e d’opinione, non è consentito neppure scrivere un pamphlet forse leggermente sopra le righe (ma non più demenziale d’un fondo buonista di giornale, e certamente molto meno demenziale di un’Ode a Stalin di Louis Aragon) come ha fatto Millet col suo parodistico Elogio letterario di Anders Breivik, il naziterrorista psicopatico che il 22 luglio del 2011 massacrò 77 ragazzi in un’isola della Norvegia (trovate l’Elogio in appendice alla Lingua fantasma) per «tutelare», spiegò quel povero pazzo hitleriano, giudicato tale naturalmente anche da Millet, «l’identità cristiana europea» dalla progressiva islamizzazione del continente. Millet non è uno scrittore satirico, e il suo Elogio letterario di Anders Breivik è un po’ una pippa metafisica; tutt’altro stile rispetto per esempio alla Modesta proposta swiftiana, il libello del 1789 col quale Jonathan Swift, autore dei Viaggi di Gulliver, suggeriva di rimediare alla sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi mangiandone i bambini. Ma l’idea che propugna, in questo come negli altri pamphlet che hanno decretato la sua scomunica, è onesta e sensata: l’antirazzismo caviar del partito devoto, un terrorismo culturale post stalinista che «bela a favore del Bene» e che è fondato sull’insignificanza e sull’umorismo involontario degli argomenti che gli «antirazzisti» schiamazzano nelle sedi giornalistiche e istituzionali, è cieco di fronte al disastro che esso stesso prepara. Affetti da snobismo, oltre che da ferocia ideologica, gli «antirazzisti» «predicano a tutto spiano la libertà come orizzonte estatico, ma «riducono il moto e lo spazio» di questa libertà, spiega Millet, «a quello d’una danza su un coccio di bottiglia». «È evidente», continua Millet, «che “razzista” non è altro, in queste condizioni, che il nome dato all’uomo da abbattere, perché egli persiste a chiamare un gatto un gatto e l’antirazzista un mentitore.
Reputazione mortifera, soprattutto quando si procede all’intimidazione maggiore, consistente nel pretendere che notare di essere il solo Bianco in una stazione della R.E.R. implica che, in altri tempi, si sia inviato ebrei ad Auschwitz. Singolare distorsione mentale che ingannerà», conclude Millet con una divertente (e verace) «lista» rabelaisiana, «solo gli ipocriti o i fanatici: plagiari, apostati, indignati, inquieti, convertiti, sovvertiti, pervertiti, donne defemminizzate, figli di arcivescovi, scudieri emorroidali, zeloti della grande salute, nihilisti della letteratura postlinguistica, mammalucchi della creolizzazione generale, scoliasti dello scivolamento parasemantico, revisionisti strangolati dai loro sensi, devoti debordiani, badiouiani, foucaultiani, baudrillardiani, deleuziani, girardiani, derridiani – tutti quelli che l’Avversario suscita come garanti e come esche, deviazioni e interpretazioni errate, al servizio della grande menzogna mediatica. Il terrore razzialista è qui al suo culmine».
Diego Gabutti